giovedì 18 aprile 2019

EVENTI A TORINO

Gian Giorgio Massara
PIPPO LEOCATA
Attesa
Olio su tela
30 x 40 cm
Mare perduto / ogni refolo /
un brivido.

Mario d'Amato giunge a Torino negli anni settanta del '900; il mare rimpianto è quello del Sud, però l'artista presto s'inserisce nella cultura torinese sicché molti critici commentano le sue opere, da Paolo Levi a Lucio Cabutti, da Mistrangelo che sottolinea "la visione concettuale dell'esistenza" ad Albino Galvano che ne sottolinea la maestria tecnica. Poi Bruna Bertolo, Massimo Centini sino a Francesco De Bartolomeis che scrive un lungo testo riferito anche al ritorno della figurazione di Malevič .
Ora, per i 40 anni di carriera, è stata organizzata per D'Amato una mostra a Collegno (Sala delle Arti). Accompagnata da un catalogo critico, la rassegna s'avvia da un surreale levitarsi di sfere per evidenziare quindi il materico assemblaggio di materiali in Sipario e approdare all'informale in quei "segni di sensazioni" legati al susseguirsi degli stati d'animo che affollano la personalità dell'uomo. Cade nel 2016 la scultura Architettura urbana, interessante comporsi di elementi l'un l'altro distinto da valori cromatici. Nell'Autopresentazione l'artista ricorda la scomparsa del fratello Nello, sottolineando i vari momenti del suo percorso artistico.
Pippo Leocata espone invece a Condove (San Rocco) in una mostra intitolata "Tra fede e ribellione". Emblematica, l'opera che figura sulla copertina del catalogo Processo, e di grande sapienza L'attesa, tela nella quale le croci del Golgota si stagliano contro il cielo sulfureo, i cavalieri si contrappongono e l'architettura s'intuisce nell'interessante gioco di luci, ombre, apparizioni.
Anche Leocata si trasferisce a Torino da Adrano e ben presto si fa notare da critici quali Marziano Bernardi e Luigi Carluccio che annota: "Interessante, tumultuoso e felice soprattutto nei disegni". Presente e premiato negli anni 2012 e 2013 al concorso intitolato a Cesare Pavese, Leocata nel 1981 s'aggiudica il 2° Premio al Concorso nazionale per il salone della Provincia di Asti.
Alla Galleria Malinpensa (corso Inghilterra, 51) Monia - Art Director - ha scelto quattro signore, l'un l'altra contrapposte per scelta di temi e modi di fare pittura. Il Bosco di Fulvia Gamenara vibra per emozionalità mentre il Canale a Chioggia di Maddalena Patrese (stampa su pannello) è caratterizzato dall'istante che coglie il tremolìo delle acque.
È Maria Virseda a proporci opere scultoree in argilla e argento nelle quali s'avvertono "la forte passione e l'intimità meditativa". Lavinia Salvadori infine ama il segno dal quale derivano tutte le opere d'arte; un segno che si fa protagonista accanto a lievi cromatismi.
Con il titolo "Aboliamo la guerra" s'è inaugurata in corsoValdocco, 3 (EMERGENCY) la mostra (presentata da Carla Parsani Motti) dei soci de "Il senso del segno". Ogni foglio testimonia un'auspicata speranza di pace. Rimanendo immobili di fronte a molte delle opere esposte pare di ascoltare la voce di Gino Strada : "Curare i feriti non è né generoso né misericordioso, è semplicemente giusto. Lo si deve fare".

lunedì 15 aprile 2019

AARON MISCHIATI

Aaron Mischiati
Autoritratto
Olio su cartone telato
2018
50 x 40 cm
AARON XAVIER MISCHIATI esordisce nel panorama artistico torinese con la mostra personale allestita presso l’Associazione il Punto, che inaugurerà il prossimo 18 aprile alle ore 18. Nato nel 1998, è uno studente lavoratore iscritto all’ultimo anno del liceo artistico, impegnato in un progetto pilota nelle scuole che vede al centro la scultura Conoscenza, icona di un percorso creativo basato sulla compenetrazione arte-vita.
Tema portante del lavoro di Aaron Mischiati è il disagio esistenziale, personale e collettivo.
Sul piano stilistico esso si traduce nella consapevole imitazione del cromatismo inquieto dell'irlandese Francis Bacon (Perdita, 2018), nell'adesione ai tumulti di una coscienza lacerata in cerca della propria identità. La serie di autoritratti disgrega il colore come la carne tumefatta invade i corpi lassi sulle tele di Lucian Freud e della britannica Jenny Saville. Nelle opere grafiche (Malformazione, Evoluzione, L’isola di Pasqua) la gestualità è quella dell’espressionismo astratto americano rielaborato dal tratto di Mattia Moreni e Luigi Spazzapan. Dati tecnici che esprimono la volontà di rappresentare con irruenza tipicamente giovanile il senso di frustrazione e aggressività che contraddistinguono l’"uomo-animale" (La ballata del marinaio).
Aaron Mischiati
Isola di Pasqua
Penna su carta
2016
297 x 210 mm
Tale impianto formale non è tuttavia sufficiente a completare il quadro di una visione fortemente emotiva, dettata da una sensibile partecipazione a mutamenti sociali di un'epoca inedita, segnata da un cambio radicale di paradigma.
Il rinoceronte ne è la metafora più saliente. Nel dipinto si assiste alla dolorosa Nascita di un individuo adulto perfettamente formato e al martirio del ventre materno squarciato dopo lunghi mesi di gestazione. Soggetto dalle sorti incerte, forse destinato come i suoi antenati a una sanguinosa estinzione o, più ottimisticamente, protagonista del riscatto di un'intera genia, egli irrompe nello spazio obbedendo all'istinto ancestrale di preservare la specie.
Lo sfruttamento delle risorse, l’aggressività di politiche commerciali lesive della dignità umana, l’uso smodato di dispositivi e tecnologie a scapito di relazioni prossime, emozionali sono questioni centrali che Mischiati pone in evidenza con l’utilizzo di vari linguaggi visivi, dalla pittura tradizionale, al calco in gesso (tecnica mutuata dal collega e collaboratore Pietro Campagnoli), alle applicazioni multimediali. Un percorso che coinvolge tutti i mezzi espressivi, sia tradizionali che digitali, eludendo il dibattito sull'originalità dell'opera e la sua riproducibilità.
Aaron Mischiati
Perdita
Tecnica mista su compensato
2018
40 x 30 cm
Lo stesso nome d’arte, "Controsenso", è scelto per esprimere il paradosso di una generazione che rifiuta la realtà virtuale, si riunisce in comitati spontanei per discutere di emergenze ambientali, interviene attivamente per migliorare un mondo sfinito da politiche irresponsabili, ma agisce servendosi di social media, diffonde le proprie idee su scala planetaria, indìce flash mob attraverso piattaforme e dispositivi digitali.
Laddove si assiste ad una profonda rivoluzione culturale, si afferma anche l’impossibilità di comunicare se non attraverso le nuove tecnologie, si ironizza sul potere persuasivo della pubblicità (Instabile, Just It, Gucci, Inp’s), fino a denunciare le falle di un sistema che favorisce le diseguaglianze sociali, incapace di sottrarsi a tale paradosso.
Se i social network catalizzano false informazioni, tutto esplicitano tranne ciò che conta veramente, trasformano vizi privati in pubbliche virtù, è pur vero che l’uomo è per sua natura un concentrato di dubbi e contraddizioni. Compito dell'artista, dunque, è immedesimarsi con lo spettatore e farsi portavoce di tanta complessità.
Aaron Mischiati
Instabile
Elaborazione digitale
2018
Compendio delle istanze concettuali elencate finora il volto, riprodotto nei selfie in miliardi di copie, diventa manifesto di una cultura dell’immagine che affonda le proprie radici nell’antichità - celeberrima l’enigmatica effigie di Leonardo da Vinci, misterioso l’autoritratto defilato di Diego Velasquez nel dipinto Las meninas - e, proprio per essere la prima e più autentica raffigurazione dell’interiorità del soggetto, rimane attraverso i secoli un genere a sé stante mai del tutto compreso e decifrato.
L'Autoritratto è il riflesso di un'incursione impietosa nei profondi recessi della psiche umana, l'impronta vunerabile dell'artista demiurgo sottoposta al giudizio insindacabile dell'altro da sé. La dama con l'ermellino, La ragazza con l'orecchino di perla sono poi ulteriori epifanie dell'inconscio, derivanti dalla traduzione di modelli rinascimentali e fiamminghi, consegnati da Leonardo e Vermeer allo sguardo contemporaneo dell'autore.

AARON MISCHIATI
Mostra personale
18 aprile - 3 maggio 2019
Inaugurazione giovedì 18 aprile alle ore 18
Il Punto
Associazione Artistica Culturale
Via S. Domenico, 32 - 10122 Torino
ilpunto32@gmail.com

venerdì 5 aprile 2019

LA BOTTEGA DI LEONARDO

Leonardo e allievo (Marco da Oggiono?)
Maddalena discinta

Olio su tavola, 58 x 45,5 cm
In occasione delle celebrazioni vinciane a cinquecento anni dalla sua morte, l’esposizione
LA BOTTEGA DI LEONARDO, a cura di Nicola Barbatelli, esperto di studi leonardeschi in collaborazione con molti studiosi internazionali, tra cui Jan Sammer, intende offrire una chiave interpretativa per comprendere la complessità della pittura di Da Vinci e del suo tempo.
Poco più di venti opere costituiscono il punto di partenza per ragionare, alla luce degli studi più recenti, sul contesto storico di alcuni passaggi cruciali nella vita del genio toscano e sui rapporti artistici intercorsi con i suoi più fidati allievi e seguaci.
In questa prospettiva si collocano gli insegnamenti di Leonardo, il peso del suo portato artistico anche in ambito europeo, dai tempi del primo soggiorno milanese fino al momento della scomparsa in Francia, ad Amboise ed oltre.
Marco da Oggiono
Madonna col Bambino e San Giovannino
Olio su tavola, 76,5 x 56 cm
La mostra di Torino si articola a partire dalla Maddalena discinta che il decano degli studi vinciani, Carlo Pedretti, aveva già assegnato alla collaborazione tra Leonardo ed il capace allievo Marco da Oggiono (Oggiono 1475 c. - Milano 1530 c.). Tracce autografe sono presenti inoltre nei celebre studio di Testa di Uomo e nel rapido bozzetto a penna su carta preparata per la perduta Battaglia di Anghiari, ai tempi realizzata da Leonardo nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio, a Firenze.
Fra i maggiori seguaci in rassegna figurano Giovan Pietro Rizzoli detto Giampietrino (Milano 1495 c. - 1549), Cesare da Sesto (Sesto Calende 1477 - Milano 1523), Gian Giacomo Caprotti detto Salaì (Oreno 1480 - 1524) e Bernardino de Scapis detto Bernardino Luini (Dumenza, 1481 c. - Milano, 1532), formati al gusto e allo stile del tempo attraverso la conoscenza, più o meno diretta, dei maggiori capolavori del Maestro.
Marco da Oggiono
Santa Caterina d'Alessandria
Olio su tela, 63,5 x 56 cm
A Luini sono da attribuire Marta e Maria Maddalena, rappresentazione allegorica di modestia e vanità e La Madonna con vaso d'unguento, opulenta figura muliebre di "carnale monumentalità", analoga per ricchezza di dettagli alla Santa Caterina d'Alessandria, ornata di perle e granato incastonato e per brillantezza cromatica di matrice fiamminga alla Madonna col Bambino e San Giovannino di Oggiono.
Il pregnante simbolismo della Sacra conversazione di Gesù, Maria e Anna, anticipa l'episodio della Passione nella presenza dell'agnello e dell'uva. Passione incarnata nel corpo crocifisso del San Gerolamo in penitenza di Cesare da Sesto, autore inoltre di una Madonna col Bambino in delicate tonalità a tempera.
Sono inseriti in una struttura piramidale I tre santi fanciulli di Bernardino de' Conti, raffigurazione del dogma della Trinità profetizzata da S. Giovannino benedicente e della duplice natura - umana e regale - del Bambino, parallela alla doppia sostanza divina: quella di Gesù e quella di Cristo, quest'ultimo sceso sotto forma di colomba e Spirito dopo il battesimo nel Giordano.
Gian Giacomo Caprotti, detto Salaì o Fernando Llanos
Sant'Anna, la Madonna, il Bambino e l'agnello
Olio su tavola, 90 x 68,5 cm
Fulcro della mostra sono i dipinti La vergine delle Rocce e il Giovanni Battista. Il primo, ripreso da Bartolomeo Suardi (Bramantino) nella prima metà del XVI secolo e da Bernardino de' Conti in una composizione che rimanda all'iconografia del Riposo durante la fuga in Egitto per la presenza di una figura virile dormiente - presumibilmente S. Giuseppe - annidata nella parete rocciosa sullo sfondo. San Giovanni Battista che impugna la croce con l'insegna 'Ecce Agnus Dei' compare nel dipinto, attribuito a Mariotto Albertinelli, variante dell'originale vinciano con l'indice puntato 'a indigitazione', "simbolo teofanico" della presenza o a indicazione del divino.
Fanciullo nella versione di Caprotti, il Cristo come Salvator Mundi, soggetto più volte eseguito nella bottega di Leonardo - fra gli altri da Luini e Boltraffio - è di recente balzato agli onori delle cronache per la querelle sulla copia destinata al Louvre di Abu Dhabi.
Leonardo (attr.)
Studio di cavalli e cavalieri
(probabile pensiero per la Battaglia di Anghiari)
Penna e inchiostro marrone su carta leggera, 100 x 140 mm
Come recita il video, prologo del percorso espositivo, la ricerca luministica, il contrasto fra luci ed ombre, simboleggia l'eterna lotta fra bene e male, amore e morte, che trova soluzione nella promessa messianica fondata sull'"eternità d'amore". "Vivere per glorificare, non per uccidere" è il monito che risuona e implicitamente risiede nell'opera talora misteriosa del genio vinciano, che seppe dedicarsi con sublime intelligenza tanto all'ingegneria bellica, quanto ai temi di arte sacra e pagani (in mostra la Leda e il cigno di Cesare Magni, a confronto con la riproduzione dei disegni conservati nel museo Boijmans Van Beuningen di Rotterdam e presso Chatsworth House, Derbyshire).
Nobili propositi, in alcuni casi disattesi dagli allievi, che spesso ripercorrono solo formalmente gli stilemi del Maestro, con risultati esteticamente perfettibili.
Il talento vinciano resta ineguagliato, ma si deve ai suoi epigoni la trasmissione di una dottrina che ha permeato di sé la cultura umanistica e ancora, dopo cinquecento anni, seguita a ispirare con il suo genio la scienza moderna.

LA BOTTEGA DI LEONARDO
Dal 9 febbraio al 12 maggio
Palazzo Cavour
Via Cavour 8 - Torino
Orario: dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 18; sabato e giorni festivi dalle 10 alle 20; domenica dalle 10 alle 18. Ultimo ingresso un’ora prima dell’orario di chiusura.
Informazioni: t. 011 19214730 (negli orari di apertura della mostra).
Prenotazioni: t. 011 0881178 (numero Ticketone dedicato ai gruppi).

giovedì 4 aprile 2019

A VERCELLI LA MAGNA CHARTA E GUALA BICCHIERI

Ritratto a mezzo busto del cardinale Guala Bicchieri
Attribuito a Pietro Narducci (Milano 1793-Vercelli 1880)
Metà del XIX secolo (1847 ca.), Vercelli, Ospedale Sant'Andrea, Grandi Infermerie
Olio su tela in cornice in legno intagliato e dorato
cm 32 x 102 x 5 (con cornice)
Ospedale Sant'Andrea, Aula Magna, Vercelli
La Città di Vercelli, a 800 anni dalla fondazione dell’Abbazia di Sant’Andrea, espone per la prima volta in Italia il manoscritto della MAGNA CHARTA LIBERTATUM, nella sua redazione del 1217, che proviene dal Capitolo della Cattedrale di Hereford nel Regno Unito.
La mostra è un omaggio al Cardinale Guala Bicchieri che, con la posa della prima pietra alla data convenzionale del 19 febbraio 1219, diede avvio alla costruzione dell’abbazia, dando vita nel corso dei sette anni successivi a uno dei primi esempi di costruzione gotica in Italia.
Ma la storia ci consegna l’importanza e il peso politico internazionale del Cardinale Guala Bicchieri, insieme alle sue grandi doti diplomatiche, soprattutto per la vicenda legata alla Magna Charta Libertatum, documento scritto in latino che il re d’Inghilterra Giovanni Senzaterra fu costretto a concedere ai baroni del Regno, suoi diretti feudatari, presso Runnymede, il 15 giugno 1215.
Magna Charta
Redazione del 1217
Prestito concesso dal Capitolo della Cattedrale di Hereford, Regno Unito
Per la prima volta nella storia un documento di natura giuridica elenca i diritti fondamentali del popolo (o di una parte del popolo) e riconosce che nessuno, sovrano compreso, è al di sopra della legge e che chiunque ha diritto ad un processo equo. Per queste ragioni la Magna Charta viene ancora oggi ritenuta da molti studiosi la prima pietra del moderno stato di diritto per il riconoscimento universale dei diritti del popolo, per quanto inscritta in una giurisprudenza di tipo feudale. Guala Bicchieri, legato pontificio presso la corte inglese e tutore del giovane re inglese Enrico III fece da "supervisore" al documento ponendo il proprio sigillo sia nella versione revisionata del 1216, sia nella riconferma della Carta qui esposta, redatta nel 1217.
Cofano di Guala Bicchieri
Limoges, 1220-1225 circa
Rame traforato, sbalzato, cesellato, stampato, inciso e dorato, smalto champlevé,
paste vitree, legno di noce verniciato, tela di canapa grigia.
Torino, Palazzo Madama - Museo Civico d’Arte Antica
Le sue doti diplomatiche fecero sì che questa seconda versione della Carta avesse miglior sorte della precedente. Ma l’importanza delle missioni affidategli dal Pontefice e il ruolo che giocò sullo scacchiere internazionale, non fecero dimenticare al prelato l’amore per la sua città e due anni dopo finanziò con le sue rendite la realizzazione dell’Abbazia di Sant’Andrea di Vercelli.
L’allestimento scenografico dell’Arca, presso l'ex chiesa gotica di San Marco, ideato da Daniele De Luca, con il prezioso documento racchiuso nel sacello rosso porpora in omaggio al Cardinale, permette di focalizzare l’attenzione sulla figura di Guala Bicchieri e il suo legame con la città di Vercelli, in un viaggio temporale attraverso il medioevo e i secoli successivi per scoprire la storia del documento e i personaggi ad esso collegati.
Coltello eucaristico di Guala Bicchieri
Francia settentrionale o Inghilterra meridionale, ante 2018
Ferro, argento con tracce di doratura, paste vitree colorate in cabochon, legno di bosso intagliato
Civiche Raccolte di Arte Applicata - Castello Sforzesco, Milano
Credito fotografico: Raccolte d’Arte Applicata del Castello Sforzesco, Milano.
Copyright Comune di Milano
Accanto alla Magna Charta, la mostra accoglie opere di eccezionale valore storico-artistico, che raccontano la sensibilità e il gusto del diplomatico vercellese: il cofano e gli smalti di Limoges da Palazzo Madama - Museo Civico d’Arte Antica di Torino, il raffinato coltello eucaristico con paste vitree cabochon e manico di bosso intagliato, proveniente dalle Civiche Raccolte di Arte Applicata - Castello Sforzesco di Milano, due ritratti del XVII e del XIX secolo del Cardinale, concessi in prestito dall’ASL-Ospedale di Sant’Andrea di Vercelli - il primo esposto nell'aula magna e di recente restaurato a spese dell'Azienda il secondo collocato nella "Saletta Guala Bicchieri" destinata alle riunioni della Direzione Generale - a cui si aggiunge un nucleo di codici, carte e pergamene inediti della Biblioteca diocesana Agnesiana di Vercelli, oltre a una pergamena e uno dei due codici detti "dei Biscioni" della Biblioteca Civica di Vercelli.
Medaglione con due draghetti e un pesce
Limoges, 1220-1225 circa
Rame traforato, sbalzato, cesellato, inciso e dorato
Smalto champlevé
Torino, Palazzo Madama - Museo Civico d’Arte Antica
L’esposizione all’Arca, sostenuta dal Comitato promotore dell’VIII Centenario della Fondazione di Sant’Andrea, rappresenta la prima tappa di una mostra corale e diffusa che coinvolge i musei cittadini in percorsi tematici ed eventi collaterali dedicati al cardinal Guala Bicchieri e alla storia dell’Abbazia di Sant’Andrea: Museo Francesco Borgogna, Museo Camillo Leone sede di una preziosa mostra con 29 tavole acquerellate di Carlo ed Edoardo Arborio Mella, Museo del Tesoro del Duomo, Archivio di Stato di Vercelli che ospiterà, fino al 19 aprile, nell'esposizione Ego Guala presbiter cardinalis heredes instituo, i resoconti della fondazione dell'Abbazia, i disegni e un manoscritto di Edoardo Arborio Mella autore dei restauri nella prima metà del XIX secolo.
Il catalogo, a cura di Saverio Lomartire, riunisce in un’unica pubblicazione tutte le opere presenti nelle diverse esposizioni.

LA MAGNA CHARTA. GUALA BICCHIERI E IL SUO LASCITO
L’Europa a Vercelli nel Duecento
23 marzo - 9 giugno 2019
Arca, ex chiesa di San Marco
Piazza San Marco 1, Vercelli
Orario: martedì - domenica 10 - 19
Informazioni: http://santandreavercelli.com
https://www.facebook.com/abbaziasantandreavercelli/
Prenotazioni visite guidate gruppi: ATL Valsesia Vercelli 335 7096337; info@santandreavercelli.com
Prenotazioni attività didattiche scuole: 0161 51650; 348 3272584; scuole@santandreavercelli.com

mercoledì 3 aprile 2019

ECOLOGIES OF LOSS

Salt Pan
(Salina)
2015
Stampa fotografica
Carta Hahnemuhle su dibond, 91 x 264 cm
dalla serie "Else All Will Be Still" (2013-2015)
Courtesy l'artista e Gallery Espace, New Delhi, India
Il PAV Parco Arte Vivente presenta ECOLOGIES OF LOSS, la prima personale italiana dell’artista indiano Ravi Agarwal. Con questa mostra, a cura di Marco Scotini, prosegue l'indagine del rapporto tra pratiche artistiche e pensiero ecologista nel continente asiatico, inaugurata con la personale dell'artista cinese Zheng Bo Weed Party III. L'indagine (che vedrà presto altri appuntamenti) cerca di fare il punto sulla "centralità dell'Asia nella crisi climatica", come sostiene Amitav Ghosh. Tra i maggiori esponenti della scena artistica indiana, da decenni Ravi Agarwal conduce una pratica interdisciplinare come artista, fotografo, attivista ambientale, scrittore e curatore. Il suo lavoro esplora questioni nodali dell'epoca contemporanea quali l'ecologia, la società, lo spazio urbano e rurale, il capitale.
Engines - 20 km
(Motori - 20 km)
2015
Serie di 20 stampe fotografiche
carta Hahnemuhle su dibond, 38 x 57 cm
dalla serie "Else all will be still"
Courtesy l'artista e Guild Art Gallery, Mumbay, India
Per oltre quattro decadi, la fotografia ha costituito il medium d'elezione per il lavoro di Ravi Agarwal, che ha poi conosciuto una dimensione più estesa grazie all'inclusione di installazioni, video, interventi di arte pubblica, diari, all'interno di progetti dalla durata pluriennale.
La natura decentrata del suo approccio (plurale, frattale, polifonico) colloca Ravi Agarwal tra quegli esponenti di una scienza nomade (Deleuze e Guattari) che si muovono contro le istanze teoriche unitarie, in favore di saperi minori, frammentari e locali. Animato dal desiderio di riappropriazione dei poteri collettivi autonomi sottratti al capitalismo, di auto-gestione e auto-governo dei propri corpi e delle proprie vite, di cooperazione nel lavoro umano ed extra-umano, Agarwal registra i cambiamenti in corso nell'ambiente a partire dal lato della perdita.
Sangam Dialogue
(Dialogo Sangam)
2016
Video 20'55"
Courtesy l'artista e Gallery Espace, New Delhi, India
Traduzione Marzia d'Amico
Da qui deriva il titolo ECOLOGIES OF LOSS, prima personale in Italia appositamente concepita per il PAV. Opere scalate cronologicamente negli anni - da Have you Seen the Flowers on the River (2007-2010) a Extinct? (2008), da Alien Waters (2004-2006) a Else All Will Be Still (2013-2015) -, denunciano come la perdita dell'animale (la comunità degli avvoltoi della parte meridionale dell'Asia) non è distinta dalla minaccia dell'estinzione della coltura del garofano indiano (la sua economia sostenibile, i suoi significati rituali). Il racconto della perdita del fiume Yamuna e del linguaggio (con il ricorso alla antica letteratura Sangam, scritta in Tamil), fino alla perdita del sé soggettivo, dimostra come nessun elemento risulterebbe isolabile dal resto dell'ecosistema.
Neythal Diary
(Diario del Neythal)
2016
Video 38'41"
Courtesy l'artista
Ma l'aspetto fondamentale e originale della pratica artistica e attivista di Ravi Agarwal è quello che da più parti è stata definita come "personal ecology". Fin dal 2002, quando il suo lavoro viene presentato a Documenta XI,  la propria autobiografia è collocata all'interno dell'ambiente, quale sua componente indissociabile, in una sorta di "ecologia del sé" di derivazione foucaultiana. Per questo l'ambiente non potrà essere solo naturale, ma sarà anche psichico, sociale, linguistico, semiotico.
Seas and Room of Suns fa riferimento a due contesti ecologici, due politiche di sopravvivenza, il paesaggio umido della città costiera di Pondicherry e quello arido del deserto del Rajasthan, della sua infanzia e dei suoi antenati. Come afferma Agarwal, il fiume è una rete di miriadi di relazioni interconnesse alla città, ai suoi abitanti e alla natura.
Have you seen the flowers on the river?
(Hai mai visto i fiori lungo il fiume?)
(Particolare)
Stampe fotografiche, video, installazione, diario
2007
Courtesy l'artista
Ravi Agarwal è fondatore e direttore della ONG ambientalista Toxic Link, oltre a far parte di diversi comitati regolatori, a fianco della sua costante attività di studio, ricerca e scrittura relativamente ai temi connessi alla sostenibilità ambientale, sia nella dimensione accademica sia sui media più popolari.
Nel 2008 è stato insignito dello Special Recognition Award for Chemical Safety delle Nazioni Unite e, nel 1997, gli è stata assegnata l'Ashoka Fellowship per l'imprenditoria sociale.

ECOLOGIES OF LOSS
Ravi Agarwal
9 marzo - 9 giugno 2019
PAV - Parco Arte Vivente
Via Giordano Bruno 31 - 10134 Torino
Per partecipare alle attività è necessaria la prenotazione: t. 011 3182235; lab@parcoartevivente.it
www.parcoartevivente.it