mercoledì 23 novembre 2011

Bambole meccaniche giapponesi

L'Associazione Yoshin Ryu presenta a Palazzo Barolo il secondo atto della mostra Ningyo dedicata nel 2010 alle bambole tradizionali giapponesi, preziosi esemplari statici di proprietà del Consolato nipponico e di collezionisti privati.
Circa venti Karakuri, eleganti bambole  animate da ingranaggi meccanici occupano il piano interrato del museo, corredate da tre esemplari e dalla proiezione di un filmato illustrativo al MAO – Museo d'Arte Orientale.
Le Karakuri Ningyo (termini che rispettivamente significano “meccanismo”,“sorprendere” e “persona”,“forma”) hanno iniziato a diffondersi a partire dal XVII secolo durante il Periodo Edo (1603-1868), epoca in cui la tecnica messa a punto con sofisticati ingranaggi in legno, molle, contrappesi in sabbia, mercurio o acqua, ha consentito di realizzare capolavori di ingegneria con le sembianze di bambole che danzano, servono il té, accolgono gli ospiti, suonano strumenti, scrivono o lanciano frecce con stupefacente precisione.
Le Karakuri hanno nel mondo estimatori e collezionisti appassionati e possono raggiungere quotazioni esorbitanti. Un pezzo unico, l'arciere Yumihiki Doji, visibile solo nei giorni della rassegna torinese, che viaggerà col maestro Shobei Tamaya IX, ultimo erede di quest'arte, è quotato circa centomila euro.
Le bambole giapponesi, ancora poco conosciute in occidente, sono declinate in moltissime tipologie e scopi: dal gioco infantile alla devozione, da quelle enormi per i carri animati, ad oggetti piccoli e sofisticati, che trovano una naturale evoluzione e continuità nella robotica di ultima generazione, alla quale la mostra ha dedicato una apposita sezione.
Fu Toyoda Sakoichi, uno dei padri della rivoluzione industriale e fondatore della Toyota, oltre che maestro nella costruzione di Karakuri Ningyo, ad importare sul finire dell'800 il principio di automazione dall'occidente e ad adattarlo alle esigenze del nuovo Giappone. Nel secondo dopoguerra la robotica ebbe il suo boom: si produssero senza sosta centinaia di robot ispirandosi ai fumetti manga, ai cartoni animati, facendoli diventare interpreti di film, modellini e giocattoli, con ingenti ricadute in ambito produttivo e industriale. Le creature di Mitsubishi e dei tanti costruttori di robot sono i figli degli ingegnosi automi del periodo Edo, di cui conservano i canoni estetici e la piacevole naturalezza dei movimenti.
Non a caso nel 2001 il creativo Kita Toshiyuki ha realizzato, proprio per la Mitsubishi, il design della scocca di uno dei più recenti robot, Wakamaru, eletto mascotte della mostra, ricalcando il famoso servitore di tè Cha-Hakobi, opera di Shobei Tamaya IX.
Altro aspetto e vocazione d'uso hanno Ambrogio e AD-Robot progettati interamente dal Politecnico di Torino, scelti dalla curatrice Daniela Crovella per rimarcare quanto l'evoluzione della moderna ingegneria sia influenzata dal passato e dalla cultura del popolo giapponese.

KARAKURI. Bambole dal Giappone – Atto secondo
Dal 5 novembre al 18 dicembre 2011
Orario: Palazzo Barolo-da lunedì a venerdì 15-20, sabato e domenica 10-20, chiuso il martedì;
MAO-martedì, mercoledì e venerdì 14-18 giovedì 14-21, sabato e domenica 10-18
Mostra e catalogo a cura di Daniela Crovella
Palazzo Barolo
via Corte d'Appello 20/C – 10122 Torino
MAO -  Museo d'Arte Orientale
via San Domenico 11 – 10122 Torino
http://www.bambolegiappone.it/