lunedì 18 dicembre 2017

CARLO BONONI A FERRARA

Carlo Bononi
Trinità adorata dai Santi, 1616-17
Ferrara, chiesa di Santa Maria in Vado
La Fondazione Ferrara Arte con le Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea di Ferrara in collaborazione con i Musei di Arte Antica del Comune di Ferrara, presentano nelle sale di Palazzo dei Diamanti, CARLO BONONI. L'ultimo sognatore dell'Officina ferrarese, a cura di Giovanni Sassu e Francesca Cappelletti, prima mostra monografica dedicata a un autore e a un periodo, il Seicento ferrarese, spesso offuscati dalla magica stagione rinascimentale degli Este.
Carlo Bononi
Annunciazione, 1611
Olio su tela, cm 286 x 196
Gualtieri (RE), Santa Maria della Neve
Pittore naturalista, autore di grandi cicli decorativi sacri e di pale d’altare, Carlo Bononi (1569?-1632) in anni di contrasti religiosi, terremoti e pestilenze, elabora un personale linguaggio pittorico fondato sul sapiente uso della luce e sul magistrale ricorso alla teatralità tale da annoverarsi fra i primi pittori barocchi della penisola.
Guido Reni, a pochi anni dalla morte, ne esalterà la «sapienza grande nel disegno e nella forza del colorito». Un secolo dopo i viaggiatori del Grand Tour, da Charles Nicolas Cochin a Johann Wolfgang Goethe ne riconoscono le qualità artistiche; l’abate Luigi Lanzi nella Storia pittorica d’Italia lo definisce «un de’ primi che l’Italia vedesse dopo i Caracci». Jakob Burckhardt nel "Cicerone" (1855) davanti alle decorazioni di Santa Maria in Vado si dichiarava convinto di trovarsi di fronte al prodotto di una delle menti più brillanti del suo tempo.
Carlo Bononi
Pietà, c. 1623
Olio su tela, cm 244 x 124,5
Ferrara, chiesa delle Sacre Stimmate
Giunto a Ferrara il 16 ottobre del 1786, Johann Wolfgang Goethe trova una città «bella, grande [ma] piatta e spopolata». L’unica cosa che lo rallegra nel corso del brevissimo soggiorno è «la geniale trovata d’un pittore, autore di un San Giovanni Battista davanti ad Erode ed Erodiade» nella chiesa di San Benedetto, nel quale due cagnolini, uno sbucato da sotto la veste di Erodiade, abbaiano al profeta mal vestito e seminudo. Goethe non conosce l’autore di quel quadro e non sa che 26 anni prima il padre, Johann Caspar, era rimasto colpito dalle opere realizzate dallo stesso pittore nelle chiese di San Cristoforo alla Certosa e di Santa Maria in Vado, al punto da ricordarne la sepoltura avvenuta in quest’ultimo luogo. Il quadro che tanto colpì Goethe junior non esiste più: il bombardamento del 28 gennaio 1944 su San Benedetto se l’è portato via e oggi lo conosciamo attraverso un’incisione di Andrea Bolzoni.
Giovanni Lanfranco
Sant’Agata curata da san Pietro e l’angelo, c. 1613-14
Olio su tela, cm 100 x 132
Complesso Monumentale della Pilotta, Galleria Nazionale di Parma
Su concessione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo
Artista prolifico, grandissimo disegnatore, inquieto sperimentatore e infaticabile viaggiatore, si misurò con le novità provenienti dalla Venezia di Tintoretto, dalla Bologna dei Carracci fino alla Roma di Caravaggio e di Lanfranco. Roberto Longhi, nel 1934, quando il Seicento estense è ancora lontano dall’essere compreso, lo definisce «l’ultimo grande pittore ferrarese», assegnando a lui - e non al più noto (e studiato) Scarsellino - il ruolo storico di chiudere la grande stagione dell’Officina.
Eccezion fatta per la monografia di Andrea Emiliani del 1962 e per il periodo che lo vide attivo a Reggio Emilia tra il 1616 ed il 1629 la sua carriera risulta di difficile ricostruzione. La mostra ferrarese attraverso nuove ipotesi critiche e una serie di confronti con maestri quali Guercino e Guido Reni, ritrae un Bononi "nuovo", figlio e protagonista del suo tempo.
Il percorso inizia mettendo a confronto un’opera della maturità, la Pietà - commissionata dal drammaturgo e poeta ferrarese Ascanio Pio di Savoia entro il 1624 per la chiesa ferrarese delle Sacre Stimmate -, con i dipinti di Carracci e Carracci, due artisti con cui Carlo instaurerà una dialettica forte e duratura.
Carlo Bononi
Madonna col Bambino in trono con i santi Francesco, Matteo e Giovanni Battista, 1623-25
Olio su tela, cm 144 x 91
Collezione privata
Attorno al 1602 si attestano le opere d’esordio: qui la tradizione cromatica di Dosso Dossi si coniuga con la Venezia contemporanea. Altrove è la svolta impressa in particolare da Ludovico Carracci, ad esempio nella Madonna col Bambino e i santi Giorgio e Maurelio del Kunsthistorisches Museum di Vienna, prima commissione pubblica del pittore per i Consoli alle Vettovaglie; oppure nella muscolare ed elegantissima Sibilla della Fondazione Cavallini-Sgarbi, già nell’Oratorio di Santa Maria della Scala. La piena affermazione di Bononi in centri come Mantova (1614) e Reggio Emilia (1616), preannuncia la grandiosa impresa di Santa Maria in Vado, composta dai magniloquenti teleri dei soffitti della navata e del transetto ma, soprattutto, dall’avvolgente decorazione del catino absidale (terminati nell’agosto del 1617), ove soluzioni formali di stupefacente modernità, desunte in particolare da Palma il Giovane, competono con la cupola di Sant’Andrea della Valle a Roma dipinta da Lanfranco (1625-27), considerata l’atto di fondazione della decorazione barocca.
Guido Reni
San Sebastiano, c. 1616
Olio su tela
Genova, Musei di Strada Nuova, Palazzo Rosso
Opere ardite il cui sperimentalismo è riscontrabile ancora nella decorazione del Santuario della Beata Vergine della Ghiara a Reggio Emilia (1622), come testimoniano in rassegna la mirabile serie di disegni preparatori e la Giunone di collezione privata, proveniente dai soffitti di una casa ferrarese o, secondo alcuni studiosi dallo stesso Palazzo dei Diamanti.
È in questo frangente che Bononi mette a punto una formula espressiva che unisce gli stilemi di Correggio con il classicismo di Guido Reni, coniugando la sensualità del nudo con le esigenze votive e rappresentative in voga in quegli anni, fino a costituirne un proprio tratto peculiare, specie in capolavori come l’Angelo custode (Ferrara, Pinacoteca Nazionale) dalla chiesa di Sant’Andrea o il San Sebastiano della Cattedrale di Reggio Emilia.
Carlo Bononi
San Sebastiano, c. 1622-23
Olio su tela, cm 250 x 160
Reggio Emilia, Cattedrale
Terminate le decorazioni di Santa Maria in Vado Carlo Bononi si reca a Roma, dove entra in contatto con il naturalismo di Caravaggio e con gli artisti impegnati a sperimentare nuovi mezzi espressivi: Orazio Borgianni, Carlo Saraceni, Giovanni Lanfranco e, forse, Simon Vouet.
Oltre ai dipinti in mostra San Paterniano che risana la cieca Silvia di Fano e il Genio delle arti, all'esperienza romana risalgono committenze legate al tema della musica, materia che l’artista doveva aver praticato vista la familiarità con Antonio Goretti, melomane e mecenate in contatto con personalità del calibro di Monteverdi.
Capace di affrontare opere di considerevoli dimensioni in pochissimo tempo, Bononi è anche un lirico cantore di dipinti di formato ridotto, ai quali è dedicata un'apposita sezione: il percorso diacronico rivela uno splendido colorista in ambito sacro (come nella Raccolta della manna di collezione privata, un tempo in Santa Caterina a Ferrara) nonché creatore di forme profane tanto minute quanto possenti (Enea fugge da Troia in fiamme con Anchise e Ascanio della Collezione Grimaldi Fava).
Carlo Bononi
San Ludovico scongiura la peste, 1632
Olio su tela, cm 140 x 180
Vienna, Kunsthistorisches Museum, Gemäldegalerie
Dopo il 1625, negli anni della piena maturità, Carlo si mostra capace di dispiegare con sapienza diversi registri espressivi. Nuove commissioni prestigiose provengono fra le altre dalla duchessa di Modena Eleonora d’Este per la pala della cappella di famiglia in San Domenico.
La parabola artistica e umana di Carlo si chiude a Ferrara nel 1632, non senza qualche difficoltà, avendo raggiunto l'equilibrio tra sentimento e religiosità. L’incompiuto San Luigi di Francia invoca la fine della peste del Kunsthistorisches Museum di Vienna, commissionato dal Maestrato di Ferrara in occasione dell’epidemia del 1630, ne rappresenta il testamento poetico: un patrimonio di dolcezza, suadenza e malinconia che la mostra di Palazzo dei Diamanti colloca, com'è doveroso, al fianco dei grandi artisti della scuola di Ferrara: Cosmè Tura, Francesco del Cossa, Ercole de’ Roberti, Garofalo e Dosso Dossi dei quali fu l’ideale continuatore.

CARLO BONONI
L'ultimo sognatore dell'Officina ferrarese

Dal 14 ottobre 2017 al 7 gennaio 2018
Palazzo dei Diamanti - Ferrara
Orario: tutti i giorni dalle 9 alle 19. Aperto anche il 25 e 26 dicembre e il 1 e 6 gennaio. Apertura serale straordinaria fino alle 23,30 il 31 dicembre.
Per informazioni: tel. 0532 244949; diamanti@comune.fe.it
www.palazzodiamanti.it