sabato 21 aprile 2018

Libri / L'EREDITÀ DI VLADIMIR

Malachite, decoro del giardino con
personaggi ed alberi di pino.
Pechino, manifattura imperiale.
Scrive Gian Giorgio Massara nella prefazione al romanzo L'Eredità di Vladimir: "Anna Cremonte Pastorello di Cornour conquista il lettore dei suoi libri con notizie insolite, descrizioni di viaggi, memorie lontane che s'affacciano sul mutato panorama della nostra città evocando presenze e momenti di storia e di arte". Opinione condivisibile, poiché nell'ultima fatica editoriale della scrittrice si possono ravvisare numerosi riferimenti alla cultura intellettuale torinese del secolo scorso, esito della naturale assimilazione di un modo di pensare e di sentire ancora vivi nell'identità aristocratica del capoluogo piemontese.
Certo, il romanzo non manca di evidenziare il cambiamento epocale che ha plasmato i  contorni della città, costringendola a trasformarsi in poco più di un secolo da residenza sabauda, a capitale d'Italia, a metropoli industriale in seguito ai poderosi flussi migratori durante il boom economico; fino a incontrare ai giorni nostri una società multietnica di seconda e terza generazione, profondamente radicata nel tessuto sociale metropolitano, a tal punto da averne ridisegnato l'assetto, connotato da attività commerciali e da un melting pot di razze variamente sfaccettate. Tuttavia la trasformazione in atto non ha mutato l'essenza, l'innato fascino misterioso della città, annidato fra le righe del racconto come ordito di un tessuto d'antan.
Venditore di tè e di ciambelle.
Verbilki. Manifattura Franz Gardner.
Prima metà XIX sec.
L'intreccio si snoda a partire dal lascito di Vladìmir Ivanovic Zuev (1870 - 1968). Alla comparsa del testamento olografo, fra vicende alterne di personaggi vivacemente caratterizzati, compendio di vizi e virtù - a tratti incarnazione dello stereotipo torinese impresso nell'immaginario collettivo -, sono collegati gli episodi in cui si avvicendano i protagonisti del racconto. La trama consente al lettore di seguire con curiosità e apprensione le vicissitudini di Maria e Maddalena Mensio, figlie di Felice e Juliette d'Aubry Mensio, sorelle dell'unico erede maschio, Giuseppe, dirigente FIAT, sposato con Piera e padre di Adriana. Morto a Buenos Aires in seguito a un incidente aereo, lascia la famiglia e la figlia Rita nata dalla relazione con una donna argentina. Adottata dalle sorelle Mensio, 'Ritin', classe 1951, esempio di "giovanile entusiasmo e di passione sconfitta"1, farà il suo trionfale ingresso nell'età adulta sotto l'occhio vigile delle zie e del fido cane Tabui.
Bishamonten il dio del coraggio,
della potenza, protettore dei guerrieri,
guardiano dei cieli e dei templi.
I personaggi maschili appaiono lontani e idealizzati, dai modi scostanti come l'uomo "quasi bifolco"2 di gozzaniana memoria, ma proprio in ragione della loro urticante debolezza, autenticamente umani.
Padri e compagni latenti, dimenticati o perdonati, sono riscattati da un sentimento che tutto sublima, in un clima di velata ironia crepuscolare. L'ambiente domestico, la dimensione familiare cari alla signorina Felicita3, là come nel testo di Anna Cremonte, sono posti a baluardo dell'integrità morale dei protagonisti. Non vi è giudizio, la voce del narratore onnisciente presenta i fatti e talvolta si compiace delle brillanti schermaglie fra le due sorelle e i ruoli comprimari, tali da suscitare nel lettore un'amabile simpatia. E, di nuovo, il pensiero rievoca certe figure femminili "piene di compunzione" un po' retrò, tratteggiate con sottile cinismo dalla penna di Aldo Palazzeschi4.
Cristallo rosso rubino, decoro inciso alla mola in oro zecchino.
San Pietroburgo. Manifattura di Carl Fabergé.
Fine XIX sec.
Sul piano dell'ambientazione, il lettore si aggira per angoli e scorci ben noti ai torinesi: via Garibaldi, via Botero, lo storico Caffè del Bicerin, il Valentino. Con la stessa dovizia di aneddoti ripercorre le gesta avventurose di Vladimir, nei racconti di un passato brillante, trascorso nella taiga russa, alla corte dei Romanov, nei cenacoli artistici e intellettuali parigini. Uomo colto, risoltosi a prestare servizio come chauffeur a Zurigo e in Italia, complici le due sorelle, Vlad riscoprirà le proprie radici fra i compatrioti della comunità in Val Pellice, ivi terminando in letizia i suoi giorni.
Peculiarità della veste grafica è, come nelle precedenti pubblicazioni di Cremonte - Ferro e Fuoco; Tè, Caffè, Cioccolata in Tazza - il ricco apparato iconografico con una galleria di immagini del tesoro ereditato dalle Mensio: netsuke e snuff bottles dall'Estremo Oriente, statuine russe raffiguranti scene popolari e preziose uova Fabergé. Oggetti contesi, dispersi e in ultimo nobilitati dal finale a sorpresa.
Insomma, un testo confezionato da Anna Cremonte con la consueta cura e freschezza (illustrato in copertina da Giovanni Paulli), in risposta ai requisiti richiesti dall'Editore Daniela Piazza alla rosa selezionata di autori in catalogo, per i quali "scrivere e farsi leggere è un’irrinunciabile esigenza dell’anima".

1) Cesare Pavese in merito ai romanzi La bella estate, 1940; Il diavolo sulle colline, 1948; Tra donne sole, 1949.
2) G. GOZZANO, La signorina Felicita ovvero La felicità, in C. GHELLI (a cura di), Gozzano e i crepuscolari, Garzanti, Milano 1983,  p. 41.
3) Ibidem.
4) A. PALAZZESCHI, Le beghine, in GHELLI, Gozzano e i crepuscolari cit., p. 598.


Anna Cremonte Pastorello di Cornour
L'EREDITÀ DI VLADIMIR

Daniela Piazza Editore
ISBN 9788878892910
Data di Pubblicazione: 2017
Pagine: 224
Prezzo di copertina; 19,00 €