venerdì 17 marzo 2017

FEDERICO COLLINO TRA MUSICA E PITTURA

Interno di borgata Pianetto
olio su tavola, 27 x 38 cm
Terminerà il prossimo 17 aprile la mostra FEDERICO COLLINO TRA MUSICA E PITTURA, ospitata dal Museo Nazionale della Montagna "Duca degli Abruzzi" di Torino, retrospettiva tributata al nonno dai nipoti Consolata, Federico e Manlio, eredi di oltre trecento opere prima d'ora mai esposte al pubblico. Dipinti attraverso i quali, dopo un'attenta disamina e catalogazione ad opera del critico e storico d'arte Gian Giorgio Massara, curatore del corposo testo biografico pubblicato dalla Società Storica delle Valli di Lanzo, è stato possibile ricostruire la vicenda artistica di una personalità brillante nella vita e nel lavoro.
L'esposizione permette di conoscere  attraverso una selezione di 54 opere - per lo più ad olio su tavola, con alcuni delicati pastelli e raffinati disegni a grafite -, il pittore dal vero delle valli di Lanzo, l'autore di numerosi ritratti e vedute urbane, oltre che il valente compositore, docente e vicedirettore del Liceo Musicale, dal 2005 oggetto di ricerche nell'ambito di riscoperta e valorizzazione del patrimonio musicale piemontese promosso dal Conservatorio Giuseppe Verdi di Torino.
Nel prato
olio su tavola, 24 x 17 cm
Fin dal 1° studio dal vero! datato 1896, con il quale Federico Collino (Pinerolo, 1869 - Torino, 1942) inaugura la propria stagione pittorica, lo stile è quello della tradizione. La pennellata piana, i colori brillanti osservati dal vero, il sapiente uso della luce, rimandano a quel novero di paesaggisti torinesi "di secondo Ottocento e primo Novecento originari delle Valli di Lanzo o che amarono frequentarle e raffigurarle" raccontandone ogni aspetto con schietto realismo.
Anche Collino, insieme a  Giovanni Guarlotti (1869-1954), Cesare Ferro Milone (1880-1934), Alberto Cibrario (1877-1962) e Giuseppe Sauli d'Igliano (1853-1928) - celebrati in alcuni casi con mostre monografiche ospitate dal Museo Civico Alpino «Arnaldo Tazzetti» di Usseglio -, si fa interprete di un'epoca vivace per la valle di Viù, frequentata da personaggi illustri del cinema quali Eleonora Duse, Giovanni Pastrone o da letterati come Benedetto Croce e Guido Gozzano.
Usseglio d'inverno
olio su tavola, 31 x 21 cm
Pietra miliare nella formazione di Collino fu il sodalizio con il Circolo degli Artisti di Torino dal 1892 al 1935, dove venne accolto dapprima in veste di musicista poi come pittore figurativo. Si deve forse all'influenza di Vittorio Cavalleri, vicepresidente della storica istituzione fondata nel 1847, amico di Giacomo Grosso, l'adozione del pastello in circa sessanta lavori di squisita fattura di cui il Ghiacciaio, realizzato su carta in tonalità grigio-azzurre rappresenta un bellissimo esempio. Come lo è, per altri aspetti, Piazza S. Carlo di notte inghiottita dal fondo scuro del supporto, su cui risaltano i fari di una vettura cabriolet e le fluorescenti vetrine dei negozi posti a ridosso del Caval ‘d Brôns. Spesso il realismo cede il posto al simbolismo, ad esempio nel pastello su cartone La messa presa fuori o nell'olio su tavola Il viatico, fino ad arrivare alle atmosfere sulfuree di Alba sulla Lera, olio su tavola firmato e datato, in cui la materia rocciosa diventa pece che ammanta il paesaggio di toni spettrali.
Piazza S. Carlo di notte
pastello su carta scura, 30,5 x 24 cm
titolato, firmato
Non mancano i fermo immagine sugli affetti e i luoghi familiari, dove sembrano risuonare vaghi accenti casoratiani: Tilde cuce, Ritratto di Tilde, o la quiete di un angolo cittadino, verosimilmente a pochi passi dall'abitazione in via Nizza 5 a Torino, rendono più evidente il volto urbano e moderno - sono gli anni in cui nella nascente capitale dell'auto Boswell, Chessa, Galante, Menzio, Levi e Paulucci si riuniscono nel Gruppo dei Sei - di una produzione in gran parte ispirata alle vedute agresti delle vicine montagne.
Produzione che, come in musica, nonostante l'innegabile valore artistico, non seppe elevarlo agli onori della cronaca. Vicedirettore come si è detto del Liceo Musicale del Regio Conservatorio torinese dal 1923 al 1935, incarico appositamente istituito in seguito alla mancata assegnazione della direzione, autore di brillanti componimenti da camera, lou pitour, com'era definito in valle, preferì condurre una vita circondato dall'affetto dei propri cari, dalla compagnia degli amici, dalla stima dei colleghi, lontano dalla ribalta e dai compromessi.
Autoritratto con occhiali
olio su masonite, 26 x 36 cm
Scelse piuttosto di dedicarsi con abnegazione agli studi, resi possibili grazie ai sacrifici del fratellastro Giuseppe "lo Strauss di Torino", poi al lavoro fino alla pensione, di trascorrere il tempo libero animando il Circolo con sagaci mottetti, giocando alle bocce o seduto al cavalletto per ritrarre ponti, laghi, piloni votivi, rustiche costruzioni in vacanza ad Usseglio. Un'esistenza, come solitamente accade, a tratti difficile, ripercorsa dal nipote Manlio nel brioso saggio pubblicato in catalogo, che termina così:"...mio nonno si considerò per tutta la vita un musicista prestato alla pittura, mentre forse era un pittore prestato alla musica. In ogni caso nonno Federico fu un uomo onesto e incapace di percorrere le scorciatoie della vita, un amico piacevole e arguto, un marito premuroso e un padre esemplare".

FEDERICO COLLINO
Tra musica e pittura
Dal 20 gennaio al 17 aprile 2017
Museo Nazionale della Montagna "Duca degli Abruzzi"
Piazzale Monte dei Cappuccini, 7 - 10141 Torino
Orario: 10-18. Chiuso il lunedì
Per informazioni: t. 011 66 04 622; posta@museomontagna.org
www.museomontagna.org

venerdì 10 marzo 2017

LUDOVICO IL MORO A SCUOLA DI RETORICA

Particolare della c.8r del ms Varia 75 che illustra la bordura superiore.
A destra Francesco Filelfo intento nella dettatura al suo allievo Ludovico Maria Sforza, seduto di fronte a lui.
Al centro della scena la raffigurazione del frutto del gelso moro e la scopetta con il motto "Merito et tempore".
            Sono stati presentati presso Palazzo Madama Museo Civico d'Arte Antica a Torino, venerdì 3 marzo scorso, il restauro del Codice Sforza, Varia 75, il facsimile e il saggio sul restauro Pagine di scuola a cura di Giovanni Saccani (direttore della Biblioteca Reale di Torino) editi da Nova Charta.
Il volume originale è stato esposto presso il Museo dal 2 dicembre 2016 al 6 marzo 2017 in occasione della mostra Emanuele d’Azeglio. Il collezionismo come passione - curata da Cristina Maritano, conservatore per le arti decorative - dedicata al valente diplomatico e collezionista torinese, nobile di raffinata cultura che acquistò il manoscritto a Londra nel 1860.
Particolare della c.7v che illustra l'armata di Annibale
che si fa largo tra le postazioni romane.
Mecenate lungimirante. Come Vittoria de Buzzaccarini, fondatrice nel 2000 della casa editrice con sedi a Padova e Venezia, alla quale vanno ascritti i progetti "Salviamo un codice" e "Salviamo una biblioteca", finalizzati al restauro e alla ricerca, nonché la relativa collana Quaderni di Restauro per lo studio e la diffusione dei testi di pregio. Tanto fra un pubblico di bibliofili quanto, mediante il linguaggio divulgativo dei periodici Alumina e Charta, fra i non addetti ai lavori.
            Il piccolo manoscritto su pergamena, datato 27 novembre 1467, fu redatto a Cremona dal giovane Ludovico Maria Sforza, noto come Ludovico il Moro, sotto la guida del precettore Francesco Filelfo¹ all'età di 15 anni quale dimostrazione di affetto e di progresso negli studi alla madre Bianca Maria Visconti, sposa di Francesco Sforza.
La c. 4r del Codice Sforza raffigura, in alto su un cartiglio la scritta "Leonidas",
sulla bordura destra due ritratti di condottieri greci (Temistocle in alto e Leonida in basso),
mentre la scena principale ripropone la difesa delle Termopili e la morte di Leonida nel 480 a. C.
            Acquistato da Domenico Promis nel 1863², all'epoca direttore della Biblioteca Reale di Torino, il prezioso volume fa tuttora parte del ricco patrimonio dell'Istituto, profondamente rinnovato nel 2012 con un programma di iniziative volte a valorizzarne e a renderne più fruibile il prestigioso corpus bibligrafico.
Proteggere l'originale dalla luce, evitare che sia maneggiato, facilitare il lavoro degli studiosi, sono le ragioni principali che hanno coinvolto biblioteca, editore e restauratore nella moderna riproduzione del Codice Sforza, commento alla Rhetorica ad Herennium di Cicerone. Le stesse che convinsero il d’Azeglio (dal 1879 al 1890 direttore del Museo Civico di Torino) a pubblicare nel 1860 una copia fotografica con immagini al collodio umido realizzate dal fotografo Camille Silvy. 
           Oggi la tecnologia ha permesso di aggiungere a quel primo strumento di studio una coloritura estremamente fedele, così da ottenere con il cofanetto di incisioni e la riedizione del commentario compilato dallo stesso d’Azeglio un indispensabile apparato di indagine filologica.
Particolare della c.1r. Il tradizionale stemma dei visconti,
sorretto da due putti alati e raffigurante una vipera o biscione ondeggiante,
che divora un bambino ignudo.
          Una pubblicazione esclusiva, quella di Nova Charta, in tiratura limitata di sole 200 copie che consentirà alle biblioteche, agli enti culturali o agli acquirenti privati di dotarsi di una riproduzione in scala 1:1 conforme in tutto all’originale, preservando l’accurata opera di restauro condotta dallo Studio Paolo Crisostomi di Roma.
Osservare le dettagliate illustrazioni opera di anonimo miniatore con ritratti dei Visconti e degli Sforza, episodi di storia antica - quali, ad esempio, la Battaglia navale di Salamina, l'attraversamento dell'Ellesponto dell'esercito persiano di Serse, la presa di Gerusalemme e la battaglia delle Termopili-, esaminare la meticolosa calligrafia del giovane studente e, infine, ripercorrere le tappe di una storia d'amore per la cultura attraverso le generazioni, permetterà di ritornare alle radici della civiltà umanistica che resta, malgrado l'erosione del tempo, stabile fondamento della società contemporanea.
Veduta dall'alto del Salone palagiano
della Biblioteca Reale di Torino

1. Molti studiosi ritengono che il precettore di Ludovico il Moro fosse il cremonese Giovanni Francesco Picenardi. A questo proposito è intenzione dell'editore istituire una borsa di studio per proseguire le ricerche sull'argomento.

2.  L'acquisto comprendeva la teca fatta realizzare appositamente per la conservazione del Codice e la copia fotografica londinese. L'ammontare di spesa fu di 5000 Lire, suddivise in due tranches. Importo notevole se si pensa che un medico guadagnava circa 1000 Lire all'anno.

mercoledì 8 marzo 2017

SHODO - L’INCANTO DEL SEGNO



"L'inchiostro è come una nebbiolina quando è disteso in uno strato lievissimo; lucido e brillante come un paio d'occhi, quando è concentrato; stranamente elusivo e cangiante quando è applicato con un pennello asciutto; grondante colore quando è applicato con un pennello bagnato".
(Shen Tsung-Ch'ien, "L'arte della pittura", 1781)

Nell'ambito del programma di iniziative promosse dal MAO in occasione del 150° anniversario delle relazioni diplomatiche fra Italia e Giappone, il museo presenta l'esposizione SHODO - L’INCANTO DEL SEGNO, con il sostegno di AIACC (Association for International Advancement of Calligraphic Culture) e il Patrocinio del Consolato Generale del Giappone a Milano.
La mostra propone, al debutto in Italia, 95 opere di 95 calligrafi contemporanei giapponesi, 62 sho – calligrafie vere e proprie -, 21 ventagli, 11 opere intagliate su legno e una grande opera di sette metri raccolta a libro.

Fra gli ospiti più autorevoli primeggia Usuda Tosen, insignito della massima onorificenza in ambito calligrafico, il "Mainichi Shodo Kensho", maestro nell'arte dell'intaglio, del quale People, bassorilievo ligneo con figure dorate su fondo nero, apre il percorso espositivo.
Shodō, “via della scrittura”, in estremo Oriente è Arte per eccellenza insieme a pittura e poesia, laddove la particella dō indica il "percorso" che conduce, tramite un costante perfezionamento tecnico, all'affinamento interiore dell'individuo. Una forma perfettibile di spiritualità che trova riscontro nella ricerca estetica della scrittura ideografica. Arte in cui "l'aspetto formale si lega intimamente al significato poetico che l'artista trasmette" (M. G. Trivel) e in cui ogni variazione emotiva trasferita nel segno non fa che accrescerne e avvalorarne il carattere unico.
Usuda Tosen
People
"È piacevole stare tutti insieme"
Il tempo sospeso, etereo, raccontato negli haiku che accompagnano i lavori grafici degli autori, scandisce il susseguirsi dei rotoli appesi, con il florilegio di caratteri tracciati in forma di dripping, rarefatti su fondi perlacei, oppure abbinati a raffinate illustrazioni tratte dal repertorio cinese. Nelle opere talvolta materiche, violentemente impresse con rapide e decise sciabolate di pigmento nero, disposte con equilibrio sul fondo colorato dei kakemono o ancora scolpite a rilievo, incavate e dipinte su tavolette di legno, la parola si fa materia viva, cristallizza i pensieri in forme antropomorfe primordiali, al limite tra grafema e figurazione. Tutto si contamina e la scrittura diventa cosmopolita fino quasi ad imitare l'andamento curvilineo dei caratteri cufici.
 
L'espressione artistica, per quanto aulica, non è mai distante dal pubblico. Così, in occasione del primo giorno di mostra, grazie alla collaborazione con ViaggioinGiappone by J&W Travel, neofiti ed esperti hanno potuto sperimentare la magia dell'Arte calligrafica del Sol Levante nel workshop tenuto da maestri Usuda Tosen e Yanagisawa Kaishu, cimentandosi con pennello e inchiostro nella stesura di parole basate sui segmenti costitutivi dei principali ideogrammi.
Un momento ludico nel quale il ritorno alla "bella scrittura", realizzata a mano secondo regole prestabilite dalla tradizione, si pone come risposta all'appiattimento culturale dell'era digitale, alla bulimia di informazioni generaliste pescate nella rete, in favore di un tempo di qualità dedicato alla riscoperta di antichi saperi e di una gestualità ancestrale rimasta immutata attraverso i secoli.
 
Anche in Occidente la riscoperta degli antichi codici manoscritti, vergati con dovizia e pazienza certosina dai monaci amanuensi di tutta Europa, il recupero dei caratteri tipografici moderni, lo studio analitico del lettering, rispondono all'esigenza di un ritorno allo stile nella sua dimensione artigianale, seppur rielaborato in forme stravaganti dall'abilità virtuosistica di maestri calligrafi.
Universo culturale quest'ultimo, forse molto distante da quello nipponico, ma profondamente simile nella centralità attribuita al potere semantico e iconografico della parola, sublimato in esercizio di precisione tecnica, pratica contemplativa e azione fisica, finalizzati all'assoluto dominio del gesto e della sua fugace natura. 

SHODO - L’INCANTO DEL SEGNO
Maestri contemporanei di calligrafia giapponese

Dal 2 al 19 marzo 2017
MAO Museo d'Arte Orientale
Via San Domenico 11 – Torino
Orario: martedì-venerdì 10 -18; sabato-domenica 11 – 19; chiuso lunedì. La biglietteria chiude un'ora prima.
Info t. 011 4436927; mao@fondazionetorinomusei.it
Facebook MAO. Museo d’Arte Orientale | Twitter @maotorino
www.maotorino.it