sabato 30 dicembre 2017

GIACOMO GROSSO. UNA STAGIONE TRA PITTURA E ACCADEMIA

Ritratto Femminile, 1929
Olio su tela, cm 175 x 100
Firmato e datato in basso a sinistra
Collezione privata
La mostra dedicata a GIACOMO GROSSO (Cambiano 1860 - Torino 1938) è il secondo appuntamento del ciclo «I Maestri dell’Accademia Albertina», promosso e organizzato dall’Accademia Albertina di Belle Arti e dal Museo di Arti Decorative Accorsi-Ometto, inaugurato nel 2016 con la rassegna su Andrea Gastaldi.
L’esposizione, curata da Angelo Mistrangelo, con i contributi critici di Gian Giorgio Massara, Clelia Arnaldi di Balme e Silvia Mira, si concentra sull’attività pittorica dell’artista, sugli anni d’insegnamento all’Accademia e sulla sua partecipazione ai grandi eventi internazionali.
Allievo di Andrea Gastaldi e poi, per quarantasei anni, docente di disegno e pittura all’Accademia Albertina di Torino, fu Senatore del Regno d’Italia e autore di mirabili ritratti, grazie ai quali ottenne la sua maggiore notorietà.
Ritratto di Ernesto Balbo Bertone di Sambuy, 1912
Olio su tela, cm 50 x 70
Dedicato "Alla Marchesa Di Lesegna – Di Sambuj"
Firmato e datato in basso a destra
Collezione privata
Invitato alla Quadriennale di Torino, alle sociali della «Promotrice» e del Circolo degli Artisti, partecipò per ben quattordici volte con un corpus di cento opere alla Biennale di Venezia, espose a Parigi, Vienna, Dresda, Buenos Aires e in diverse rassegne internazionali. Il percorso espositivo, costituisce l'occasione per rileggere la vita e le fasi dell'intensa attività produttiva dell'autore alla luce di numerose testimonianze, alcune inedite, frutto di un’ampia ricerca biobibliografica e di recenti indagini d'archivio, arricchite da un ricco patrimonio di immagini, scritti e fotografie appartenenti a collezionisti privati.
Le opere esposte, provenienti da collezioni private, Musei e Fondazioni piemontesi e italiane, sono suddivise in quattro sedi istituzionali, ognuna delle quali dedicata all'approfondimento di aspetti peculiari della figura di Grosso: a Cambiano, presso il Palazzo Comunale; a Torino, presso la Pinacoteca dell’Accademia Albertina, il Museo di Arti Decorative Accorsi-Ometto e Palazzo Madama.
Il volto della madre
Olio su tela, cm 63,5 x 50,5
Firmato in basso a sinistra
Pinacoteca dell’Accademia Albertina, Torino (inv. 428)
Nella Sala del Consiglio del Palazzo Comunale di Cambiano il «corpus» di opere e di documenti concorre a delineare la vita e la storia artistica di Grosso a partire dagli studi giovanili, fino alla formazione presso l’Accademia Albertina, dai ritratti dei genitori a quelli dei figli e della moglie Carolina. Tale sezione rivela i momenti salienti di un percorso che nel 1895 raggiunge l’importante palcoscenico della Biennale Internazionale di Venezia, dove il quadro Il supremo convegno farà un tale scalpore da essere condannato dal Patriarca Giuseppe Sarto, il futuro Pio X. Tra le altre opere, emerge anche, imponente e suggestivo, Il Pater Noster.
Il Pater Noster (Sacra Famiglia), 1934
Olio su tela, cm 198 x 271,5
Firmato e datato in basso a sinistra
Palazzo Comunale, Cambiano
Nelle sale della Pinacoteca dell’Accademia Albertina di Belle Arti, viene descritta l’opera del Maestro, per decenni titolare della Cattedra di Pittura presso la prestigiosa Istituzione torinese. In questo contesto si ammirano paesaggi e vedute urbane, bozzetti inediti, nature morte, composizioni floreali, ritratti e nudi femminili, tutte opere di assoluto rilievo. Tra esse spiccano La nuda del 1896, conservata alla GAM di Torino, i sontuosi ritratti di Umberto I, della Regina Elena e di Vittorio Emanuele III di Savoia, fino al dipinto su cui Grosso diede l’ultima pennellata poco prima di morire, nel 1938.
Particolarmente affascinante è la sezione «Studium», curata dal Direttore Salvo Bitonti e da Fabio Amerio, che propone la ricostruzione dello studio di Giacomo Grosso sito all'interno dell’Accademia, attraverso le sorprendenti fotografie autocrome stereoscopiche scattate all’inizio del Novecento da Ferdinando Fino, mentre un video, realizzato con la collaborazione di Lino Strangis, racconta il mondo pittorico dell'artista con la tecnica sofisticata e innovativa del «painting motion».
Regina Elena, 1904
Olio su tela, cm 275 x 170
Firmato e datato in basso a destra
Regione autonoma Valle d’Aosta (inv. 2033)
Al Museo Accorsi-Ometto campeggiano i grandi ritratti: personalità della cultura, affascinanti signore dell’aristocrazia e dell’alta borghesia, tutti raffigurati con sorprendente capacità compositiva ed espressiva. Lidia Bass Kuster (1903), Luisa Chessa (1903), Daisy de Robilant Francesetti di Malgrà (1897), La Contessa Gallo (1918), Eleonora Guglielminetti Vigliardi Paravia (1919), L’ingegner Vittorio Tedeschi (1925) con i loro volti signorili, gli sguardi profondi e i sontuosi vestiti esprimono il senso della ricerca visiva di Grosso e la straordinaria definizione degli interni. Affianca i dipinti una serie di accessori, emblemi del gusto in voga tra XIX e XX secolo: cappelli, ventagli di piume di struzzo, scarpe da sera in raso e guanti in camoscio, provenienti dalle collezioni del Liceo Artistico Aldo Passoni di Torino e due abiti, l’uno parte di una collezione privata di abiti d’epoca, l’altro appartenente alla celebre Sartoria Devalle.
Vaso di rose, 1916
Olio su tela, cm 70 x 50
Firmato e datato in basso a destra
Collezione privata
Courtesy Galleria Il Portico, Pinerolo
Infine, nella Corte Medievale di Palazzo Madama è conservata l’imponente «Cornice d’alcova» di Giacomo Grosso, cornice scolpita e dorata raffigurata in numerosi quadri. Al suo interno è collocata - fino al 23 ottobre - una significativa tela del 1907, la Ninfea, esposta nello stesso anno alla Biennale Internazionale di Venezia.
La mostra, a ventisette anni dall'antologica ospitata alla Promotrice delle Belle Arti di Torino, costituisce, quindi, una nuova occasione di riflessione e di aggiornamento su un «Maestro dell’Accademia Albertina» di indiscusso talento, di altissimo valore tecnico-artistico e dalla rilevante personalità.

I Maestri dell’Accademia Albertina

GIACOMO GROSSO. Una stagione tra pittura e Accademia
Fino al 28 gennaio 2018

MUSEO DI ARTI DECORATIVE ACCORSI - OMETTO
Via Po 55, Torino
T. 011 837 688 int. 3; info@fondazioneaccorsi-ometto.it
Orari: da martedì a venerdì 10-13; 14-18; sabato e domenica 10-13; 14-19; lunedì chiuso
www.fondazioneaccorsi-ometto.it

PINACOTECA DELL’ACCADEMIA ALBERTINA

Via dell’Accademia Albertina 8, Torino
T. 011 08973 7; pinacoteca.albertina@copatitalia.com
Orari: lunedì, martedì, giovedì, venerdì, sabato, domenica e giorni festivi 10-18 (ultimo ingresso alle 17.30); mercoledì chiuso
www.pinacotecalbertina.it

PALAZZO COMUNALE DI CAMBIANO
Piazza Vittorio Veneto, Cambiano
T. 011 944 01 05 int. 6; info@comune.cambiano.to.it
Orari: da martedì a domenica 15-18; sabato e domenica 10-12.30; lunedì chiuso
Ingresso gratuito
www.comune.cambiano.to.it

Fino al 23 ottobre 2017
PALAZZO MADAMA
Museo Civico d’Arte Antica
Piazza Castello, Torino
T. 011 443 35 01; palazzomadama@fondazionetorinomusei.it
Orari: da lunedì a domenica 10-18 (la biglietteria chiude alle 17); martedì chiuso
www.palazzomadamatorino.it

giovedì 28 dicembre 2017

MIRÓ. SOGNO E COLORE

Joan Miró
Femme dans la rue, 1973
Oil on canvas, 195x130 cm
© Successió Miró by SIAE 2017
Archive Fundació Pilar i Joan Miró a Mallorca
Foto: Joan Ramón Bonet & David Bonet
Terminerà il 14 gennaio prossimo la mostra MIRÓ. SOGNO E COLORE, dedicata al celebre artista catalano, a cura di Pilar Baos Rodríguez.
Se le cronache restituiscono da qualche tempo gli esiti delle battaglie politiche e civili della regione indipendentista spagnola - senza entrare nel merito della questione, forse col beneplacito dello stesso Mirò - l'arte, attraverso i suoi codici universali, offre dell'attualità una visione  decisamente più colorata e sfaccettata.
Come sottolinea la direttrice dei Musei Reali di Torino Enrica Pagella:"I Musei Reali ospitano un nuovo appuntamento con l’arte moderna e con uno degli artisti che ne hanno maggiormente segnato la storia. L’esposizione approfondisce il momento più felice della ricerca dell’artista, tra il 1956 e il 1983, anno della morte, ed evidenzia opportunamente le radici storiche e visive che l’hanno alimentata."
Joan Miró (Barcellona, 1893 - Palma di Maiorca, 1983) ha difatti attraversato un lungo arco temporale che gli ha permesso di militare tra le fila di svariati movimenti d'avanguardia: fauvisme negli anni '10 del Novecento, surrealismo negli anni '20, astrattismo di matrice americana negli anni '60 e di accostarsi ai linguaggi sperimentali del proprio tempo.

          130 opere, quasi tutti olii di grande formato, si susseguono nelle sale di Palazzo Chiablese grazie al generosissimo prestito della Fundació Pilar i Joan Miró a Maiorca, che conserva la maggior parte della produzione creata  durante la permanenza sull’isola. Qui, dal 1956 sulle colline di Cala Major, ha sede Taller Sert spazio progettato dall'amico docente e architetto Josep Lluis Sert, con lo studio Son Boter luogo creativo e buen retiro dell'autore per oltre venticinque anni. L'esposizione presenta capolavori degli anni Sessanta e Ottanta del secolo appena trascorso quali Femme au clair de lune (1966),  Femme dans la rue (1973), a sottolineare il profondo interesse che nutrì per il genere femminile, assieme a opere realizzate negli ultimi anni di carriera con materiali di riciclo accumulati con acribia collezionistica nel corso di una vita.
Nella sezione "Studio di Mirò" una teca raccoglie alcuni di questi oggetti: la foto di un Moai, una scatola di acquerelli di importazione giapponese, l'immagine dell'Onda di Hokusai, un fischietto in ceramica del tipico artigianato maiorchino, una pigna, un segmento di bambù, pastelli francesi, una valva di conchiglia, oltre a manufatti antropomorfi dalle fogge primitive. Metafora della propria poetica e al tempo stesso simboli di un preciso modo di intendere il processo creativo: "Il mio studio è come un orto. Lavoro come un giardiniere o un viticoltore. Le cose maturano lentamente, il mio vocabolario di forme, ad esempio, non l'ho scoperto in un sol colpo", ebbe ad affermare.
Joan Miró
Oiseaux, 1973
Oil and acrylic on canvas, 115,5x88,5 cm
© Successió Miró by SIAE 2017
Archive Fundació Pilar i Joan Miró a Mallorca
Foto: Joan Ramón Bonet & David Bonet
          Certamente il suo metodo di lavoro, seppur meticoloso e ragionato, deve molto all'automatismo psichico del Surrealismo, movimento cui Mirò aderì e che conferì quella parte gestuale predominante in tutta la sua produzione, fondamentale nell'instaurare un dialogo diretto e autentico col proprio pubblico. La successione non diacronica delle opere tende dunque ad evidenziare alcuni assunti basilari dei differenti periodi della sua parabola artistica.
Fra le aree tematiche in cui è suddivisa l'esposizione, ampio spazio è dedicato alle "Radici", al principio di tutte le cose: "La terra, la terra, nient'altro che la terra. Qualcosa di più forte di me", come si legge fra le sue dichiarazioni. Così un grande olio su tela, non datato, dai colori acquosi, terrosi, stesi di getto, gli olii su cartone realizzati dal 1917 al 1978 esprimono una fisicità e  una cromìa primitive trasversali rispetto all' evoluzione stilistica. Abile ceramista, Mirò tradusse plasticamente tale ancestralità in maniera quasi tautologica, ad esempio nella scultura antropomorfa in ceramica, terracotta e porcellana e in quella zoomorfa in ceramica e terracotta, entrambe del 1980.

          Ma la ricerca di Mirò non si sofferma su un singolo aspetto, egli attinge liberamente alla scrittura ideografica giapponese in opere monocrome degli anni Settanta, così come all'estetica organica di Gaudì, nelle 10 maquette dai profili vivacemente colorati. Nulla gli è indifferente sul piano formale, pertanto ad una ripetitività dei soggetti corrispondono soluzioni tecniche che mescolano gouache, inchiostro, matita, pastelli e collage su carta; oppure i quadri astratti si compongono di un felice intreccio di olio, pastello e cera su masonite; olio e matita coesistono in un tratto sottile e lineare su compensato. Infine con opere ardite in cui si combinano giornale, guazzo, inchiostro, corda legno e filo metallico la superficie della tela raggiunge una spazialità di consistenza scultorea.
Soluzioni nelle quali l'eleganza formale si fonde con una purezza concettuale articolata sulla combinazione di pochi essenziali colori: bianco per il fondo, nero per pennellate repentine e rosso per polarizzare lo sguardo su un'area focale. Per passare dopo tanto trionfo di materiali ad opere minimaliste, vicine ai monocromi suprematisti.
"Mi sforzo di raggiungere il massimo della chiarezza, della potenza e dell'espressività plastica, cioè di provocare per prima cosa una sensazione fisica per poi arrivare all'anima." Adottando, se occorre, il fraseggio dirompente del proprio tempo: espressionismo astratto di Pollock (con l'uso del dripping, come testimoniato da un video in mostra), di Johns, il new dada di Rauschenberg, o il graffitismo di Twombly e Basquiat, perché, al di là di asettici campanilismi, non omise di ammirare "molto l'energia e la vitalità dei pittori statunitensi".

          La rassegna torinese presenta, nel corso dell'articolato percorso, 24 opere di piccolo e medio formato su carta e cartoncino, ad olio e gouache su foglio di giornale, ad inchiostro, olio e collage su carta, oltre ad acqueforti e acquetinte su carta, dove nuovamente ritornano i soggetti prediletti: Femme, il pastello Paysage, il monocromo L'oiseau s'envolve vers l'ile deserte. In questa sezione  - "Le principali influenze di Mirò" -, le immagini tratte dalla rivista d'arte "Derrière le miroir" e le incisioni per il poema di Pablo Neruda "El sobreviviente visita los pàjaros", dialogano con le parole: essenziali come arabeschi, eleganti come la calligrafia cufica, perché: "Il pittore lavora come il poeta: prima viene la parola, poi il pensiero".
Per concludere, la sezione il "Vocabolario della forma" rappresenta l'epilogo di una vita spesa per l'arte, al termine della quale la semplificazione del significante diventa manifesto di assoluta libertà, dove "Le forme germogliano e mutano, si interscambiano e così creano la realtà di un universo di segni e di simboli". Una realtà che genera atmosfere oniriche, con emergenze di rossi, gialli, blu, verdi saturi, sublimati nella sala conclusiva da proiezioni a soffitto ritmate sulle note musicali di una melodia magica e fiabesa.

MIRÓ. SOGNO E COLORE

Dal 4 ottobre 2017 al 14 gennaio 2018
Palazzo Chiablese
Piazzetta Reale
Info: 011024301
www.mostramirotorino.it

lunedì 18 dicembre 2017

CARLO BONONI A FERRARA

Carlo Bononi
Trinità adorata dai Santi, 1616-17
Ferrara, chiesa di Santa Maria in Vado
La Fondazione Ferrara Arte con le Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea di Ferrara in collaborazione con i Musei di Arte Antica del Comune di Ferrara, presentano nelle sale di Palazzo dei Diamanti, CARLO BONONI. L'ultimo sognatore dell'Officina ferrarese, a cura di Giovanni Sassu e Francesca Cappelletti, prima mostra monografica dedicata a un autore e a un periodo, il Seicento ferrarese, spesso offuscati dalla magica stagione rinascimentale degli Este.
Carlo Bononi
Annunciazione, 1611
Olio su tela, cm 286 x 196
Gualtieri (RE), Santa Maria della Neve
Pittore naturalista, autore di grandi cicli decorativi sacri e di pale d’altare, Carlo Bononi (1569?-1632) in anni di contrasti religiosi, terremoti e pestilenze, elabora un personale linguaggio pittorico fondato sul sapiente uso della luce e sul magistrale ricorso alla teatralità tale da annoverarsi fra i primi pittori barocchi della penisola.
Guido Reni, a pochi anni dalla morte, ne esalterà la «sapienza grande nel disegno e nella forza del colorito». Un secolo dopo i viaggiatori del Grand Tour, da Charles Nicolas Cochin a Johann Wolfgang Goethe ne riconoscono le qualità artistiche; l’abate Luigi Lanzi nella Storia pittorica d’Italia lo definisce «un de’ primi che l’Italia vedesse dopo i Caracci». Jakob Burckhardt nel "Cicerone" (1855) davanti alle decorazioni di Santa Maria in Vado si dichiarava convinto di trovarsi di fronte al prodotto di una delle menti più brillanti del suo tempo.
Carlo Bononi
Pietà, c. 1623
Olio su tela, cm 244 x 124,5
Ferrara, chiesa delle Sacre Stimmate
Giunto a Ferrara il 16 ottobre del 1786, Johann Wolfgang Goethe trova una città «bella, grande [ma] piatta e spopolata». L’unica cosa che lo rallegra nel corso del brevissimo soggiorno è «la geniale trovata d’un pittore, autore di un San Giovanni Battista davanti ad Erode ed Erodiade» nella chiesa di San Benedetto, nel quale due cagnolini, uno sbucato da sotto la veste di Erodiade, abbaiano al profeta mal vestito e seminudo. Goethe non conosce l’autore di quel quadro e non sa che 26 anni prima il padre, Johann Caspar, era rimasto colpito dalle opere realizzate dallo stesso pittore nelle chiese di San Cristoforo alla Certosa e di Santa Maria in Vado, al punto da ricordarne la sepoltura avvenuta in quest’ultimo luogo. Il quadro che tanto colpì Goethe junior non esiste più: il bombardamento del 28 gennaio 1944 su San Benedetto se l’è portato via e oggi lo conosciamo attraverso un’incisione di Andrea Bolzoni.
Giovanni Lanfranco
Sant’Agata curata da san Pietro e l’angelo, c. 1613-14
Olio su tela, cm 100 x 132
Complesso Monumentale della Pilotta, Galleria Nazionale di Parma
Su concessione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo
Artista prolifico, grandissimo disegnatore, inquieto sperimentatore e infaticabile viaggiatore, si misurò con le novità provenienti dalla Venezia di Tintoretto, dalla Bologna dei Carracci fino alla Roma di Caravaggio e di Lanfranco. Roberto Longhi, nel 1934, quando il Seicento estense è ancora lontano dall’essere compreso, lo definisce «l’ultimo grande pittore ferrarese», assegnando a lui - e non al più noto (e studiato) Scarsellino - il ruolo storico di chiudere la grande stagione dell’Officina.
Eccezion fatta per la monografia di Andrea Emiliani del 1962 e per il periodo che lo vide attivo a Reggio Emilia tra il 1616 ed il 1629 la sua carriera risulta di difficile ricostruzione. La mostra ferrarese attraverso nuove ipotesi critiche e una serie di confronti con maestri quali Guercino e Guido Reni, ritrae un Bononi "nuovo", figlio e protagonista del suo tempo.
Il percorso inizia mettendo a confronto un’opera della maturità, la Pietà - commissionata dal drammaturgo e poeta ferrarese Ascanio Pio di Savoia entro il 1624 per la chiesa ferrarese delle Sacre Stimmate -, con i dipinti di Carracci e Carracci, due artisti con cui Carlo instaurerà una dialettica forte e duratura.
Carlo Bononi
Madonna col Bambino in trono con i santi Francesco, Matteo e Giovanni Battista, 1623-25
Olio su tela, cm 144 x 91
Collezione privata
Attorno al 1602 si attestano le opere d’esordio: qui la tradizione cromatica di Dosso Dossi si coniuga con la Venezia contemporanea. Altrove è la svolta impressa in particolare da Ludovico Carracci, ad esempio nella Madonna col Bambino e i santi Giorgio e Maurelio del Kunsthistorisches Museum di Vienna, prima commissione pubblica del pittore per i Consoli alle Vettovaglie; oppure nella muscolare ed elegantissima Sibilla della Fondazione Cavallini-Sgarbi, già nell’Oratorio di Santa Maria della Scala. La piena affermazione di Bononi in centri come Mantova (1614) e Reggio Emilia (1616), preannuncia la grandiosa impresa di Santa Maria in Vado, composta dai magniloquenti teleri dei soffitti della navata e del transetto ma, soprattutto, dall’avvolgente decorazione del catino absidale (terminati nell’agosto del 1617), ove soluzioni formali di stupefacente modernità, desunte in particolare da Palma il Giovane, competono con la cupola di Sant’Andrea della Valle a Roma dipinta da Lanfranco (1625-27), considerata l’atto di fondazione della decorazione barocca.
Guido Reni
San Sebastiano, c. 1616
Olio su tela
Genova, Musei di Strada Nuova, Palazzo Rosso
Opere ardite il cui sperimentalismo è riscontrabile ancora nella decorazione del Santuario della Beata Vergine della Ghiara a Reggio Emilia (1622), come testimoniano in rassegna la mirabile serie di disegni preparatori e la Giunone di collezione privata, proveniente dai soffitti di una casa ferrarese o, secondo alcuni studiosi dallo stesso Palazzo dei Diamanti.
È in questo frangente che Bononi mette a punto una formula espressiva che unisce gli stilemi di Correggio con il classicismo di Guido Reni, coniugando la sensualità del nudo con le esigenze votive e rappresentative in voga in quegli anni, fino a costituirne un proprio tratto peculiare, specie in capolavori come l’Angelo custode (Ferrara, Pinacoteca Nazionale) dalla chiesa di Sant’Andrea o il San Sebastiano della Cattedrale di Reggio Emilia.
Carlo Bononi
San Sebastiano, c. 1622-23
Olio su tela, cm 250 x 160
Reggio Emilia, Cattedrale
Terminate le decorazioni di Santa Maria in Vado Carlo Bononi si reca a Roma, dove entra in contatto con il naturalismo di Caravaggio e con gli artisti impegnati a sperimentare nuovi mezzi espressivi: Orazio Borgianni, Carlo Saraceni, Giovanni Lanfranco e, forse, Simon Vouet.
Oltre ai dipinti in mostra San Paterniano che risana la cieca Silvia di Fano e il Genio delle arti, all'esperienza romana risalgono committenze legate al tema della musica, materia che l’artista doveva aver praticato vista la familiarità con Antonio Goretti, melomane e mecenate in contatto con personalità del calibro di Monteverdi.
Capace di affrontare opere di considerevoli dimensioni in pochissimo tempo, Bononi è anche un lirico cantore di dipinti di formato ridotto, ai quali è dedicata un'apposita sezione: il percorso diacronico rivela uno splendido colorista in ambito sacro (come nella Raccolta della manna di collezione privata, un tempo in Santa Caterina a Ferrara) nonché creatore di forme profane tanto minute quanto possenti (Enea fugge da Troia in fiamme con Anchise e Ascanio della Collezione Grimaldi Fava).
Carlo Bononi
San Ludovico scongiura la peste, 1632
Olio su tela, cm 140 x 180
Vienna, Kunsthistorisches Museum, Gemäldegalerie
Dopo il 1625, negli anni della piena maturità, Carlo si mostra capace di dispiegare con sapienza diversi registri espressivi. Nuove commissioni prestigiose provengono fra le altre dalla duchessa di Modena Eleonora d’Este per la pala della cappella di famiglia in San Domenico.
La parabola artistica e umana di Carlo si chiude a Ferrara nel 1632, non senza qualche difficoltà, avendo raggiunto l'equilibrio tra sentimento e religiosità. L’incompiuto San Luigi di Francia invoca la fine della peste del Kunsthistorisches Museum di Vienna, commissionato dal Maestrato di Ferrara in occasione dell’epidemia del 1630, ne rappresenta il testamento poetico: un patrimonio di dolcezza, suadenza e malinconia che la mostra di Palazzo dei Diamanti colloca, com'è doveroso, al fianco dei grandi artisti della scuola di Ferrara: Cosmè Tura, Francesco del Cossa, Ercole de’ Roberti, Garofalo e Dosso Dossi dei quali fu l’ideale continuatore.

CARLO BONONI
L'ultimo sognatore dell'Officina ferrarese

Dal 14 ottobre 2017 al 7 gennaio 2018
Palazzo dei Diamanti - Ferrara
Orario: tutti i giorni dalle 9 alle 19. Aperto anche il 25 e 26 dicembre e il 1 e 6 gennaio. Apertura serale straordinaria fino alle 23,30 il 31 dicembre.
Per informazioni: tel. 0532 244949; diamanti@comune.fe.it
www.palazzodiamanti.it

martedì 21 novembre 2017

CESARE FERRO E TOMMASO JUGLARIS AL CIRCOLO DEGLI ARTISTI



Si terrà giovedì 23 novembre p.v. alle ore 18,30 presso il Circolo degli Artisti, in via Bogino 9 a Torino, la conferenza dal titolo "Cesare Ferro e Tommaso Juglaris, due presenze oltreoceano", a cura del giornalista e storico dell'arte Gian Giorgio Massara. Attraverso una selezione di immagini si ricostruiranno le vicende dei due maestri piemontesi e delle rispettive esprienze in terra straniera. Cesare Ferro Milone (Torino, 1880 - Usseglio, 1934) soggiornò in Siam, dove fu stimato pittore e ritrattista di corte, Tommaso Juglaris (Moncalieri, 1844 - 1925 ) si recò più volte negli Stati Uniti, dove insegnò ed eseguì fra l'altro il monumentale fregio nella biblioteca Ray Memorial di Franklin (Massachusset) e l'importante ciclo pittorico nella cupola del Campidoglio dello Stato del Michigan. Due figure a confronto che tra successi e difficoltà seppero affermare il loro talento oltre i confni nazionali.
Per informazioni: t. 011 8128718
www.circolodegliartistitorino.it

lunedì 20 novembre 2017

1957-2017. 60 ANNI DELL'ASSOCIAZIONE ARTISTICA "ANDREA ZERBINO"

Anna Borgarelli
Il viaggio delle note di Antonio Vivaldi

Acquerello, cm 50 x 70
Foto: Tiziano Rossetto
L'Associazione Artistica e Culturale "Andrea Zerbino" festeggia i suoi primi 60 anni di attività con una rassegna documentaria nei locali del "Ridotto Vivaldi" della Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino, per testimoniare con le opere di oltre cinquanta soci, i catalaghi delle mostre passate e i contributi critici di firme prestigiose, le tappe fondamentali di un percorso costellato di successi e di esposizioni in Piemonte e fuori regione.
Un'opera meritoria che ha permesso di diffondere la cultura e l'arte, grazie all'accurata direzione di Luisella Zerbino e di Alberto Vattiata, rispettivamente figlia e nipote del pittore Andrea Zerbino (Genova, 1914 - Torino, 1980), fondatore dell'Associazione Artemisia, nucleo originario dell'attuale Istituzione culturale.
Ines Daniela Bertolino
Trema l'erba d'intorno

Olio su tela, cm 70 x 100
Foto: Tiziano Rossetto
Sono molti gli artisti i quali con il loro stile inconfondibile hanno reso omaggio ad una realtà ben radicata nel panorama artistico piemontese. Opere storiche come le eleganti sculture di Quinto Airola e di Piero Ducato trovano posto accanto all'eccellente prova di gusto figurativo dello stesso Zerbino. Il paesaggio a olio di Giovanni Gatti, le Montagne Innevate di Michele Mininni, oppure l'acquerello di Franco Mazzonis che ritrae in toni seppia e delicate lumeggiature l'ingresso della Galleria Subalpina siglano una continuità stilistica con gli scenari dipinti sulla scorta del realismo pittorico di Umberto Allemani, di Renzo Bortoluz, di Gaetano Rizzari e Raul Viglione.
Martino Bissacco
Tramonto in Engadina

Olio su tela, cm 60 x 88
Foto: Tiziano Rossetto
Connota il percorso la notevole varietà di soggetti, con la natura declinata nelle sue molteplici forme, atttraverso i colori vivaci di Ines Daniela Bertolino, l'indaco evanescente dei Ciliegi innevati di Giorgio Cestari, le calde sfumature di Gilberto Francisetti e la delicata tavolozza di Elda Mantovani.
Altre volte il naturalismo volge verso esiti più informali: è il caso dell'Autunno in Langa di Rosanna Bonavia o dei Ricordi del Monferrato di Michela Fischetti o dei nembi turbinosi di Gabriella Malfatti (Quien sabe la vez(?)) o ancora del Settembre di Angela Pansini, fino ad arrivare all'espressionismo astratto del Tramonto in Engadina di Martino Bissacco.
Corrado Alderucci
Prigionieri di un mondo che ci lascia solo sognare

Acrilico su vinile, cm 60 x 70
Decisamente pop, improntata sui codici del linguaggio pubblicitario, l'ironica composizione di Davide Borsella. Affidati alla sintesi di nitide campiture cromatiche sono invece il panorama della Torino notturna di Natalia Alemanno e la fiabesca composizione Guido Appendino. Ad essi si aggiunge il surrealismo di Corrado Alderucci, l'astrattismo materico di Laura Zecchini, il simbolismo di Maurizio Sicchiero e l'installazione polimaterica di Claudio Pepino. Completano la rassegna il colorismo del maestro Gianni Sesia della Merla e di molte altre firme prestigiose di indiscutibile valore, tali ad ottenere una tessitura polifonica di assoluta originalità tecnico-espressiva.

Davide Borsella
Cappelletti in brodo

Acrilico, cm 100 x 80
Foto: Tiziano Rossetto
La giornata inaugurale ha fornito l'occasione per acquisire due dipinti da aggiungere alla collezione permanente della Biblioteca, scelti per la loro consonanza alle caratteristiche peculiari del luogo. Si tratta dell'acquerello Il viaggio delle note di Antonio Vivaldi di Anna Borgarelli - delicato ritratto rococò del compositore venezianio sulla qiunta notturna di un palazzo nobiliare della Serenissima -, e dell'acrilico Io sono un libro di Lia Laterza, ove dietro una teoria di libri - si direbbe, quasi un cippo edificato in memoria degli antichi padri della letteratura e delle loro muse - campeggia la facciata settecentesca delle antiche scuderie di Palazzo Carignano, attestata su piazza Carlo Alberto, ove ha sede l'attuale Biblioteca, deposito legale della produzione libraria piemontese.
Il catalogo è a cura di Gian Giorgio Massara, Angelo Mistrangelo, con un testo di Luigina Moretti.
Lia Laterza
Io sono un libro

Acrilico, cm 60 x 80
Elenco Artisti: (Soci d'un tempo) Airola Quinto, Calligaris Dante, Caresio Giuseppe, Crepaldi Sergio, Cimberle Aldo, Ducato Piero, Gatti Giovanni, Giacchino Arturo, Martinengo Franco, Mininni Michele, Mazzonis Franco, Zerbino Andrea, Zerbino Emilio. (Soci attuali): Alderucci Corrado, Alemanno Natalia, Allemani Umberto, Antonello Simone, Appendino Guido, Bellini Edoardo, Bertolino Ines Daniela, Bissacco Martino, Blisa Maria Rosa, Bonavia Rosanna, Borgarelli Anna, Borsella Davide, Bortoluz Renzo, Branca Antonio,Carpani Adriano, Cestari Giorgio, Delloste Lidia, Fiore Maria Grazia, Fischetti Michela, Francisetti Gilberto, Goria Zerbino Mariuccia, Laterza Lia, Malfatti Gabriella, Manis Marisa, Mantovani Elda, Mapelli Adelma, Negro Franco, Palumbo Annamaria, Pansini Angela, Pastore Elio, Pepino Claudio, Quaglieri Rossella, Reggiani Bellini Maria Rita, Ricci Lea, Rizzari Gaetano, Sesia della Merla Gianni, Sicchiero Maurizio, Veremejenko Tatiana, Viglione Raul, Vitali Roberto, Zecchini Laura.

1957-2017. 60 ANNI DELL'ASSOCIAZIONE ARTISTICA A. ZERBINO"
Dall'11 al 25 novembre 2017
Biblioteca Nazionale Uniersitaria
Piazza Carlo Alberto, 3 - Torino
Orario: dal lunedì al venerdì 10-18; sabato 10-13

mercoledì 25 ottobre 2017

LA NATURA DELLE FOGLIE

Nell’ambito della rassegna "Come le foglie", organizzata dal Comune di Colleretto Giacosa e articolata in varie sedi, è in corso fino al 29 ottobre 2017  l’originale esposizione LA NATURA DELLE FOGLIE, selezione di materiali attinenti a quattro mostre prodotte dal Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino (MRSN): Fogli botanici, Grandi alberi fuori dal bosco, Il gelso, albero dimenticato nel paesaggio agrario piemontese e Vita vegetale. Piante locali e piante venute da lontano.
L'esposizione, affiancata da campioni botanici essiccati presenti nel paesaggio vegetale piemontese, è accompagnata dalla presentazione di prodotti artistici e gastronomici, ispirati al tema delle foglie. Sono anche presentate alcune proposte operative per riconoscere piante invasive del territorio, come l'ailanto e il sorgo selvatico, e imparare a controllarne la diffusione.

Sedi espositive:
Colleretto Giacosa (To)
Fogli botanici | Ristorante del Monte, Pizzeria Giacosa, Vetrine dei negozi
Grandi alberi fuori dal bosco | Hotel Ristorante Villa Soleil
Piante locali e piante venute da lontano | Salone Piero Venesia
Chiaverano (To)
Il gelso, albero dimenticato nel paesaggio agrario piemontese | Locanda del Panigaccio
Presso ciascuna sede sono in distribuzione opuscoli informativi sui diversi temi botanici.
Per informazioni: Comune di Colleretto Giacosa - Tel. 0125.76125; colleretto.giacosa@canavese.to.it

giovedì 5 ottobre 2017

LA PASSIONE DEL GRANO


Salvatore Pagano
(Pastore e artigiano del legno, Stigliano - Matera)
70 spighe di grano intrecciate a corona
Datazione incerta
Foto: © Parco Arte Vivente
Con questa nuova mostra il PAV intende concentrare l’attenzione dell’ecologia politica sul problema della terra come bene comune ed elemento di produzione e riproduzione, un tema che tanto la modernità capitalista quanto quella socialista liquidavano come "arcaico". La terra torna ora di grande interesse, nel momento in cui al centro della produzione contemporanea non ci sono più soltanto il lavoro remunerato della fabbrica e quello non remunerato della donna di casa, come da anni afferma Mariarosa Dalla Costa. Quello che si aggiunge ora è una nuova considerazione del "lavoro della terra" su scala globale, nel nord e nel sud del mondo.
Wurmkos
La passione del grano, 2017
Installazione ambientale
Foto: © Parco Arte Vivente
Il progetto LA PASSIONE DEL GRANO, che il gruppo Wurmkos ha pensato per il PAV, si ispira al mondo del lavoro contadino, legato ai riti e alla cultura popolare radicati nel territorio lucano. I rituali popolari sono polisemici e rappresentano il momento simbolico per eludere ciò che Ernesto De Martino chiama la "crisi della presenza". Ovvero la capacità di conservare nella memoria l’esperienza necessaria per rispondere in modo adeguato a una determinata situazione storica. Il rito aiuterebbe l’uomo a sopportare la crisi della presenza che si avverte di fronte alla natura, offrendo modelli rassicuranti da seguire. E questo avviene simbolicamente nell’ambivalenza insita nella "mietitura" poiché è un’operazione che deve - nello stesso tempo - uccidere/sacrificare il grano e metterlo a disposizione degli uomini.

Lino Del Fra
(con pseudonimo Antonio Michetti)
La passione del grano, 1960
Durata: 11'00''
Still da video
Il PAV è presentato il film etnografico La Passione del Grano, girato nel 1960 dal documentarista politico italiano Lino Del Fra. I dieci minuti del documentario, da cui il progetto di Wurmkos prende il titolo, ci mostrano uno spaccato importante della vita rurale nel Sud Italia. In Lucania, nel periodo della mietitura (ancora negli anni ’60) si svolgeva un antico rituale contadino, nel quale i braccianti mettevano in scena una sorta di "vendetta" per la morte del grano. Per farlo, questi cacciano e uccidono un capro, animale mitologico responsabile della morte delle messi e del periodo di "vuoto vegetale" (l’inverno). Poi giunge una donna, che viene svestita al fine di donare le sue vesti ai campi, un passaggio altamente simbolico del rituale che auspica un ritorno alla fertilità dei campi, con l’arrivo della primavera.
Cénte
Dimensioni variabili
Workshop "La passione del grano"
PAV - 24 e 25 giugno 2017
Foto: © Parco Arte Vivente
Il 24 e 25 giugno 2017, nel workshop omonimo, condotto dalle Attività Educative e Formative a cura di Orietta Brombin,  è stato mostrato materiale video e fotografico di eventi, feste e rituali che ci giungono dalla cultura contadina. Con la guida dei legatori di gregne e scigli di grano di Episcopia (Basilicata), sono state raccolte le spighe di grano, poi lavorate e intrecciate alle strutture disegnate, progettate e costruite dagli stessi partecipanti. Le strutture vernacolari, realizzate con canne, giunchi di ulivo, su cui intrecciare le spighe con rafia naturale, fanno parte dell’installazione collocata nella corte del museo. L'opera fa parte ora della mostra, nella quale sono esposti anche documenti di archivio della cultura contadina: oggetti, fotografie, testimonianze, insieme a opere appositamente create dal gruppo Wurmkos. Le fotografie di Ando Gilardi e Franco Pinna testimoniano le tappe storiche del lavoro di Ernesto De Martino.
Wurmkos
Disegni, piccoli oggetti, annotazioni, libri, fotografie,
tra cui uno scatto di Ando Gilardi risalente agli anni'50

Particolare
Foto: © Parco Arte Vivente
Il progetto Wurmkos nasce nel 1987, con l’intento di creare un "luogo" per mettere in relazione arte e disagio psichico. Si istituisce come laboratorio d’arte visiva, nel quale si incontrano artisti (sia affetti da qualche forma di disagio psichico, sia non), critici, operatori del settore. Nei trent’anni intercorsi dalla nascita, attorno al progetto Wurmkos, si è consolidato un piccolo gruppo permanente attorno al quale, di volta in volta, si sono avvicendate circa un centinaio di persone.Nel 2011 si costituisce Fondazione Wurmkos onlus.
Fanno parte del collettivo: Susanna Abate, Adele Bressa, Elisabetta Bulgarelli, Marco Campanella, Pasquale Campanella, Caterina Caserta, Marinella Cisari, Roberta Colombo, Savino Crudele, Angela Di Bartolomeo, Isabella De Robertis, Salvatore Fede, Giuseppe Giacoia, Silvia Guerri, Pietro Marconi, Jelena Milosevic, Elisabetta Notarangelo, Mauro Panzeri, Sofia Paravicini, Patrizio Raso, Michael Rotondi, Antonio Valente.
Logo Wurmkos

LA PASSIONE DEL GRANO
Wurmkos

a cura di Marco Scotini
30 giugno - 22 ottobre 2017
PAV Parco Arte Vivente
Centro sperimentale d'arte contemporanea
via Giordano Bruno 31, Torino
Orari di apertura: per scuole e gruppi, su prenotazione, da martedì a venerdì; per il pubblico, venerdì ore 15-18, sabato e domenica ore 12-19
T. +39 011 3182235; info@parcoartevivente.it
www.parcoartevivente.it

SALGARI IL VIAGGIO CONTINUA

La navigazione sulle mille rotte dell’universo fantastico salgariano continua ad interessare e a coinvolgere studiosi, scrittori e lettori a testimonianza del valore e della vitalità dell’opera del "Capitano", la cui figura è stata ricordata a Torino durante le numerose manifestazioni organizzate in città per il doppio anniversario di nascita e morte dell’autore nel 2011.
Quest’anno lo scrittore veronese torna ad essere protagonista, grazie a una mostra realizzata in collaborazione con la Fondazione Tancredi di Barolo - MUSLI (Museo della Scuola e del Libro per l’Infanzia), che mira a documentare e approfondire due aspetti della sua vasta produzione letteraria.
Da un lato, sono evidenziati i legami tra la vita e l’opera di Emilio Salgari e la città di Torino, dove lo scrittore si trasferì da Verona e in cui visse per più di 15 anni tra il 1893 e il 1911. Una rassegna delle principali opere pubblicate nella nostra città dagli editori Speirani e Paravia tra il 1894 e il 1904 presenta racconti di viaggio e d’avventura, storie naturalistiche e ambientazioni nei paesi del nord, ma anche traduzioni di romanzi francesi, attività che egli abbandonò poi completamente.
Parallelamente, sono documentati il successo e la popolarità dell’opera salgariana, attraverso una selezione di titoli emblematici che evidenziano come le avventure del "Capitano" siano diventate oggetto nel tempo di traduzioni, di adattamenti e passaggi in svariati media. Dall’antichità classica di Cartagine in fiamme, al Cinquecento di Capitan Tempesta e Il Leone di Damasco, dal ciclo indo-malese con I misteri della Jungla nera, al ciclo dei Corsari, con Il Corsaro Nero e Gli Ultimi Filibustieri sono innumerevoli le trasposizioni dal fumetto, al cinema, alla TV.
Al di là dei numerosi film esplicitamente tratti dai romanzi di Salgari, fin da inizio Novecento personaggi e ambientazioni salgariane diventano fonte d’ispirazione per capolavori del cinema muto: è il caso, per esempio, di Cabiria del 1914, di Giovanni Pastrone, che si ispirò per il soggetto proprio a Cartagine in fiamme, e le cui didascalie furono scritte da Gabriele D’Annunzio.
Sono presenti in mostra anche versioni parodiche e satiriche, tra cui il numero monografico della rivista umoristica «Il Travaso» del 1951 e materiali legati a Giovanna, la nonna del Corsaro Nero, celebre sceneggiato televisivo RAI degli anni ’60.
Ancora per la TV e il cinema, figurano Sandokan e Il Corsaro Nero, interpretati da Kabir Bedi e diretti da Sergio Sollima negli anni ’70, che a loro volta hanno dato vita ad un ricchissimo merchandising, consolidando anche all’estero la popolarità di Salgari.
La mostra presenta inoltre rare edizioni del primo Novecento, disegni originali, giochi, locandine e manifesti e, in particolare, alcuni preziosi manoscritti dell'autore, parte della donazione di Vittorio Sarti pervenuta alla Fondazione nel 2011.
Affianca la mostra la proiezione del filmato "I miei volumi corrono trionfanti. Con Salgari da Torino nel mondo", realizzato dalla Fondazione Tancredi di Barolo nel 2008. Attività per famiglie e scuole sono in programma per tutto il corso dell'esposizione.

SALGARI IL VIAGGIO CONTINUA
I libri del Capitano dalle edizioni torinesi al mondo dei media            
28 settembre 2017 - 18 febbraio 2018
Borgo Medievale - Sala Mostre
Viale Virgilio 107 - Torino
Orario: dal martedì alla domenica ore 10 -19. Ingresso libero.
Per informazioni: t. 0114431701; borgomedievale@fondazionetorinomusei.it
www.borgomedievaletorino.it

sabato 12 agosto 2017

VOCI DAL LUSSEMBURGO

di Gian Giorgio Massara

Mikhail Karikis
Love Is the Institution of Revolution
allestimento mostra al Casino Luxembourg, 2017
Foto: Mike Zenari
LOVE IS THE INSTITUTION OF REVOLUTION è una mostra scelta dai curatori Miguel Amado e Kevin Muhlen ed è ospitata al Forum d'Arte Contemporanea del Casino Luxembourg (41, rue Notre-Dame).
Perché parlare del Lussemburgo a Torino? Nella nostra città vive il Console del Granducato, il notaio Ettore Morone, che ciascun anno in occasione della Festa Nazionale invita a un esclusivo ricevimento. Quest'anno era presente alla manifestazione S.E. l'Ambasciatrice Janine Finck; a far gli onori di casa, la signora Chicca Morone.
L'attuale esposizione riguarda (sino al 15 ottobre) due importanti progetti di Mikail Karikis; entrambi rivestono carattere politico poiché si riferiscono all'avvenire dei giovani nell'era postindustriale in Occidente e ai relativi problemi di carattere sociale, economico, politico e morale.
Mikhail Karikis
Little Demons (Mitch & Eddie), 2017
L'artista considera e raffigura i modi per reinventare siti industriali, in accordo con la justice spatiale, legati all'amore e all'amicizia; opere quindi che invitano al gioco ma altresì alla meditazione, alla realtà oppure al mondo dei sogni.
Occorre tuttavia guardare a ogni futura possibilità nella quale la generazione di giovani si ponga in prima linea riguardo agli attuali cambiamenti.
Chi è Mikail Karikis? Un artista inglese di origini greche che opera a Londra realizzando immagini animate, performances allo scopo di esaminare i riflessi di timbro culturale e psicologico riferiti a dinamiche collettive.
Tine Guns
To Each His Own Mask, 2017
A ottobre 2017 verrà invece inaugurata la mostra TO EACH HIS OWN MASK (Tine Guns), esposizione che nuovamente considera il momento di crisi che il mondo sta attraversando.
Come difendersi? Secondo l'autore Guns occorre porter un masque al fine di superare regimi politici e ristabilire l'ordine. Un rito carnevalesco, dunque, utilizzato a fini sociali.

 
Dal 1 luglio al 15 ottobre 2017
LOVE IS THE INSTITUTION OF REVOLUTION
Mostra di Mikhail Karikis
A cura di Miguel Amado e Kevin Muhlen
 
Dal 4 ottobre al 27 novembre 2017
TO EACH HIS OWN MASK
Mostra di Tine Guns
A cura di Kevin Muhlen
 
Casino Luxembourg

41, rue Notre-Dame
L-2240 Luxembourg
www.casino-luxembourg.lu

mercoledì 5 luglio 2017

MEDITAZIONI SUL COLORE

di Tiziano Rossetto

Ritratto di Giorgia
olio su tela
cm 80 x 80
La ricerca interiore perseguita da Alessandro Fioraso attraverso lo yoga si riflette tanto sulle mete scelte per i viaggi (è stato quattro volte in India) quanto nei soggetti che ama dipingere.
Nelle opere, un realismo pervaso di spiritualità suggerisce la contemplazione del mondo, la meditazione sull’infinitamente grande (lo spirito) e parimenti sull’infinitamente piccolo (i dettagli degli elementi naturali, le gradazioni della luce).
Nella terza mostra personale dell’artista, a cura di Gian Giorgio Massara, che ha curato anche il catalogo, allestita presso la Maison Bleue di Bard (AO), si possono apprezzare numerosi dipinti lungo un percorso scandito da eterogenee immagini.
Lungo il fiume
acrilico su tela
cm 70 x 100
Il volto di una donna dagli occhi vivaci e luminosi si staglia in un’atmosfera da sogno, ove soggetto e sfondo giungono finanche a fondersi in una successione di passaggi sfumati e di più decisi inserimenti cromatici.
La forza di quello sguardo si ritrova altresì nell’espressione di una tigre colta tra le ninfee (Riflessi felini), forse sorpresa in un momento di relax oppure mentre punta una preda.
Gesti quotidiani divengono lo spunto per ragionare sulla condizione dell’uomo immerso nel proprio ambiente: una donna indiana lava i panni "Lungo il fiume", attorniata da un paesaggio che richiama la maestà dell’universo.
Sulla via di Jaisalmer
acrilico su tela
cm 60 x 80
Un’altra figura umana s’incammina Sulla via di Jaisalmer; lunghe ombre ne sottolineano il succedersi dei passi, fra i vicoli di una città senza tempo in cui i raggi del sole al tramonto lambiscono esotiche architetture.
Lo stile di Fioraso muove dal realismo verso il simbolismo e coniuga il visibile con la metafisica; così, "[...] grazie a un’intuitiva ed elegante realizzazione visiva, si definisce l’incredibile complicità di realtà con poesia" (Paolo Levi).

SUGGESTIONI
Mostra personale di Alessandro Fioraso
Dal 18 giugno al 10 luglio
Maison Bleue Art Gallery
Borgo di Bard (AO)
Orari: Venerdì 15 - 19; Sabato e domenica 10,30 - 19
Info: maisonbleuebard@gmail.com;  t. 3485983668

mercoledì 14 giugno 2017

ANGUILLE, MARGHERITE E RAMI DORATI

di Gian Giorgio Massara

Allestimento
La Galleria Davide Paludetto ha inaugurato un'interessante mostra che si protrarrà sino al 22 luglio. È questa l'ultima manifestazione dedicata all'arte contemporanea; nella scorsa edizione si erano potute ammirare - fra le altre - le opere di Ferdi Giardini e Sergio Ragalzi.
Una parete della prima sala è occupata oggi dal grande intervento di Adriano CAMPISI, opera che si completa con un tralcio dorato di rosa; alcuni sacchi di iuta e una ciotola posti su una mensola alludono alla terra in cui lo scultore vive, il vercellese. Le due pareti delimitano spazi tendenti a proporre "interni non rivelati".
Adriano CAMPISI
Conosco ogni spina di questo muro
, 2016
Gesso, legno di rosa, tessuto
cm 270 x 318 x 120
La seconda sala espositiva è di forte impatto poiché - sul grigio pavimento - intenzionalmente scivolano dozzine di anguille lucenti, opache, opalescenti, avviate verso la strada; ne è autore Jessica CARROL, torinese d'adozione. L'installazione è presentata da Michele Bramante che considera l'opera quale "micronarrazione privata". E anguille ancora ritroviamo in una raffinata bronzea sfera che si presenta al visitatore quale invito a entrare nello spazio espositivo (La via dei Sargassi).
Jessica CARROLL
La via dei Sargassi, 2010
Resina poliuretanica
cm 40 x 30 x 4, 150 elementi
Daniela PEREGO, fiorentina, presenta l'opera Arrivederci, una sola parete invasa in modo lieto da una miriade di margherite lavorate all'uncinetto e sapientemente disposte. Mediante l'intervento materiale di "esperte aiutanti", la Perego allude, nella propria composizione, a una sorta di "espiazione collettiva" legata ad antiche saghe familiari.
Infine, le margherite - abbandonata la propria originaria presenza - si traducono in un indice del tempo tendente all'infinito. Il concettuale testo che commenta la mostra, forse affievolisce il sentimento della poesia che s'avverte al primo impatto con l'installazione.
Come sempre, Davide Paludetto propone al pubblico momenti di storia contemporanea sui quali meditare.
Daniela PEREGO
Arrivederci
, 2017
Margherita all'uncinetto
dimensioni variabili
OPENING CONTEMPORARY
Campisi - Carroll - Perego
Dal 6 giugno al 22 luglio
DavidePaludetto ArteContemporanea
Via degli Artisti 10, 10124 Torino
Orario: martedì - sabato 16 - 20; chiuso domenica e lunedì
info@davidepaludetto.com; t. 011 888641; Pagina Facebook

mercoledì 3 maggio 2017

IL VIAGGIO DELL’EROE

Cratere a volute apulo a figure rosse
Pittore di Licurgo, 370-360 a.C.
alt. max 62,8 cm; diam. orlo 32,2; diam. piede 18 cm
Lato A: Teseo uccide il toro maratonio
Lato B: Dioniso e menadi
Collezione Intesa Sanpaolo
La Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli prosegue il percorso di approfondimento sul tema del collezionismo e presenta, per la prima volta, una rassegna dedicata all’archeologia. IL VIAGGIO DELL’EROE, a cura di Federica Giacobello, mostra le figure eroiche del mito greco presenti in 29 vasi (più due incisioni e una pittura a tempera) appartenenti alla collezione di ceramiche attiche e magno-greche di Intesa Sanpaolo. Conservata alle Gallerie d'Italia - Palazzo Leoni Montanari, sede museale della Banca a Vicenza, la raccolta si compone di 522 reperti ed è parte di un vasto patrimonio di 20.000 opere derivante dall'aggregazione di oltre 250 banche confluite nel gruppo Intesa Sanpaolo.
Cratere a colonnette apulo a figure rosse
Pittore di Ariadne, 400-380 a.C.
alt. max 52,5 cm; diam. orlo 37,5 cm; diam. piede 16,8 cm
Lato A: Teseo combatte contro le Amazzoni
Lato B: Ammantati
Collezione Intesa Sanpaolo
La formazione della collezione si deve a Giuseppe Caputi, l'arcidiacono che intorno al 1830 - sulla scorta delle scoperte archeologiche di Schliemann e Winckelmann - iniziò a raccogliere i bei vasi figurati venuti alla luce dagli scavi condotti a Ruvo di Puglia e prodotti tra Atene, la Lucania e l’Apulia stessa. Il suo operato fu continuato dal nipote Francesco Caputi.
Nel secolo scorso la raccolta fu trasferita a Roma e da qui a Milano, conosciuta con il nome di "Collezione H.A." - dall'Hydria Attica, la celebre kalpis raffigurante ceramografi al lavoro. Alla fine degli anni Novanta, i preziosi vasi dipinti entrano a far parte del patrimonio artistico del Gruppo bancario e da allora sono stati interessati da un lavoro di restauro, studio e catalogazione scientifica.
Cratere a volute lucano a figure rosse
Pittore di Dolone, 400-380 a.C.
alt. max 57 cm; diam. orlo 35,5 cm; diam. piede 18,5 cm
Lato A: I Dioscuri ed Elena
Lato B: Giovani a colloquio
Collezione Intesa Sanpaolo
Il percorso espositivo, ideato da Marco Palmieri, si struttura intorno a due sezioni principali.
La prima è incentrata sullo spazio del mito documentato dalla produzione letteraria e figurativa: l’eroe fondatore e civilizzatore, come Eracle e Teseo; l’eroe omerico, con l’immensità di Achille e Aiace; gli eroi protettori come I Dioscuri e tragici come Oreste e Neottolemo.
La seconda sezione esplora l’emulazione del modello eroico da parte del guerriero aristocratico greco e magno-greco.
Una terza sezione è infine dedicata all'approfondimento performativo con proiezioni di brani teatrali desunti dalla drammaturgia classica greca.
Cratere a volute apulo a figure rosse
Pittore di Licurgo, 360-350 a.C.
alt. max 65 cm; diam. orlo 32,7 cm; diam. piede 16 cm
Lato A: Uccisione di Neottolemo a Delfi
Lato B: Scena dionisiaca
Collezione Intesa Sanpaolo
Famiglie prestigiose appartenenti alle comunità indigene commissionano sontuosi corredi funerari (di solito composti da 20-50 esemplari), dove le persone sono raffigurate con indosso gli abiti locali e il defunto è spesso rapprentato dentro un tempietto funerario (naiskos), con armi proprie e cavallo. Qui, a differenza dei vasi attici, non esiste un nesso forma-funzione.
In altri casi la produzione vascolare è pensata per la mescita del vino nelle lunghe cerimonie, come ad esempio l' oinochoe trilobata, o il cratere a volute per mischiare acqua e vino durante i simposi.
Cratere a volute apulo a figure rosse
Pittore di Gioia del Colle, 350-340 a.C.
alt. max 71 cm; diam. orlo 39,5 cm; diam. piede 19 cm
Lato A: Statua del defunto in armi a cavallo all’interno del naiskos
Lato B: Offerenti presso una stele funeraria
Collezione Intesa Sanpaolo
Si tratta di manufatti pregiati lavorati al tornio che richiedevano l'intervento di varie maestranze e una esecuzione lunga anche tre mesi, tra modellazione, essiccazione, cottura e decorazione. Le figure rosse, ottenute con la tecnica dell'argilla a risparmio, stendendo all'esterno dei contorni l'ingobbio nero ricavato da una cottura ad alte temperature in assenza di ossigeno, vengono poi campite e rifinite a pennello, subendo in totale tre cotture. Alcuni oggetti presentano dettagli colorati di bianco, rivelando nel loro insieme l'abilità tecnica di figure artigiane differenti: decoratori, modellatori e talvolta pittori parietali.
Anfora a figure nere
Gruppo del Diphros, 490-480 a.C
alt. max 28,5 cm; diam. orlo 12,4 cm; diam. piede 9,4 cm
Lato A: Aiace porta il corpo di Achille
Lato B: Scena di duello
Collezione Intesa Sanpaolo
Le immagini vascolari permettono di ripercorrere il racconto mitico, anche molto complesso, in un'unica scena mediante l'uso di simboli, attualizzati secondo i canoni estetici della Magna Grecia. Nobile e guerriero, dalla duplice natura divina e umana, l’eroe diventa il modello di riferimento dell’aristocrazia delle colonie greche in Italia che, tra il V-IV secolo a.C, si fa rappresentare secondo un ideale di perfezione fisica e integrità morale ottenuta attraverso l’atletica, l’abilità in battaglia e la vittoria sulla morte, che ne sancisce il riconoscimento sociale e la conservazione della memoria.
Rhyton apulo a figure rosse configurato a testa di toro
Officina del Pittore di Baltimora, 340-310 a.C.
alt. max 16,8 cm; diam. orlo 11 cm
Eros in volo
Collezione Intesa Sanpaolo
Catalogo edito da Marsilio.
Sono previste per tutta la durata della mostra attività didattiche e incontri di approfondimento (Info e prenotazioni: Dipartimento Educazione t. 011 0062086 f. 011 0062115; educa@pinacoteca-agnelli.it. Il programma potrebbe subire variazioni, si consiglia di consultare prima il sito web).

IL VIAGGIO DELL’EROE
Da Atene alla Magna Grecia dal racconto all’immagine
24 marzo - 3 settembre 2017
Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli
Lingotto

Via Nizza, 230/103 - 10126 Torino
Collezione Permanente e Mostra Temporanea - Biglietteria e ingresso al 4°piano
Orario: 10-19 da martedi` a domenica. Chiuso il lunedi`
Visite guidate su richiesta, accesso disabili, bookshop
Tel. +39 011 0062713
www.pinacoteca-agnelli.it