venerdì 26 gennaio 2018

PETER LINDBERGH

Eva Herzigova, Nadja Auermann, Cindy Crawford, Tatjana Patitz, Karen Alexander & Helena Christensen
Catalina Beach Club, New York, USA. Vogue Italia.
© Peter Lindbergh (Courtesy of Peter Lindbergh, Paris / Gagosian Gallery)
Fino al 4 febbraio alla Reggia di Venaria attraverso un corposo corredo di immagini viene presentato al pubblico l'intenso lavoro del fotografo PETER LINDBERGH. La mostra è ideata e realizzata dal Kunsthal di Rotterdam in collaborazione con il curatore Thierry-Maxime Loriot e Peter Lindbergh.
A Different Vision on Fashion Photography è un tributo all’eterogenea produzione di Lindbergh dal 1978 a oggi, articolata su un lungo percorso suddiviso in sezioni tematiche: Supermodels, Stilisti, Zeitgeist, Danza, Camera Oscura, L'ignoto, Il grande schermo, Icone.
A partire dal video introduttivo "Models" (N.Y. City, settembre 1991, 8', b/n) con Linda Evangelista, Cindy Crawford, Stephanie Seymour, Tatjana Patitz e Naomi Campbell si possono scorgere nella scelta del bianco e nero, nella tipica modalità narrativa, le principali linee teoriche ed estetiche su cui fin dal principio l'autore ha fondato la propria attività. Davanti alla cinepresa scorrono i simboli della Grande Mela: il Chrysler Building, le strade di notte appena lavate, illuminate dai lampioni riflessi sull'asfalto, il ponte di Brooklyn, lo skyline inconfondibile dei quartieri newyorkesi, divenuti altrettante location di molti blockbuster hollywoodiani. Le stesse architetture urbane dal ruvido fascino vengono invece trasfigurate dal fotografo tedesco in scenografie adatte a celebrare la prorompente quanto minimale bellezza delle supermodelle, incarnazione di una tipologia di donna sempre più sicura di sé, a tratti spregiudicata, definitivamente consegnata alla storia recente dalla voce indimenticata di George Michael nel video  "Freedom '90".
New Yorker building, New York, 1994
© Peter Lindbergh (Courtesy of Peter Lindbergh, Paris / Gagosian Gallery)
Note soprattutto per aver immortalato e portato alla ribalta Naomi Campbell, Cindy Crawford e Linda Evangelista  - protagoniste delle passerelle d'alta moda al culmine del glamour, quasi divinizzate dall'estro creativo di Gianni Versace -, le immagini del fotografo tedesco sono prima di tutto il manifesto di un profondo impegno sociale e di militanza per la difesa dei diritti fondamentali dell'uomo e della verità d'informazione, anche quella effimera delle riviste patinate di moda.
La sezione Zeitgeist: Lo Spirito del Tempo, adibita con scaffali e raccoglitori ricolmi di immagini e materiale documentario sulle campagne etiche e sociali propugnate dall'autore in collaborazione con l'artista concettuale americana Jenny Holzer, ne rivela l'approccio umanista. Ideale di onestà intellettuale che lo porta a  valorizzare l'anima e la personalità dei soggetti, rifutando qualsiasi artificio in sede di post - produzione, in particolare il fotoritocco, sempre più frequente a partire dai primi anni Ottanta e oggi diventato consuetudine con la definitiva affermazione della tecnologia digitale. Nel numero di maggio 2016 in un'intervista pubblicata sulla prestigiosa rivista Art Forum, Lindbergh dichiara: "Un fotografo di moda dovrebbe contribuire a definire l'immagine della donna e dell'uomo contemporaneo nella loro epoca, riflettendo una particolare realtà sociale e umana. Quanto è surreale invece l'attuale approccio commerciale che punta a ritoccare e cancellare qualsiasi traccia di vita ed esperienza, perfino la verità più intima del volto stesso?"
Allestimento mostra
Foto: Silvia Cestari
Nato a Lissa (Germania) nel 1944, egli trascorre l'infanzia a Duisburg (Renania Settentrionale-Vestfalia) e, dopo aver lavorato come vetrinista per un grande magazzino, si iscrive all'Accademia di Belle Arti di Berlino all'inizio degli anni 60, dimostrando da subito una certa insofferenza ai modelli classici della pittura di genere per seguire il post-impressionismo dirompente del geniale Van Gogh. Ispirato dal lavoro del grande pittore olandese, si trasferisce ad Arles per circa un anno, raggiunge in autostop la Spagna e il Nord Africa e prosegue gli studi frequentando i corsi di pittura libera alla Scuola d'Arte di Krefeld. Influenzato da Joseph Kosuth e dal Movimento Concettuale, ancora prima di diplomarsi viene invitato a esporre alla galleria avanguardista di Denise René e Hans Mayer nel 1969.
Si trasferisce a Düsseldorf nel 1971 dove comincia a dedicarsi alla fotografia lavorando per due anni al seguito del fotografo tedesco Hans Lux, fino ad aprire un proprio studio nel 1973. Una volta raggiunta la fama in patria, entra a far parte della grande famiglia di collaboratori della rivista Stern, come altri fotografi leggendari tra cui Helmut Newton, Guy Bourdin e Hans Feurer. Nel 1978 si trasferisce a Parigi per seguire nuovi percorsi di carriera: lavora con le più famose case e riviste di moda, tra cui varie edizioni internazionali di Vogue, The New Yorker, Rolling Stone, Vanity Fair, Harper's Bazaar US, Wall Street Journal Magazine, Visionaire, Interview e W. Nel 2016 è stato scelto per la terza volta, un vero e proprio record, per realizzare l'edizione 2017 del Calendario Pirelli, dopo quelle del 1996 e del 2002.
Attualmente residente tra Parigi, Arles e New York, le sue fotografie si trovano nelle collezioni permanenti di molti musei d'arte e sono state esposte in prestigiosi musei e gallerie di tutto il mondo.
Musée D’Orsay, Paris, 1983
© Peter Lindbergh (Courtesy of Peter Lindbergh, Paris / Gagosian Gallery)
È questo tipo di formazione, maturata in ambienti artistici d'avanguardia, ad aver conformato definitivamente i suoi racconti per immagini. In apparenza semplici, spontanei, realizzati con macchine analogiche (in mostra esemplari Nikon, Pentax, anche la compatta Konica), con centinaia di confezioni di pellicole fotografiche, sono in realtà frutto della raffinata cura per i dettagli, di un attento lavoro progettuale e di una quantità enorme di annotazioni, schizzi e storyboard propedeutici ad ogni fase produttiva. Descrizioni puntuali delle sessioni fotografiche consegnate alle pagine di taccuini e agende dal segno rapido, essenziale, didascalico, efficace, dal sapiente connubio fra immagini e parole, fanno di ogni esemplare un prezioso libro d'artista con un'estetica propria dal valore intrinseco.
Allestimento mostra (particolare)
Foto: Silvia Cestari
Questa metodica, tipicamente cinematografica (nel 2001 ha girato il film "Der Fensterputzer" sulla cara amica, ormai scomparsa, Pina Bausch) trova riscontro in molti ritratti, indagati secondo vari punti di vista: campo lungo, primo piano, dettaglio. È il caso del trittico dedicato a Catherine Deneuve (tratto dal reportage realizzato a Deauville in Francia e pubblicato nel 1991 su Vogue Paris), dove l'attrice posa a figura intera, porge all'obiettivo un intenso dettaglio dell'occhio e una ripresa ravvicinata del piede. Oppure il primissimo piano di Linda Evangelista, di Cindy Crawford, o l'emblematico primo piano della californiana Christy Turlington, la pelle punteggiata di efelidi, assurte a testimonial di una bellezza lontana da qualsiasi stereotipo in favore di un aspetto acqua e sapone, quasi totalmente privo di trucco, nella convinzione che "solo dopo aver eliminato la moda e l'artificio, si riesce finalmente a vedere la persona".
Dancer from Bolshoi Ballet, Moscow, 2012
© Peter Lindbergh (Courtesy of Peter Lindbergh, Paris / Gagosian Gallery)
Ancor più significativo il cortometraggio "The Reunion",  proiettato sulle neutre pareti grigio fumo, dove scorrono le immagini di shooting e interviste alle top Eva Herzigova, Karen Alexander, Nadja Auermann, modelle mature, ma ancora bellissime. La campagne "Supermodels Supernatural" e "Stars Without Make Up", del 2009, confermano quell'ideale di perfezione, non artefatto, col tempo rivelatosi nella sua autenticità proprio grazie alle rughe d'espressione sui volti di donne a proprio agio nel loro corpo, consapevoli di aver conservato l'allure, la naturale classe che le rese icone di stile negli anni ruggenti dell'alta moda internazionale.
In un'intervista del 2014 il fotografo ha dichiarato: "Dovrebbe essere questa la missione dei fotografi di oggi: liberare le donne, e in ultimo tutti gli esseri umani, dal terrore della giovinezza e della perfezione, nella convinzione che non siano i canoni della bellezza e della giovinezza a rendere una persona interessante, a dispetto dell'età anagrafica".
Un principio che si ripete con identica originalità, mai uguale a se stesso, in ogni sezione della mostra, sia negli scatti di denuncia sociale, più immediati, meno concettuali, sia nelle sezioni più sperimentali, sia nelle campagne per importanti stilisti e case di moda (Comme des Garçons, Giorgio Armani, Prada, Donna Karan, John Galliano, Jill Sander, D&G, Azzedine Alaïa, Gianni & Donatella Versace, Jean-Paul Gaultier), sia infine nella raccolta dedicata alla danza, dagli scatti più estetizzanti, ma sempre finalizzati ad esaltare l'espressività dei corpi scultorei dei ballerini (Joacquin Cortés, Vanya Vasiliev), la disciplina, la fatica nei piedi arcuati delle etoiles, la ricerca di coreografi rivoluzionari (Carolyn Carlson, Blanca Li).
Jeanne Moreau, Paris, 2003 Vanity Fair
© Peter Lindbergh (Courtesy of Peter Lindbergh, Paris / Gagosian Gallery)
Foto di celebrità si susseguono in una fittizia camera oscura, premessa alla galleria di icone senza tempo, le quali, spenti i riflettori, consegnano ai posteri il loro lato più vulnerabile (e per questo più autentico), in pose tanto semplici quanto sofisticate. Un paradosso  che  concilia la dicotomia tra finzione e realtà, dissimulazione e nudità e determina la cifra stilistica di Peter Lindbergh.
Fra i nomi noti emergono personaggi dalla forte personalità e dall'avvincente biografia quali Tina Turner, coraggiosa mentre si sporge dal traliccio della Tour Eiffel per la collezione primavera estate 1989 di Azzedine Alaïa (Vogue Italia), o intensa in un primo piano del 1996; l'enigmatica Jeanne Moreau; un trasognato Adrien Brody al Club Ed di Lancaster, California nel 2002; la sofisticata Charlotte Gainsbourg, immortalata a Parigi nel 2002 per The Telegraph; l'elegante Isabelle Huppert. Fisionomie universalmente riconosciute che, raggruppate in una sorta di quadreria, acquistano, come  gli antichi aristocratici, un'aura di immortalità: Aretha Franklin (1996), Gena Rowlands (1996), Gwyneth Paltrow; Vanessa Beecroft (2004); Janet Jackson (1998); Dennis Hopper (2004). Per terminare con gli scatti datati 2015 di Richard Gere, Alicia Vikander, Kate Winslet, Brad Pitt, Angelina Jolie; protagonsti dello star system passati al vaglio dello sguardo critico di Lindberg nel corso di una carriera costellata di trionfi professionali e di incontri fatali.
I volti popolari, idoli di una mitologia contemporanea, concludono un percorso denso di suggestivi rimandi, di valori, di ideali improntati al successo, incrinati  in questo primo scorcio di millennio da episodi scandalistici finiti, con i relativi antieroi, nella gogna mediatica. L'aura si affievolisce e introduce la tappa conclusiva dell'esposizione. Inizia un futuro tutto da riscrivere, popolato di sagome dai contorni incerti, in continuo movimento, imprigionate fra le mura della sala - novella caverna platonica - disorientate dal riverbero dei cristalli Swarovski incastonati sulla superficie di un avveniristico monolite, relitto di una civiltà in perenne evoluzione.

PETER LINDBERGH
A Different Vision on Fashion Photography
Dal 7 ottobre 2017 al 4 febbraio 2018
Reggia di Venaria - Sale delle Arti, 1° piano
Piazza della Repubblica 4, Venaria Reale (TO)
Da martedì a venerdì dalle 9 alle 17; sabato, domenica e festivi dalle 9 alle 18.30 (le biglietterie e gli ingressi chiudono 1 ora prima). Lunedì chiuso.
Per informazioni: tel. +39 011 4992333
www.lavenaria.it

giovedì 18 gennaio 2018

GIOVANNI BOLDINI

Giovanni Boldini
Ritratto di Donna Franca Florio, 1901-1924
Olio su tela, 221x119 cm
Collezione privata
Fonte: Consorzio La Venaria Reale
Ultimi giorni per visitare, fino al 28 gennaio prossimo, nelle Sale delle Arti alla Reggia di Venaria, la ricca e spettacolare mostra GIOVANNI BOLDINI, con oltre 115 dipinti comprendenti la produzione dell'autore ferrarese e 26 opere di artisti a lui contemporanei quali Cristiano Banti, Vittorio Matteo Corcos, Giuseppe De Nittis, Antonio de La Gandara, Paul-César Helleu, Telemaco Signorini, Ettore Tito, Federico Zandomeneghi. Un ampio panorama che dai macchiaioli alle suggestioni parigine della Belle Époque ricostruisce un articolato periodo storico caratterizzato da rivoluzioni economiche, sociali ed estetiche, fino ad includere la Grande Guerra e a lambire le istanze avanguardiste del primo Novecento.
La mostra, curata da Tiziano Panconi e Sergio Gaddi, frutto di quattro anni di preparazione, ripercorre passo dopo passo la parabola artistica del grande maestro italo-francese che non è stato solo uno dei protagonisti di quel periodo ineguagliabile, o solo il geniale anticipatore della modernità novecentesca, ma colui che nelle sue tele ha reso ed esaltato la bellezza femminile, svelando l’anima più intima e misteriosa delle nobili dame dell’epoca.
Cristiano Banti
Alaide Banti sulla panchina, 1870-75
Olio su tavola, 30x42 cm
Collezione privata
Fonte: Consorzio La Venaria Reale
Giovanni Boldini nasce a Ferrara il 31 dicembre 1842. La sua avventura artistica, così come l'itinerario della rassegna, ha inizio negli anni Sessanta del XIX secolo con il viaggio a Firenze, seguito da numerosi spostamenti in località italiane e del Vecchio Continente - Spagna,Inghilterra, Germania, Olanda - che lo porteranno fino in Marocco e negli Stati Uniti. Durante il soggiorno a Firenze familiarizza con il gruppo del caffè Michelangelo, acquisendone alcuni tratti veristi e l'attenzione peculiare rivolta agli effetti volumetrici del chiaroscuro. Dichiara il suo affetto per Alaide Banti, figlia dell'amico Cristiano Banti, la quale tuttavia ricambierà tale interesse con una affettuosa amicizia per oltre sessant'anni.
A questo periodo risalgono La famiglia Banti, opera tonale, materica, narrativa, e il ritratto di Rodolfo Galli, nel quale il raffinato mimetismo dei capelli e lo sguardo del soggetto raggiungono vette di incomparabile realismo. Qualità ancora riscontrabile in lavori degli anni Settanta dell'Ottocento, ma gia soppiantata nel Ritratto del padre da quella tipica rapidità esecutiva resa esplicita in Signore al pianoforte, olio su tavola del 1869, ove sintesi e movimento si concretizzano nella mano sinistra sapientemente compiuta seppur abbozzata della fanciulla in primo piano. Al confronto l'olio su tela di Vincenzo Cabianca, Acquaiola della Spezia, di qualche anno precedente, risulta assai statico e fotografico. E un decennio dopo La Ciociara di Vito d'Ancona, cristallizzata in un'espressione impenetrabile, sembra gravitare piuttosto intorno alle algide figure della nuova oggettività.
Giovanni Boldini
Ritratto del padre Antonio Boldini, 1867
Olio su tavola, 65x53 cm
Collezione privata, Ferrara
Fonte: Consorzio La Venaria Reale
Nel 1871 Boldini si traseferisce a Parigi, qui può contare sull'appoggio del gallerista e mecenate  Adolphe Goupil e inizia a frequentare la modella e amante Berthe. L'affinità elettiva con il cosmopolitismo parigino lo porta a raccontare l'emancipazione sociale della donna, la vita dei salotti borghesi e aristocratici, avendo fra i committenti nobildonne delle famiglie Veil- Picard, Casati e Florio. Protagonista della comunità artistica dell'epoca, il talento unanimemente riconosciuto, partecipa ai Salons, alle Esposizioni Internazionali di Parigi e alle Biennali di Venezia di cui si fa promotore fin dalla prima edizione.
A questo periodo risalgono Marchesino a Versailles, dove la tavolozza trabocca di turchesi, rossi, verdi, bianco marmo, in una gamma variopinta, vibrante di luce; vi si accosta l'accademico Signora che legge, circondata da dettagli di gusto rocaille: gli intagli a zampa e testa di leone  e i velluti della poltrona, perfetti nella resa, al pari del cangiante velluto grigio e delle fiammature del legno miniati da Gustave Leonard de Jonghe ne Il gioco con il gatto (olio su tavola del 1865 c.), retaggio di una pittura pompier intrisa di cultura accademica di secondo Ottocento, declinata in ambientazioni barocche nella Scena di cortile dello spagnolo  Joaquín Araújo Ruano. Ma già la Dama del Primo Impero (Signora con ombrellino), olio su tavola del 1876 c., si spoglia di quegli abiti per vestire capi sfilacciati in poche spatolate. E ancora L'Allée des Rois a Versailles (1875 c. olio su tela), le figure appena accennate, rivela lo spirito irrequieto del genio che irrompe nella placida vegetazione del parco. E scuote l'ordinario quotidiano con lo strepitio dei giornali e l'urlo imperioso de Lo strillone (1878), gola profonda della società borghese. Fino a raggiungere nell'incompiuto Composizione con tavolo e spadino (1878 c.) sorprendenti afflati contemporanei, paragonabili ai graffiti nervosi di matrice pop americana.
Joaquín Araújo Ruano
Scena in cortile, 1878
Olio su tela, 80x150 cm
Arcuti Fine Art, Roma
Fonte: Consorzio La Venaria Reale
Ma l'esposizione torinese non si limita ad illustrare la produzione figurativa. Grazie ai prestiti dalle Collezioni del Museo Nazionale del Cinema e dell'Archivio Nazionale Cinema d'Impresa la pittura di Boldini dialoga con la settima arte, incarnata nelle divine del cinema muto. Così "Ma l'amor mio non muore" di Mario Caserini (1913) con Lyda Borelli; "La signora dalle camelie" di Gustavo Serena (1915) con Francesca Bertini; "Tigre reale" di Giovanni Pastrone (1916), con Pina Menichelli, accompagnano il visitatore lungo un percorso sonoro sulle note dei Works for piano solo di Reynald Hahn (Caracas, 1873 - Parigi, 1947), definito "le roi des salons", compositore in voga nei salotti mondani parigini del tempo.
Ugualmente le ricostruzioni d'ambiente, con arredi e manufatti liberty messi a disposizione dalla Fondazione Arte Nova di Romano Canavese (TO), creata nel 2011 da Giorgio Lorenzon e Cristina Ariagno, evidenziano le peculiarità di ciascun autore, di volta in volta innestate o divergenti rispetto alle sinuosità curvilinee dell'art mouveau. Oltre a ciò, candelabri, posate, vasi firmati da Roger Gallé e da Aristide dé Ranieri, porcellane viennesi, sedie e poltroncine  della scuola di Nancy, ispirati alle forme armoniose della natura, rappresentano esempi eccellenti dell' accurata ricerca estetica, della notevole abilità tecnica e della piena affermazione raggiunta dalle arti applicate agli albori del XX secolo.
Giovanni Boldini
Coppia in abito spagnolo con due pappagalli, 1873 ca.
Olio su tavola, 25x35 cm
Collezione d'Arte Banca Carige, Genova
Fonte: Consorzio La Venaria Reale
Osservando la teoria di ritratti affacciati alle pareti, immediati sono i rimandi a Toulouse Lautrec (A teatro,  pastello su carta di fine Ottocento con i lineamenti grotteschi dei volti scolpiti dalla luce radente), alle danzatrici dell'amico Degas (Dopo il ballo), a Giacomo Grosso (Ritratto di Madame Seligman).
Decisamente più classici il Ritratto di Robert de Montesquiou di Antonio de la Gandara, bellissime le acqueforti di Paul César Helleu dedicate a Consuelo Vanderbilt e J. A. McNeill Whistler; fotografici, quasi idealizzati quelli di Vittorio Matteo Corcos. Bellissimi, ma ancora una volta superati dai capolavori ancorché di piccolo formato di Boldini, come, ad esempio, il profilo femminile solidamente caratterizzato de La tenda rossa, (1904) stupendamente modulato su calde tinte rugginose, o la Signora in abito giallo, 1893 c., olio vorticoso adagiato sulle morbide venature del supporto ligneo.
Programmatico in questo senso la Statua nel parco di Versailles travolta da folate di vento che agitano il fogliame fino a colpire illusoriamente l'osservatore. "E' un vento forte che scuote l'immobilità dell'immagine, la sua facilità, il suo limite illustrativo...", sottolinea il critico Vittorio Sgarbi1.
Immancabili i pastelli, tecnica privilegiata per lavori di rapida esecuzione (come non pensare al celeberrimo ritratto di Giuseppe Verdi?), ben nota fra gli altri a Lautrec e Degas. Realizzati su carta: La testa bruna, tracciata con ruvidi tratti neri e a sanguigna; Donna elegante seduta in ampio decolleté; La contessa de Rasty a letto e La contessa de Rasty coricata, realizzata su seta ad esaltare la voluttà della modella, il suo incarnato lunare avvolto nella mise impalpabile di pigmenti volatiti dai colori tenui. E il pastello su tela Ritratto di signora in bianco con guanti neri e ventaglio, giocato sul contrasto vellutato dei non colori.
Unico esemplare ad acquerello Signora davanti alla stufa, scena domestica di sapore bohemien.
Giovanni Boldini
Signora con ombrellino (o parasole) (1876 ca.)
Olio su tavola, 35,4x23,5 cm
Collezione Palazzo Foresti, Carpi
Fonte: Consorzio La Venaria Reale
I primi anni '10 del Novecento, sanciscono la definitiva esasperazione drammatica dei ritratti femminili, spesso aulici, di proporzioni notevoli e, negli ultimi anni, proto-futuristi. Fra essi spicca decisamente la grande tela dedicata a Donna Franca Florio, realizzata tra il 1901 ed il 1924, capolavoro simbolo della Belle Époque e ospite d'onore della rassegna.
Progressivamente la tavolozza si riduce all'essenziale: nero per occhi alla Modigliani (Ritratto di danzatrice), bianco serico per abiti alla moda, labbra accese di rosso, mescolati per ottenere il rosa degli inserti floreali (Ritratto di Madame Eugène Doyen). Talora i colori lividi e vorticosi si placano in un dettaglio, scelto come vero e proprio occhio del ciclone, qual è la perla incastonata nell'anello della nobildonna abbigliata con  La camicetta di voile.
Compaiono i nudi risolti in pennellate ruvide (La lettura a letto) o  dalla silhouette elegante, l'incarnato eburneo in netto contrasto con il drappo scarlatto tracciato con decise pennellate rettilinee (Ritratto di signora nuda seduta di profilo).
Si tratta di ambientazioni teatrali, scenografiche ricostruzioni in studio declinate in chiave allegorica, irriverente, in Nudi nell'atelier: qui il pittore ride beffardo e divertito delle due modelle, una seria, l'altra ridanciana, emblema di vanitas e dei risvolti tragicomici dell'esistenza. Anche i colori utilizzati dall'autore al crepuscolo di una brillante carriera  esprimono tale amibivalenza. Mondanità e rigore, euforia e malinconia. Due facce della stessa medaglia che trovano riscontro nelle statiche pose dei soggetti maschili Il Marchese Buoncompagni, Ritratto di Monsieur Olympe Heriot in divisa, realizzati con distaccato formalismo.
Degne di nota sono infine le grandi composizioni Natura morta di Rothschild (1911 c.) dove l'ordine è sconvolto da una furia centrifuga che a malapena risparmia i fagiani e i piatti da portata al centro della scena. Tensione all'astrattismo ormai palese nelle ampie pennellate cremisi dei Gladioli rosa, mescolate con foglie verdi e dilatate fino a scomparire nelle campiture uniformi dello sfondo.
Giovanni Boldini
Ritratto della danzatrice spagnola Anita De La Feria, 1901
Olio su tela, 54,5x42 cm
Collezione privata
Fonte: Consorzio La Venaria Reale
Le opere provengono da sessanta diversi prestatori, dai principali musei internazionali quali il Musée des Beaux-Arts di Tours, Galleria Civica d'Arte Moderna e Contemporanea di Torino, Raccolte Frugone-Villa Grimaldi di Fassio di Genova, Museo del Paesaggio di Verbania (cui appartiene il busto in gesso di un Boldini severo e assorto, modellato da Paul Trubetzkoy), Collezioni Artistiche. Banca Carige, Galleria d'Arte Moderna Empedocle Restivo di Palermo, Museo Nazionale di Capodimonte e da prestigiose collezioni private difficilmente accessibili. La mostra si pone dunque come tappa imprescindibile per ricostruire la fortuna critica e il relativo contesto storico nel quale crebbe e si affermò la personalità prorompente di un uomo, figlio della modernità e della rivoluzione industriale, instancabile cronista delle contraddizioni e dei cambiamenti epocali avvenuti a cavallo dei due secoli.
Giovanni Boldini muore a Parigi l'11 gennaio 1931. Le sue spoglie dimorano nel cimitero della Certosa di Ferrara, vicino ai suoi cari. La giornalista della Gazzetta del Popolo di Torino Emilia Cardona, moglie giovanissima sposata a Parigi nel 1929 (in mostra il delicato ritratto a matita, carboncino e gessetto azzurro su carta), pochi mesi dopo la scomparsa del marito pubblica a Parigi la biografia "Vie de Jean Boldini", redatta nel corso degli anni insieme all'artista, considerata la principale fonte documentaria per i successivi studi sull'autore.
Scrive di lui, citando Gertrude Stein, un altro celebre ferrarese: "Quando i tempi avranno situato i valori al loro giusto posto, Boldini sarà considerato il più grande pittore del secolo scorso. Tutta la nuova scuola è nata da lui, perché egli, per primo, ha semplificato la linea e i piani"2.

1) V. Sgarbi, Davanti all'immagine, Rizzoli, Milano 1989, p. 160
2) Id., pp. 161-162

GIOVANNI BOLDINI
Dal 29 luglio 2017 al 28 gennaio 2018
Reggia di Venaria Reale - Sale delle Arti, 2° piano
Piazza della Repubblica 4, Venaria Reale (TO)
Informazioni, prenotazione e acquisti:
Biglietteria centrale
via Mensa 34 - Venaria Reale (Centro Storico a ridosso della Reggia)
tel. +39 011 4992333; prenotazioni@lavenariareale.it
Orario: da martedì a venerdì dalle 9 alle 17, sabato, domenica e festivi dalle 9 alle 19.30. Lunedì chiuso. La biglietteria chiude 1 ora prima.
www.lavenaria.it