Fino al 6 gennaio prossimo il comune di
Susa ospita nei rinnovati spazi del
Castello della Contessa Adelaide la mostra antologica
LA VERITÀ DEL SILENZIO con alcune delle più significative opere del maestro
Tino Aime.
Raccontata con viva partecipazione dall'allievo Andrea Tabone, guida d'eccezione della rassegna, la poetica dell'autore si riaccende di colori e forme ispirate in prevalenza al paesaggio montano.
Pittore, scultore e incisore, Giovanni Battista Aime (Cuneo, 1931 - Bastia di Gravere, 2017), geometra, poi studente all'Accademia Albertina, partecipa a mostre in Europa, vince premi nazionali e internazionali.
Tutto il suo lavoro esprime il grande amore per una montagna genuina, in particolare della Val di Susa, oggi attraversata da una fitta rete di infrastrutture, tale da averne snaturato l'originaria conformazione. Aime ne rievoca le case disabitate, il tempo passato, i luoghi della memoria "osservati dalla finestra" da volti attoniti, esclusi dal bailamme del mondo.
Le finestre, trasformate in cornici, divenute cifra distintiva, nascono casualmente nello studio della Grangia a Bastia, dopo aver posato a terra il ritratto a carboncino di un bambino, vicino ad alcuni infissi dai vetri rotti in riparazione.
Ottobre in Langa,
Eclisse,
Geometrie invernali,
Ragazza alla Bastia,
Castello della Volta in Langa, sono solo alcuni degli scenari aperti dietro ai battenti in legno, spalancati sul mondo immaginifico del pittore, colmo di presenze impercettibili e di assenze eclatanti.
La parola si traduce in segni carichi di mistero. Lui, bambino balbuziente dopo essere rimasto sepolto per alcuni giorni sotto le macerie di un rifugio antiaereo e in vecchiaia nuovamente colpito nella parola dalla malattia, si esprimeva in piemontese. Lingua madre carica di rimandi alla tradizione vernacolare e alla cultura occitana. Il suo insegnamento era fatto di silenzi e piccole frasi lapidarie, ma rivoluzionarie. "Da maestro zen", spiega Tabone.
"Bisogna metterci un po' di poesia" esclamava di fronte, ad esempio, all'incisione di una Vespa nuova di zecca. "Così com'è non dice niente. Una Vespa vecchia, arrugginita, con le ruote sgonfie e una tanica di fianco, dà vita ad un racconto, dà significato all'opera". Così, in poche parole, riassumeva il fondamento del proprio linguaggio.
Tutta la sua opera si fonda sulla sintesi. Poche tonalità di colore steso a spatola - rosso puro per le bacche, nero uniforme per i corvi -, sculture dai soggetti minimali, incisioni ottenute con morsure rapide e acquerelli estemporanei.
L'intera essenza del suo pensiero è racchiusa in una scala di valori che mette al centro l'Arte come intima espressione di un modo semplice, non ingenuo, di intendere la vita, le passioni e gli affetti. Un pensiero libero, simbolicamente effigiato in più di una versione dalla bicicletta impiegata nella staffetta partigiana, acquisita e gelosamente conservata dall'artista.
I ritratti sono dedicati alla moglie
Giuse, alla figlia
Paola e alla nipote
Andrea, dallo aguardo malinconico, esposti accanto ad un
Autoritratto giovanile risolto con tinte argillose stese in brevi pennellate.
Fra i lavori elaborati in studio certamente vi sono le numerose nature morte, a costellare l'intero arco della carriera:
Frutta (1962),
Fiori e anguria (1963),
Natura morta (1966),
Girasoli (1989),
Fiori e vasi nello studio (1991). Proprio l'atmosfera raccolta dello studio, con la libreria ricolma di volumi, gli oggetti evocativi, sembra fornire la giusta ispirazione all'artista, o almeno questo si desume dal bel video "L'attesa", musicato con canti occitani e dal resoconto del gatto sornione, insolito narratore del filmato "Il colore dei salici".
Di ben altra natura sono gli scorci veneti, in parte realizzati en plein air. Le tappe del viaggio ripercorrono l'itinerario intrapreso dalla figlia in canoa sulle acque del Po, fino alle regioni del delta. "Tino la segue in camper con la moglie", rievoca Tabone. Anche in questo caso la tavolozza è ridotta a pochi essenziali toni di blu, rosso, ocra per definire
La casa blu di Burano (1989), una
Casa a Venezia (1985),
Case a Chioggia (1985).
In Laguna (1999) sono sufficienti due colori: uno per il cielo, l'altro per l'acqua a formare il terzo elemento, l'aria. Un modo di procedere per sottrazione, affine al metodo dello stimato amico Giorgio di Venere, artista veneto che per cinquant'anni ha dipinto ripetutamente la medesima scena di pescatori al tavolo, ogni volta più scarna, sottoponendola al vaglio della memoria.
Il mare appare inoltre in una serie di acquerelli datati fra il 2009 e il 2011, realizzati in villeggiatura ai Balzi Rossi presso Ventimiglia, con gesto agile di inusuale freschezza.
Sconosciuta al grande pubblico, la tecnica dell'incisione è spesso praticata da Aime, utilizzando lastre di zinco, dai tempi di morsura brevi, ma piuttosto refrattarie agli inchiostri colorati. Le incisioni policrome, a partire da una prima bozza ad acquaforte, si devono al longevo sodalizio con la stamperia "Al pozzo" di Dogliani. Le lastre sono state conservate e vanno ad arricchire un vasto patrimonio di matrici calcografiche e di stampe a bistro o acquerellate (
Nuvole in Provenza,
Inverno alla Novalesa).
L' acquaforte tradizionale, con uso di nerofumo e cera per isolare la lastra, è abbinata in alcuni casi all'acquatinta, con l'impiego di colofonia per le campiture ampie o alla cera molle per riprodurre trame di pizzo e altri pattern grafici. Fondamentale in questo campo il confronto con il grande incisore tedesco Kurt Mair, attivo a Savigliano, del quale condivise l'interesse per una tecnica antica, basata su tempi lenti di morsura, precisione del tratto, metodo rigoroso, paziente attesa ai limiti della 'disciplina mistica'. (S. Nota).
Amante dell'arte, Aime aveva allestito in casa una galleria con opere di Fico, Pistoletto, Nespolo, Laterza e molti fra i più celebri artisti del secolo scorso. Era amico di poeti e scrittori, uno su tutti Mario Rigoni Stern, familiare per l'amore nei confronti della montagna. Guardava agli autori piemontesi che consigliava anche ai suoi allievi: "Se vuoi disegnare le Langhe leggi Pavese e Fenoglio", usava dire.
In omaggio a Frédéric Mistral è la sezione dedicata alla Camargue, con fiori bruciati dal sole, struggenti notturni marini, realizzati fra gli anni Sessanta e Settanta e tre placide gru scolpite in legno e ferro, datate 2014.
Stesso calore si respira negli scorci spagnoli:
Spaventapasseri in Andalusia (1978) ,
Las S.ta Maria de la Mer (2002), la Costa Blanca. Luoghi lontani geograficamente da quelli abituali, ma pervasi dalla medesima imperturbablie quiete.
Le baite di Thures (2002),
Turbinio,
Inverno a Cels - Ruinas , entrambi del 2012,
Nevicata,
Neve a Gravere del 2014, tutto è ammantato di un silenzio straniante, anche le forme scolpite sembrano farne parte.
Vi sono sculture scandite dai cicli della terra, da sincera devozione popolare: l'
Abbraccio, composizione astratta in legno e vetrofusione,
Il diavolo, feticcio ligneo contrapposto a
Il Cristo crocifisso, immagine votiva proveniente dalla Cappella di San Michele - Abbazia della Novalesa (2014).
I
Pastori con le umili pecore, il
Presepe d'arte a Gravere, allestito agni anno nel frantoio della Pita, firmato in edizioni precedenti da Eandi, Albano, Carena, Lobalzo, Soffiantino, Tabusso, Perugia e altri, denotano anch'esse il forte legame con la cultura contadina.
Motivi ricorrenti come la luna, la neve declinata in un'ampia gamma di bianchi, i corvi, i merli, ogni particolare nell'opera di Aime celebra la natura vissuta appieno, con partecipe stupore, nel rispetto delle leggi ineffabili che la governano.
TINO AIME
La verità del silenzio
16 giugno 2018 - 6 gennaio 2019
Castello di Adelaide
Via al Castello, 15 - 10059 Susa
Orario: dal venerdì alla domenica 10 - 13 e 14 - 18. Aperto martedì 1 gennaio, 14 - 18.
Info: t. +39 371 1607141; castellosusa@gmail.com
www.visitasusa.it