lunedì 11 giugno 2018

Profili / TOMMASO JUGLARIS

Tommaso Juglaris
Autoritratto
1921
Olio su tela, cm. 60×50
TOMMASO JUGLARIS ((1844-1925) è stato celebrato con una preziosa mostra nel maggio 2017 presso la sede della Famija Moncalereisa1, nella quale una selezione di circa quaranta lavori fra disegni e dipinti hanno reso omaggio all'illustre maestro. La rassegna fa seguito alle esposizioni di Lansing (Michigan - USA, ottobre 2004 - gennaio 2005) e di Moncalieri (febbraio - agosto 2006)2.
Pittore piemontese come Giacomo Grosso (Cambiano 1860 - Torino 1938) e Cesare Ferro (Torino 1880 - 1934) per non citare che i contemporanei più celebri, emigrati con notevole fortuna in paesi stranieri, rivela nella sua biografia i patimenti subiti in patria - di tipo economico, soprattutto - che lo condussero in seno alla cultura artistica d'Oltreoceano, dove ottenne fama e riconoscimento. Un parallelo letterario si riscontra nella biografia dello scrittore statunitense Henry James (New York 1843 - 1916), coevo e pressoché coetaneo di Juglaris, che nella maggior parte dei propri romanzi lascia trapelare, seppur da un punto di vista antitetico (lui statunitense di nascita), una profonda dicotomia fra la tradizione europea e quella del nuovo mondo.
Malgrado ciò "The Portrait of a Lady" (1881), "The Bostonians" (1886) e in particolare "The American" (1877), assumono il volto dei personaggi tratteggiati a pennello da Juglaris o la sensuale opulenza dell'accademico Giacomo Grosso.
Tommaso Juglaris
La zingarellaUltimo quarto XIX sec.
Olio su tela, cm 38 x 32
Con Christopher Newman, tipico esemplare di self made man, protagonista de L'Americano, Juglaris condivide alcuni tratti d'esordio della propria travagliata esistenza in patria - il fallimento dell'attività commerciale paterna, la fame, l'inflazione nel primo dopoguerra - che lo condurrà dapprima a Parigi e poi in America per ben otto volte.
"Povero e squattrinato[...]l'unico capitale di cui disponeva era la sua intrepida risolutezza e la netta percezione dei fini e dei mezzi. [...] Aveva impegnato mani e cervello in tante cose, era stato intraprendente nel vero senso della parola: avventuroso e persino temerario, aveva conosciuto le amare cadute e i più brillanti successi, ma, sperimentatore per natura, aveva sempre trovato alcunché di cui rallegrarsi anche quando il bisogno gli irritava la carne e l'anima come il cilicio di un monaco medioevale"3. Lavoratore instancabile organizza scuole d'arte estive in Massachussets, in New Hampshire e Maine, dirige gli istituti d'arte di Boston e Providence, nonché la Rhode Island School of Design (RISD) a Providence, formando decine di allievi al gusto europeo, esportando metodi e tecniche tradizionali (ad esempio le aule ad "anfiteatro" per lo studio del nudo), in risposta alla koiné artistica del Rinascimento Americano capitanato da John Singer Sargent.
Tommaso Juglaris
Scorcio di Moncalieri1921
Olio su compensato, cm 14 x 23
Si potrebbe parlare di cervelli in fuga: Parigi "capitale del mondo" artistico, Londra, New York, sono fra le mete di Boldini, De Nittis, Grosso e dello stesso Juglaris. Nemo propheta in patria. Tuttavia, numerosi sono i tributi della comunità cittadina al proprio conterraneo: è del 1925 la Commemorazione della morte da parte del Consiglio Comunale di Moncalieri, cui seguono le Mostre ricordo del 1960 a cura del Gruppo Amici dello Spettacolo, del 1975 alla Famija Moncalereisa e nel 2000 lo studio che il critico Gian Giorgio Massara dedica al "professore" in Moncalieri, Territorio e Arte.
Momenti che permettono di far luce su un artista molto apprezzato all'estero al quale nel 1992 lo studioso Geoffrey Drutchas, dopo aver scoperto il monogramma T.J., assegna la paternità del ciclo delle Muse (1886) dipinte ad olio su tela per il Parlamento di Lansing nel Michigan. Segue poco tempo dopo la scoperta casuale dell'Autobiografia, appartenente a collezionisti privati, da cui si apprendono alcuni importanti momenti formativi della sua carriera: gli studi all'Accademia Albertina; l'ambiente parigino; i monumentali cicli pittorici in America fra cui il fregio delle Ore (1904) su fondo oro, nella  Sala lettura della biblioteca Ray Memorial a Franklin nel  Massachusetts.
Tommaso Juglaris
Le Schiave
1888
Olio su tela, cm 76 x 130
Juglaris affronta temi mitologici e temi religiosi, recuperando i principi ispiratori dei Nazareni e uno stile rigoroso assimilabile alle figure del pittore torinese Enrico Reffo (1831 -1917), insegnante della scuola di pittura e scultura presso il Collegio degli Artigianelli - le cui opere, dettate da una sincera devozione religiosa, sono conservate in santuari e luoghi di culto della città. Il pittore moncalierese apporta a tale solennità un vigore plastico e un solido modellato anatomico, tale da essere considerato troppo audace dai detrattori puritani che nel 1888 a Boston si trovarono di fronte i corpi nudi delle Schiave, distesi sul manto villoso di un candido tappeto. Alcuni particolari anatomici rivelano altre volte uno studio approfondito dell'arte rinascimentale. Come il braccio del Cristo morto, conservato nella Chiesa di S. Francesco a Moncalieri, il quale rivela non poche analogie con la Deposizione di Cristo di Raffaello alla Galleria Borghese di Roma, con il Marat assassinato di Jacques-Louis David (a sua volta con precedenti illustri nella Deposizione caravaggesca e nella Pietà michelangiolesca) o, ancora - secondo quanto confermato dagli appunti autobiografici di Juglaris -, con il Corpo di Cristo morto nella tomba (1522) di Holbein il Giovane, presso il Kunstmuseum di Basilea, di cui riprende puntualmente l'impianto compositivo.
Tommaso Juglaris
Cristo morto
1897
Olio su tela, cm 120 x 240
Febbrile l'attività espositiva, in Italia, presso la Società Promotrice delle Belle Arti e il Circolo degli Artisti di Torino e all'estero, dove espone ai Salons parigini, e presso l'Art Club di Boston, a quel tempo capitale dell'industria editoriale e del giornalismo. A Parigi realizza numerosi ritratti di amici "perché era un eccellente esercizio e non avevo a pagare i modelli", annota. Artista eclettico si occupa di editoria, decorazione, realizza scenografie per il Teatro Regio di Torino e per il Teatro Barnsley nello Yorkshire, si interessa di arti applicate all'industria, negli stessi anni in cui William Morris dà corpo alle proprie idee socialiste con l'istituzione del movimento Arts and Crafts e Gustav Klimt (Baumgarten,1862 - Vienna, 1918) di cui quest'anno ricorre il centenario della morte, incarna con le sue eleganti figure Art Nouveau l'estetica secessionista.
Dipinge imitazioni Gobelins su commissione, lavora per le manifatture di litografie e cromolitografie del tedesco Pietro Thurwangher e per Robecchi, in qualità di pittore su ceramica dirige la fabbrica di Aubrée, collabora con la ditta di ceramiche Soupirou et Fourier e con altre realtà allora in auge, analogamente a quanto fecero raffinati artisti prestati all'industria, quali Émile Gallé, all'interno di un più ampio dibattito riguardante le questioni etiche ed estetiche derivate dalla produzione in serie dei manufatti.
Bartolomeo Piovano
Vecchie draghe e barconi sul Po (part.)
1965
In occasione della mostra di cui si è detto in apertura, è stata presentata una selezione di opere di Bartolomeo Piovano (Moncalieri 1903 - 1989), allievo di Tommaso Juglaris, conosciuto all'età di 17 anni. Trait d'union fra il realismo pittorico ottocentesco della Scuola di Rivara di Avondo, Bertea, Pittara e altri e le novità stilistiche del Novecento di Boswell, Chessa, Galante, Menzio, Levi, Paulucci, riuniti nel Gruppo dei Sei di Torino, poco più di venti opere esposte, descrivono i luoghi a lui più cari, a lungo frequentati: la riviera ligure di ponente, il "gozzaniano canavese", Champoluc in Val d'Ayas, oltre allo Studio d'interno dell'abitazione a Moncalieri del mio maestro Juglaris del 1924, ultimo omaggio prima della morte di questi, avvenuta nel 1925. A differenza di Juglaris, Piovano  predilige il paesaggio con alcuni interessanti esempi di natura morta, costellati di particolari umili - il tavolo in legno, un paiolo di rame - complementi d'arredo popolare, di schietto realismo, attiguo al rustico dipingere del valdostano Italo Mus. Trasferitosi per lavoro in Argentina nel secondo dopoguerra, Piovano ritorna a Moncalieri negli anni Settanta, continuando a ritrarre dal vero una realtà quieta, ma saldamente definita dal segno calibrato e dall'intenso cromatismo.
Esporrà numerose vedute alla Promotrice delle Belle Arti di Torino, alle Quadriennali e alle Esposizioni Nazionali, riservando sempre un occhio di riguardo alla propria cittadina.

1. Juglaris e Piovano. Il maestro e l'allievo, Moncalieri, Famija Moncalereisa, 20-28 maggio 2018.
2. In quell'occasione fu pubblicato il circostanziato catalogo a cura di Maria Luisa Reviglio della Veneria, Tommaso Juglaris, Un artista tra Europa e America, (Ed. bilingue Italiano/Inglese), Famija Moncalereisa, Moncalieri (TO) 2006, con contributi di Gian Giorgio Massara, Geoffrey G. Drutchas, Domenico Giacotto, Ann Arpin, Kerry Chartkoff, Marco albera e Angelo Mistrangelo.
3. H. James , L'Americano, Mondadori, Milano 1982, pp. 20, 21.


lunedì 4 giugno 2018

FRANK LLOYD WRIGHT TRA AMERICA E ITALIA

Solomon R. Guggenheim Museum
(New York, NY)
Exterior perspective [4305.017]
The Frank Lloyd Wright Foundation Archives (The Museum of Modern Art
Avery Architectural & Fine Arts Library, Columbia University, New York)
La Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli presenta FRANK LLOYD WRIGHT TRA AMERICA E ITALIA, a cura di Jennifer Gray. Fotografie, oggetti, cataloghi, litografie e disegni originali, mostrano il pensiero di Wright sull’architettura organica a partire dal primo soggiorno in Italia nel 1910 fino alla sua ultima visita nel 1951.
Cosa significa architettura organica e come si manifesta nei progetti di Wright? Come cambia il suo significato negli Stati Uniti e in Italia nel corso del XX secolo? Quali influenze ebbe sull’architettura italiana?
"Cominciai a studiare la natura dei materiali cominciando a vederli. Allora imparai a vederli per sé e tutti come se stessi: il mattone come il mattone, il legno come legno, il cemento, il vetro, il metallo, ciascuno per sé e tutti come se stessi. Strano a dire, questo esigeva una grande concentrazione dell'immaginazione. Ciascun materiale richiedeva un trattamento diverso e aveva possibilità d'impiego particolari alla propria natura, un disegno adatto per un materiale non lo era per un altro, secondo un ideale di semplicità come plasticità organica."1 (Frank Lloyd Wright).
San Marcos-in-the-Desert resort hotel
(Chandler, Arizona)
Unbuilt Project, perspective [2704.048]
The Frank Lloyd Wright Foundation Archives
(The Museum of Modern Art | Avery Architectural & Fine Arts Library, Columbia University, New York)
La mostra illustra una serie di progetti degli anni Venti emblematici a riguardo, condotti da Wright in California, su blocchi di calcestruzzo colato in stampi appositamente progettati con motivi ornamentali, in sintonia con la vegetazione locale e continuamente 'scolpiti' dalla luce naturale della regione desertica.
Il percorso espositivo parte dalle Prairie Houses ideate all’inizio del XX secolo. Le Prairie Houses sono illustrate principalmente attraverso una selezione di litografie del portfolio Wasmuth, una raccolta di oltre cento tavole che Wright completò durante la sua prima tappa in Italia nel 1910.
Durante un lungo viaggio in Europa, nel 1910 egli trascorse sei mesi a Fiesole, vicino a Firenze, dove elaborò i temi trattati nel suo saggio The Sovereignty of the Individual in the Cause of Architecture, introduzione a Ausgeführte Bauten und Entwürfe von Frank Lloyd Wright, pubblicazione artistica di litografie sui principali progetti architettonici da lui realizzati sino ad allora.
K. C. DeRhodes house
(South Bend, Indiana) [0602.001]
The Frank Lloyd Wright Foundation Archives
(The Museum of Modern Art | Avery Architectural & Fine Arts Library, Columbia University, New York)
Wright scrisse che in Italia i palazzi, i dipinti e le sculture sembrano "nascere come fiori al lato della strada e cantare la loro esistenza". A Torino, il 21 gennaio 1935, Edoardo Persico  - il direttore antifascista di Casabella - tenne una lezione che diede grande impulso all' architettura organica nell'ambito culturale italiano. All’indomani della guerra, Bruno Zevi pubblicò il suo fondamentale testo Verso un’Architettura Organica (1945), il quale - a causa della carenza di carta - includeva una sola immagine di copertina: Fallingwater, celebre casa sospesa su una cascata a Bear Run in Pennsylvania che, insieme ad altri progetti rivoluzionari degli anni '30 (ad esempio il Johnson Wax Building e Wingspread House), gli valse nel 1938 la prima pagina di Time magazine. Nel 1945 fu fondata l’Associazione per l’Architettura Organica (APAO), avamposto dell'architettura wrightiana in Italia, con Zevi protagonista.
Mr. & Mrs. Edgar J. Kaufmann house. Fallingwater
(Mill Run, Pennsylvania) [3602.0041]
The Frank Lloyd Wright Foundation Archives
(The Museum of Modern Art | Avery Architectural & Fine Arts Library, Columbia University, New York)
Photo Credit: HB-04414-5D3 , Chicago History Museum, Hedrich-Blessing Collection
Scrive Lionello Venturi: "Frank Lloyd Wright (1867 - 1959) è un grande architetto moderno che ha prodotto opere d'architettura che sono opera di poesia. I suoi molti scritti sono privi di ogni chiarezza e di ogni disciplina teorica, ma pieni dell'impulso che spinge l'artista ad accanirsi sulla costruzione con lo stesso impegno, la stessa partecipazione e la stessa immediatezza con la quale il pittore si accanisce sulla tela e lo scultore sul blocco. Si è già detto che, attraverso Richardson e Sullivan, Wright si forma sulle idee di Ruskin e Morris: inoltre egli è un fanatico dell'ideale democratico americano e crede nel verbo di Lincoln come un vangelo sociale. È un entusiasta della poesia di W. Whitman, detesta cordialmente l'Europa con la sua tradizione classica e cattolica; e non si stanca di ammonire l'America di guardarsi dall'influenza europea, dal mito capitalistico della civiltà meccanica, dalla sua arte che è una costruzione intellettuale sulla realtà e non una profonda partecipazione alle sue leggi organiche".2
St. Mark's Tower in-the-Bouwerie
(New York, NY)
Unbuilt Project, perspective [2905.041]
The Frank Lloyd Wright Foundation Archives
(The Museum of Modern Art | Avery Architectural & Fine Arts Library, Columbia University, New York)
Furono i grattacieli ad ossessionare Wright per un'intera vita, fin dagli esordi ai tempi della collaborazione con lo studio di Louis Sullivan a Chicago. Li progettò per tutta la sua carriera, la prima volta nel 1905 e l'ultima nel 1956, ma solo due furono realizzati. La mostra esplora una selezione di progetti nei quali è centrale l’impiego del taproot system, soluzione a cui giunse alla fine degli anni ’20 e che prende il nome dal sistema di radici di alcune specie di piante, elemento indicativo di come Wright guardasse alla natura anche quando progettava un edificio di tipo urbano.
Una sezione della rassegna è dedicata al complesso di edifici pubblici e metropolitani: accanto a icone come lo Unity Temple e il Guggenheim Museum, sono presentati gli elaborati meno noti di un planetario, di un centro governativo e di un massiccio sviluppo urbano a uso misto, che denotano l'ideale democratico di comunità promosso dall'autore.
Masieri Memorial students' library and residence
(Venice, Italy)
Unbuilt Project, perspective [5306.002]
The Frank Lloyd Wright Foundation Archives
(The Museum of Modern Art | Avery Architectural & Fine Arts Library, Columbia University, New York)
La mostra si chiude con la sezione dedicata a Frank Lloyd Wright e l’Italia, dove il dibattito architettonico negli anni Quaranta e Cinquanta viene esplorato attraverso una selezione di fotografie, lettere e cataloghi, insieme all’esame dell’unico progetto - mai realizzato - ideato da Wright per l’Italia: il Masieri Memorial (1951-55), da collocarsi presso il Canal Grande di Venezia. Un edificio pensato al fine di commemorare uno dei suoi discepoli italiani, Angelo Masieri - morto tragicamente in Arizona mentre stava completando un grand tour dell’America per far visita e lavorare con Wright - e che, nella combinazione di modernismo e di forme e materiali tradizionali veneziani, fu un vero e proprio saggio sugli scambi culturali tra Wright e l’Italia. Viene inoltre documentata la grande mostra Sixty Years of Living Architecture del 1951 che celebra la sua carriera e denota il crescente interesse per il modello organico suscitato fra progettisti, critici e storici italiani di quegli anni, quali Bruno Zevi e Carlo Scarpa.

1) L. Venturi, Storia della critica d'arte, Einaudi, Torino 2000, pp. 326, 327.
2)
Ibidem.

FRANK LLOYD WRIGHT TRA AMERICA E ITALIA

Dal 28 marzo al 1 luglio 2018
Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli
via Nizza 230, 10126 Torino
Biglietteria all’ingresso della Pinacoteca (4°piano)
Orario: 10 - 19 da martedì a domenica. Chiuso il lunedì.
Visite guidate su richiesta, accesso disabili, bookshop.
t. +39 011 0062713
www.pinacoteca-agnelli.it

venerdì 1 giugno 2018

ORIENTI

Terminale
Iran centro occidentale (Luristan)
Periodo del Ferro IIB (VIII secolo a.C.)
Bronzo, fusione a cera persa
h. 17 cm; l. 6 cm
inv. 105
La collaborazione avviata negli anni tra le due più importanti realtà museali italiane che hanno come oggetto d’interesse l’Asia, il MuCiv Museo delle Civiltà - Museo d’Arte Orientale "Giuseppe Tucci" di Roma e il MAO Museo d’Arte Orientale di Torino, ha trovato un naturale punto d’incontro nella mostra ORIENTI. Circa 180 opere tra le più significative dell’ex Museo Tucci, esposte al MAO fino al 26 agosto 2018, che al termine dell'esposizione approderanno alla nuova sede dell’EUR. La rassegna mette in luce l’arte di epoche e regioni poco rappresentate nel museo torinese, eccellenze della produzione artistica asiatica lungo sette millenni di storia, a partire dalla fine del VI millennio a.C. attraverso due filoni narrativi paralleli. Il primo riguardante  la storia del Museo romano e delle sue collezioni, il secondo inerente le diverse aree culturali e tradizioni artistiche del Vicino e Medio Oriente antico, l’arte sudarabica, l’arte regale degli Achemenidi, dei Parti e dei Sasanidi, l’arte islamica ghaznavide e quella dell’area persiana, per finire con l’Asia meridionale e l’Asia orientale.
Elementi di cintura (n. 33)
Puntale, fibbia con ardiglione e placca, placche e pendenti

Iran, periodo sasanide, VI-VII sec. d.C.
Oro, fusione, granulazione, battitura, incisione, g. 371
inv. 1978.2157
Si apprezzano esempi straordinari che illustrano la Protostoria, l’Età del Ferro, l’arte sudarabica, delle culture imperiali iraniche, l’arte buddhista del Gandhara, la tradizione religiosa dell’Induismo e del Jainismo, oltre a miniature indiane e bronzi tibetani, statuine cinesi e dipinti giapponesi.
Tra le opere esposte una Testa funebre in alabastro del I secolo a.C - I secolo d.C. proveniente dallo Yemen, inclusa in una categoria di manufatti contestualizzati e correttamente musealizzati a partire dalla missione del 1947 di Ahmed Fakhry. Gli scavi della Missione Archeologica Tedesca a Marib, alla fine degli anni Novanta, hanno poi rivelato che le teste erano collocate su stele e non all'interno di templi, come si era ritenuto fino a quel momento.
Proviene da Qasr-e Shirin, Iran occidentale, il raffinato Calice con serbatoio conico scanalato con apice a testa taurina in argento sbalzato, del periodo achemenide (IV secolo a.C.). Esempio di oggetti in metallo pregiato con terminazione zoomorfa, impiegati nelle cerimonie e nei banchetti regali a valenza rituale, attestati in documenti quali il cerimoniale di corte assiro.
Cucchiaio-forchetta
Afghanistan, XII secolo
Argento dorato con decorazione incisa e niellata
l. 18,5 cm; d. max. 4,2 cm
inv. 8370
Sempre iraniani, ma del periodo sasanide, VI-VII sec. d.C., sono gli Elementi di cintura in oro, a fusione, granulazione, battitura e incisione. Dall’India (Rajasthan), arriva l’acquerello opaco su carta del XVIII secolo, raffigurante un Diagramma cosmologico di ambito jainista. La dottrina jaina non prevede un dio creatore e ordinatore, ma considera l’universo una realtà regolata da proprie leggi, che sussiste da sempre e per sempre. Ne deriva una complessa cosmologia, basata sull'astronomia, sulla matematica e sulla teoria del karman, con un portato di immagini per la meditazione incentrate sul rapporto fra il micro e  macrocosmo e una serie di manoscritti geografico-cosmologici sul mondo degli uomini (Kṣetrasamāsa).
Dalla Cina settentrionale del II millennio a.C. (cultura Qijia o dinastia Shang) arriva un Elemento decorativo o amuleto in giada. La giada, già importante per queste culture, nelle dinastie successive fu assunta tra i più alti simboli di nobiltà e di ricchezza dell’aristocrazia, inoltre la Scuola daoista ne esaltò le propietà taumaturgiche.
Diagramma cosmologico
India, Rajasthan, XVIII secolo
Acquerello opaco su carta
h. 25,5 cm; l. 28,8 cm
inv. 21743 - Donazione Mutti
Istituito nel 1957 con Decreto del Presidente della Repubblica e aperto al pubblico nel 1958, il  Museo Nazionale d'Arte Orientale in Roma è stato intitolato nel 2010 a Giuseppe Tucci (1894-1984), insigne orientalista del Novecento che ne promosse la fondazione. Presidente dell’Istituto Italiano per il Medio ed Estremo Oriente (IsMEO) dal 1947 al 1978, Tucci è noto per le ricerche compiute nell’area tibetana, delle quali ha lasciato memorabili resoconti di viaggio.
Insieme all’IsMEO il Museo ha organizzato, per oltre cinquanta anni, missioni archeologiche ed etnografiche in Afghanistan, Armenia, Cina, Giordania, Iran, Iraq, Kazakistan, Nepal, Oman, Pakistan, Tagikistan, Thailandia, Turkmenistan, Uzbekistan, Yemen; si è fregiato di importanti donazioni e depositi, e ha svolto un'importante attività di sorveglianza in collaborazione con le Soprintendenze territoriali, per evitare la dispersione di collezioni private.
A seguito delle riforme attuate nel 2016 dal Mibact è stato istituito un unico organismo che comprende il Museo Nazionale d'Arte Orientale ‘Giuseppe Tucci’, il Museo Nazionale Preistorico e Etnografico "Luigi Pigorini", il Museo Nazionale delle arti e tradizioni popolari (ora intitolato a Lamberto Loria) e il Museo dell'Alto Medioevo (ora intitolato ad Alessandra Vaccaro).
Gao Qipei (1672-1724 o 1660-1734)
Gru in volo su paesaggio nebbioso

Cina, fine XVII - primo quarto XVIII secolo (dinastia Qing)
Inchiostro e colori tenui su carta
298 x 115 cm (dipinto 195 x 114 cm)
inv. 16953 - Acquisto per trattativa privata 1998
Con oltre 2200 opere provenienti da diversi Paesi dell’Asia, dal IV millennio a.C. fino al XX d.C., che  raccontano cinque diversi percorsi per cinque diverse aree culturali: Asia meridionale, Cina, Giappone, Regione Himalayana, Paesi Islamici dell’Asia, il MAO Museo d’Arte Orientale invita ad un viaggio affascinante di scambio, scoperta e conoscenza. In una realtà fatta di molte culture, il Museo contribuisce a costruire una comunità di cittadini che conoscono e amano le differenze. Al MAO tutti sono inevitabilmente stranieri, tutti hanno qualche cosa da imparare sugli altri e strumenti per riflettere su se stessi.
A partire dalla sua apertura il Museo organizza mostre, conferenze, concerti, dimostrazioni ed esibizioni, visite guidate e percorsi tematici, attività per le scuole e per le famiglie, proponendo al pubblico un consistente calendario di appuntamenti che consentono di approfondire gli aspetti più vari delle collezioni. Numerose anche le occasioni di partecipazione a grandi eventi e di collaborazione con istituzioni Internazionali.
Bruciaprofumi tripode a forma di pesche
Cina, XVI-XVII secolo (dinastie Ming - Qing)
Bronzo dorato, base in radica laccata
h. 25 cm; l. 20 cm
inv. 701 - Donazione Giacinto Auriti 1960

 ORIENTI
7000 anni di arte asiatica dal Museo delle Civiltà di Roma

Dal 20 aprile al 26 agosto 2018
MAO Museo d’Arte Orientale
Via San Domenico 11, Torino
Orario: martedì - venerdì  10 -18; sabato - domenica 11 - 19; chiuso lunedì. La biglietteria chiude un'ora prima.
Info: t. 011.4436927/8; mao@fondazionetorinomusei.it

www.maotorino.it