domenica 23 dicembre 2018

BUONE FESTE

La Redazione del blog
Ad Arte
augura a tutti
un Sereno Natale e un Felice Anno Nuovo 
🎄🎄🎄🎄🎄

sabato 22 dicembre 2018

LA VERITÀ DEL SILENZIO

Fino al 6 gennaio prossimo il comune di Susa ospita nei rinnovati spazi del Castello della Contessa Adelaide la mostra antologica LA VERITÀ DEL SILENZIO con alcune delle più significative opere del maestro Tino Aime.
Raccontata con viva partecipazione dall'allievo Andrea Tabone, guida d'eccezione della rassegna, la poetica dell'autore si riaccende di colori e forme ispirate in prevalenza al paesaggio montano.
Pittore, scultore e incisore, Giovanni Battista Aime (Cuneo, 1931 - Bastia di Gravere, 2017), geometra, poi studente all'Accademia Albertina, partecipa a mostre in Europa, vince premi nazionali e internazionali.
Tutto il suo lavoro esprime il grande amore per una montagna genuina, in particolare della Val di Susa, oggi attraversata da una fitta rete di infrastrutture, tale da averne snaturato l'originaria conformazione. Aime ne rievoca le case disabitate, il tempo passato, i luoghi della memoria "osservati dalla finestra" da volti attoniti, esclusi dal bailamme del mondo.
 
Le finestre, trasformate in cornici, divenute cifra distintiva, nascono casualmente nello studio della Grangia a Bastia, dopo aver posato a terra il ritratto a carboncino di un bambino, vicino ad alcuni infissi dai vetri rotti in riparazione.
Ottobre in Langa, Eclisse, Geometrie invernali, Ragazza alla Bastia, Castello della Volta in Langa, sono solo alcuni degli scenari aperti dietro ai battenti in legno, spalancati sul mondo immaginifico del pittore, colmo di presenze impercettibili e di assenze eclatanti.
La parola si traduce in segni carichi di mistero. Lui, bambino balbuziente dopo essere rimasto sepolto per alcuni giorni sotto le macerie di un rifugio antiaereo e in vecchiaia nuovamente  colpito nella parola dalla malattia, si esprimeva in piemontese. Lingua madre carica di rimandi alla tradizione vernacolare e alla cultura occitana. Il suo insegnamento era fatto di silenzi e piccole frasi lapidarie, ma rivoluzionarie. "Da maestro zen", spiega Tabone.
"Bisogna metterci un po' di poesia" esclamava di fronte, ad esempio, all'incisione di una Vespa nuova di zecca. "Così com'è non dice niente. Una Vespa vecchia, arrugginita, con le ruote sgonfie e una tanica di fianco, dà vita ad un racconto, dà significato all'opera". Così, in poche parole, riassumeva il fondamento del proprio linguaggio.
Tutta la sua opera si fonda sulla sintesi. Poche tonalità di colore steso a spatola - rosso puro per le bacche, nero uniforme per i corvi -, sculture dai soggetti minimali, incisioni ottenute con morsure rapide e acquerelli estemporanei.
L'intera essenza del suo pensiero è racchiusa in una scala di valori che mette al centro l'Arte come intima espressione di un modo semplice, non ingenuo, di intendere la vita, le passioni e gli affetti. Un pensiero libero, simbolicamente effigiato in più di una versione dalla bicicletta impiegata nella staffetta partigiana, acquisita e gelosamente conservata dall'artista.
I ritratti sono dedicati alla moglie Giuse, alla figlia Paola e alla nipote Andrea, dallo aguardo malinconico, esposti accanto ad un Autoritratto giovanile risolto con tinte argillose stese in brevi pennellate.
Fra i lavori elaborati in studio certamente vi sono le numerose nature morte, a costellare l'intero arco della carriera:  Frutta (1962), Fiori e anguria (1963), Natura morta (1966), Girasoli (1989), Fiori e vasi nello studio (1991). Proprio l'atmosfera raccolta dello studio, con la libreria ricolma di volumi, gli oggetti evocativi, sembra fornire la giusta ispirazione all'artista, o almeno questo si desume dal bel video "L'attesa", musicato con canti occitani e dal resoconto del gatto sornione, insolito narratore del filmato "Il colore dei salici".
Di ben altra natura sono gli scorci veneti, in parte realizzati en plein air. Le tappe del viaggio ripercorrono l'itinerario intrapreso dalla figlia in canoa sulle acque del Po, fino alle regioni del delta. "Tino la segue in camper con la moglie", rievoca Tabone. Anche in questo caso la tavolozza è ridotta a pochi essenziali toni di blu, rosso, ocra per definire La casa blu di Burano (1989), una Casa a Venezia (1985), Case a Chioggia (1985).
In Laguna (1999) sono sufficienti due colori: uno per il cielo, l'altro per l'acqua a formare il terzo elemento, l'aria. Un modo di procedere per sottrazione, affine al metodo dello stimato amico Giorgio di Venere, artista veneto che per cinquant'anni ha dipinto ripetutamente la medesima scena di pescatori al tavolo, ogni volta più scarna, sottoponendola al vaglio della memoria.
Il mare appare inoltre in una serie di acquerelli datati fra il 2009 e il 2011, realizzati in villeggiatura ai Balzi Rossi presso Ventimiglia, con gesto agile di inusuale freschezza.
Sconosciuta al grande pubblico, la tecnica dell'incisione è spesso praticata da Aime, utilizzando lastre di zinco, dai tempi di morsura brevi, ma piuttosto refrattarie agli inchiostri colorati. Le incisioni policrome, a partire da una prima bozza ad acquaforte, si devono al longevo sodalizio con la stamperia "Al pozzo" di Dogliani. Le lastre sono state conservate e vanno ad arricchire un vasto patrimonio di matrici calcografiche e di stampe a bistro o acquerellate (Nuvole in Provenza, Inverno alla Novalesa).
L' acquaforte tradizionale, con uso di nerofumo e cera per isolare la lastra, è abbinata in alcuni casi all'acquatinta, con l'impiego di colofonia per le campiture ampie o alla cera molle per riprodurre trame di pizzo e altri pattern grafici. Fondamentale in questo campo il confronto con il grande incisore tedesco Kurt Mair, attivo a Savigliano, del quale condivise l'interesse per una tecnica antica, basata su tempi lenti di morsura, precisione del tratto, metodo rigoroso, paziente attesa ai limiti della 'disciplina mistica'. (S. Nota).
Amante dell'arte, Aime aveva allestito in casa una galleria con opere di Fico, Pistoletto, Nespolo, Laterza e molti fra i più celebri artisti del secolo scorso. Era amico di poeti e scrittori, uno su tutti Mario Rigoni Stern, familiare per l'amore nei confronti della montagna. Guardava agli autori piemontesi che consigliava anche ai suoi allievi: "Se vuoi disegnare le Langhe leggi Pavese e Fenoglio", usava dire.
In omaggio a Frédéric Mistral è la sezione dedicata alla Camargue, con fiori bruciati dal sole, struggenti notturni marini, ralizzati fra gli anni Sessanta e Settanta e tre placide gru scolpite in legno e ferro, datate 2014.
Stesso calore si respira negli scorci spagnoli: Spaventapasseri in Andalusia (1978) , Las S.ta Maria de la Mer (2002), la Costa Blanca. Luoghi lontani geograficamente da quelli abituali, ma pervasi dalla medesima imperturbablie quiete. Le baite di Thures (2002), Turbinio, Inverno a Cels - Ruinas , entrambi del 2012, Nevicata, Neve a Gravere del 2014, tutto è ammantato di un silenzio straniante, anche le forme scolpite sembrano farne parte.
Vi sono sculture scandite dai cicli della terra, da sincera devozione popolare: l'Abbraccio, composizione astratta in legno e vetrofusione, Il diavolo, feticcio ligneo contrapposto a Il Cristo crocifisso, immagine votiva proveniente dalla Cappella di San Michele - Abbazia della Novalesa (2014).
I Pastori con le umili pecore, il Presepe d'arte a Gravere, allestito agni anno nel frantoio della Pita, firmato in edizioni precedenti da Eandi, Albano, Carena, Lobalzo, Soffiantino, Tabusso, Perugia e altri, denotano anch'esse il forte legame con la cultura contadina.
Motivi ricorrenti come la luna, la neve declinata in un'ampia gamma di bianchi, i corvi, i merli, ogni particolare nell'opera di Aime celebra la natura vissuta appieno, con partecipe stupore, nel rispetto delle leggi ineffabili che la governano.

TINO AIME
La verità del silenzio

16 giugno 2018 - 6 gennaio 2019
Castello di Adelaide
Via al Castello, 15 - 10059 Susa
Orario: dal venerdì alla domenica 10 - 13 e 14 - 18. Aperto martedì 1 gennaio, 14 - 18.
Info: t. +39 371 1607141; castellosusa@gmail.com
www.visitasusa.it

lunedì 17 dicembre 2018

FALLO PER ME

ELLAS
È in corso, fino al 24 dicembre, presso l'Associazione Artistica Culturale Il Punto, la mostra di mongolfiere di Antonella Staltari. 19 piccoli capolavori di carta - la ventesima, dedicata alla Principessa sul pisello di Andersen è attualmente in collezione privata - posti a corredo iconografico del libro Fallo per me, pubblicato per i tipi di Golem Edizioni.
Il progetto artistico-editoriale rappresenta uno schiaffo irriverente al comune senso del pudore, un'apologia dell'eros in chiave ludica attraverso un volo pindarico lungo i secoli fra citazioni letterarie, versi poetici e aforismi di grandi autori del passato e contemporanei.
GELSOMINA
Spiega l'artista: "Obiettivo primario del libro e della mostra è quello di superare i luoghi comuni, vedere oltre l'uso consueto delle cose". Occorre épater le bourgeois, risvegliare i sensi dal torpore generato da una trasgressione ostentata e decadente.
Come afferma Gianfranco Schialvino: "l'arte contemporanea passa dal dipinto e dalla scultura all'oggetto in sé. In questo caso il manufatto è il pretesto per riflettere sul ruolo dell'artista artifex...In questa mostra si ritrova qualcosa di morbido, elegante, letterario, sofisticato, di bel manufatto, di accuratezza nel lavoro e, per quanto riguarda il libro, di accuratezza letteraria. C'è ancora qualcosa di positivo che può incuriosire, far pensare e piacere".
VIRGO POTENTISSIMA
Stupire in questo caso, ripercorrendo il pensiero di Schialvino, non significa come avviene oggi nel rutilante mondo dell'arte, far esplodere un "fuoco di artificio" che sbalordisce in un momento e, complici i media, illumina diffusamente tutti nello stesso tempo. "Di questo stupore effimero domani non ci si ricorda più. Domani non esisterà più, allora ci occorrerà un altro fuoco di artificio. Ci occorrerà una dose nuova di energia artistica, perchè è finito l'effetto della dose precedente".
Il lavoro di Antonella Staltari, punta invece a riflettere, a suscitare interrogativi, indurre nostalgia talora, per quel che vi è di più autentico alle sorgenti dell'essere, nel cuore dell'uomo. L'Amore, termine abusato quanto misconosciuto, forza dinamica che permea di sé l'animo umano, ne scruta l'inconscio, con il suo intricato labirinto di pulsioni, sentimenti, emozioni e desideri.
CÉCILE
Nello spazio espositivo di Via San Domenico a Torino, si è svolta la serata inaugurale l'11 dicembre scorso - gran cerimonieri Bruno Quaranta, autore della prefazione, e il critico xilografo Gianfranco Schialvino - presenti Gianni Verna cofondatore con quest'ultimo della rivista Smens, Gianni Chiostri, illustratore del quotidiano La Stampa, Francesco Preverino, titolare della cattedra di Decorazione all'Accademia Albertina di Torino e altri professionisti per molte ragioni legati alle immagini e alla carta stampata. Personalità come Antos, Antonella Staltari, da sempre artefici di un'etica del lavoro basata sul rispetto del materiale, sulla cura artigianale dell'opera d'arte, sullo studio approfondito della propria materia d'indagine.
SCOPPIO DI PIACERE
La mostra e il libro, annota l'autrice nella postfazione, sono il frutto di "un andare lento...in un contesto in cui tutto scorre veloce". Le mongolfiere in carta destrutturata, ricomposta, intrisa di pensieri e suggestioni, scanditi da una gestualità rituale - anacronistica forse, ma non desueta -, si librano nell'etere per proseguire il viaggio iniziato con Sogni di carta. Giunte in quota, nei "paradisiaci campi" (Quaranta), esplorarando le più remote regioni dell'eros, risalendo all'orgine del mondo sulle le rotte tracciate da Anacreonte, Verlaine, Wilde, ammiccano al libertino Casanova, sorridono all'ironico Gozzano, meditano sul lirico Cardarelli. Spiriti liberi, arridono al calamo spregiudicato di Anaïs Nin  per compiere, fra motti, digressioni e manifesti rivoluzionari, un lungo pellegrinaggio alla ricerca di sé.

Per apprendere i segreti della lavorazione della carta, mercoledì 19 dicembre dalle 15 alle 18, presso l'Associazione Il Punto, l'autrice condurrà il workshop "Crea l'addobbo di Natale". Sarà possibile realizzare una decorazione natalizia attraverso il riuso creativo dei materiali, la tecnica del collage, i colori acrilici, i pastelli e molto altro. Costo 20 euro, materiale incluso. Per iscriversi inviare un'email a ilpunto32@gmail.com.

FALLO PER ME 
Dall'11 al 24 dicembre 2018 
Il Punto - Associazione Artistica Culturale
Via San Domenico, 32 - Torino
Orario: dal lunedì al sabato 10 - 12 e 16 - 18,30. Domenica 16 - 18
Info: ilpunto32@gmail.com
https://it-it.facebook.com/IncartAntos/
https://www.youtube.com/watch?v=0D1syq1Db4c

venerdì 7 dicembre 2018

GIAPPONE FIORITO

Dopo il grande successo della Japan Week, Torino ospita nella splendida cornice di Palazzo Cavour la mostra GIAPPONE FIORITO, a cura di Daniel Buso, che racconta la vita e la natura del Giappone antico attraverso le opere dei grandi artisti del XIX secolo.                
Chi erano i Samurai? Che ruolo aveva la Geisha? Come si chiama il magico momento della fioritura dei ciliegi che tinge di bianco e rosa tutto l’arcipelago? A questi e a molti altri interrogativi la mostra dà una risposta, proponendo un viaggio nell’incantevole e misterioso mondo del Giappone antico.
L’esposizione offre, attraverso un percorso didattico, un panorama completo sulla cultura e sull’arte giapponese, un vero e proprio viaggio alla scoperta dell’elegante e raffinata atmosfera orientale. Attraverso una selezione di 100 opere, provenienti da tre collezioni private trevigiane, fra cui la Collezione Manavello e la Collezione Guarnieri, è possibile ammirare un’eccezionale selezione di kimono ed obi originali, paraventi, armature, ventagli e fotografie. L'itinerario, sviluppato in diverse sezioni, si snoda tra il suadente mondo femminile della geisha e il fascino dei leggendari guerrieri samurai fino a includere animali fantastici, mondi visionari e paesaggi bizzarri rievocati in maniera differente nelle varie espressioni artistiche.
Le opere principali sono i tradizionali Ukiyo-e, produzione artistica giapponese tra le più note, studiata ed esposta in tutto il mondo.
Le immagini realizzate da nomi celebri quali Hokusai e Hiroshige possiedono un fascino che permane immutato ancora oggi. Oltre alle stampe originali della nota Onda e delle Trentasei vedute del Monte Fuji, si scoprono di volta in volta paesaggi lontani, temi alla moda, eleganti bellezze, luoghi e volti del Giappone che hanno conquistato l’Occidente a partire dalla metà del XIX secolo, oltre ad un raffinato repertorio di vedute capaci di restituire ai nostri occhi l’aspetto conturbante del Giappone fiorito.
Le opere d’arte esposte sono state prodotte grazie al minuzioso lavoro di intagliatori di blocchi di legno di ciliegio selvatico, inchiostratori e stampatori che hanno usato esclusivamente carta di gelso, già nota nella Parigi di metà Ottocento come ‘carta giapponese’. La bellezza di queste immagini viene presto compresa dagli Occidentali che, dopo il 1868, iniziano a commercializzare gli Ukiyo-e in Europa e negli Stati Uniti. Si sviluppa dunque una moda irresistibile che ispirò anche i grandi autori dell’Impressionismo tra cui Van Gogh, il quale copiò Il giardino dei pruni e Pioggia serale sul ponte Ohashi di Hiroshige, e Manet che inserisce sullo sfondo del Ritratto di Emile Zola due immagini giapponesi: la figura di un samurai e un dettaglio di paesaggio naturale con ramo fiorito.
Proprio la tematica dei fiori emerge nell’esposizione rievocando l’Hanami, una tra le più antiche tradizioni del Giappone, ovvero la consuetudine dei giapponesi di ammirare e contemplare all’inizio della primavera la fioritura dei ciliegi che conferiscono al paese un aspetto di incantevole bellezza.
In mostra si può dunque ammirare il capolavoro del genere Ukiyo-e fiorito: Il Giardino dei susini a Kameido dalla serie Cento Vedute dei luoghi celebri di Edo (Tokyo). La prima versione è del 1857 ed è frutto del talento di Utagawa Hiroshige (1797 - 1858).
Accanto ai fiori degli Ukiyo-e giapponesi troviamo inoltre le opere di Claudio Massini (Napoli, 1955), esponente della pittura italiana degli ultimi decenni che in mostra espone alcune opere di grande complessità tecnica la cui raffinatezza e silenziosa eleganza ricordano da vicino modi e forme della produzione artistica giapponese.

GIAPPONE FIORITO
Meraviglie in mostra

Dal 24 novembre 2018 al 27 gennaio 2019
Palazzo Cavour
Via Cavour, 8 - Torino
Orario: dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 12.30 e dalle 14.30 alle 18; sabato e giorni festivi dalle 10 alle 20; domenica dalle 10 alle 18. Ultimo ingresso un’ora prima dell’orario di chiusura.
Info e Prenotazioni scuole:
Next Exhibition - t. 011 19214730; Ticketone - t. 011 0881178

giovedì 6 dicembre 2018

AD ACQUA

Daniele Gay
Hoek van Holland
2015
La Pinacoteca Albertina presenta la mostra AD ACQUA, curata da Marcella Pralormo, direttrice della Pinacoteca Agnelli e da Daniele Gay, docente di tecniche grafiche dell’Accademia Albertina.
In Piemonte esiste una tradizione dell'acquerello a partire dall'Ottocento, quando la tecnica si diffonde dall'Inghilterra e viene portata a livelli altissimi in Piemonte da artisti quali Bagetti e De Gubernatis. La tradizione prosegue sino ai giorni nostri grazie ad insegnanti e allievi della Accademia Albertina e da molti artisti torinesi che ne hanno determinato lo sviluppo dalla seconda metà del Novecento a oggi.
Anna Regge
Nido di merlo
2018
Grazie a loro l'acquarello riacquista significato ed esprime contenuti e tematiche contemporanee. Calandri rinnova la natura morta, Saroni e Soffiantino si dedicano alla pittura di paesaggio e di natura attraverso segni aggrovigliati e textures nuove; Francesco Franco rivisita il paesaggio in senso introspettivo, in bilico tra astrazione e figurazione.
Francesco Casorati, Ettore Fico, Francesco Tabusso, Mauro Chessa, Nando Eandi si sono concentrati sul cogliere la semplicità della natura, del paesaggio e degli oggetti.
Titti Garelli
Fiammingo
1989
Artisti più maturi espongono i propri acquerelli accanto ad artisti giovani, per far capire che la tradizione e la tecnica si rinnovano continuamente. Particolare spazio è dato agli artisti della generazione "di mezzo", artisti maturi, cinquantenni, che vale la pena di considerare oggi, in quanto hanno rinnovato la tradizione dei maestri raggiungendo livelli qualitativi molto elevati.
Generazioni diffrenti si confrontano sulle variazioni di luce e sui virtuosismi cromatici: ne sono un esempio le superfici vibranti di Anna Lequio, le nature morte e gli interni bui e intensi di Sandro Lobalzo, quelli abitati da bambine di Titti Garelli e i paesaggi immaginari di Daniele Gay. All'illustrazione scientifica e naturalistica appartengono i lavori di Nick Edel, Cristina Girard e Anna Regge. La figura umana è oggetto degli studi di Paolo Galetto, dei volti immaginari di Ugo Giletta e del più giovane Stefano Allisiardi, allievo di Daniele Gay.
Giorgio Griffa
162
2010
Stefano Faravelli, peintre-savant, è presente con un carnet de voyage dai rimandi esotici, fra sogno e mitologia. Di matrice contemporanea sono i monocromi concettuali di Pusole, i condomini di Gosia Turzeniecka, quasi contrapposti alle vedute realistiche di Piera Luisolo.
Giorgio Griffa lavora sul rapporto tra segni, suoni e colori, Andrea Massaioli fonda il suo immaginario sulle tonalità blu oltremare e al monocromo si affida anche la tecnica di Andrea Gammino. Infine, Ada Mascolo crea installazioni e sequenze di immagini sul tema del femminile, tema che ritorna nelle giovani donne di Daniele Galliano, plasticamente delineate sulla superficie bianca del foglio.
Conferenze sulla tecnica dell’acquarello e workshop a pagamento saranno organizzati nel corso della mostra, per contribuire alla diffusione della conoscenza di questa tecnica anche presso il grande pubblico.
Gosia Turzeniecka
Block
2016
Artisti in mostra:
Stefano Allisiardi, Mirko Andreoli, Mario Calandri, Francesco Casorati, Mauro Chessa, Fernando Eandi, Nick Edel, Stefano Faravelli, Ettore Fico, Francesco Franco, Paolo Galetto, Daniele Galliano, Andrea Gammino, Titti Garelli, Daniele Gay, Ugo Giletta, Cristina Girard, Giorgio Griffa, Anna Lequio, Sandro Lobalzo, Piera Luisolo, Ada Mascolo, Andrea Massaioli, Pierluigi Pusole, Anna Regge, Sergio Saroni, Giacomo Soffiantino, Francesco Tabusso, Gosia Turzeniecka.
 
AD ACQUA
L’acquarello all’Accademia Albertina e in Piemonte dal Novecento a oggi. 
Dal 1 dicembre 2018 al 27 gennaio 2019
Pinacoteca Albertina
Via Accademia Albertina, 8 - Torino
Orario: dal lunedì alla domenica 10 - 18. Mercoledì chiuso.
Per informazioni: 011 0897370; pinacoteca.albertina@coopculture.it
www.pinacotecalbertina.it

lunedì 3 dicembre 2018

IL "LAMENTO" DI CARLO LEVI

di Gian Giorgio Massara
CARLO LEVI
Contadina calabrese
1953
76 x 36,5 cm, olio su tela
La Fondazione Giorgio Amendola sino al 28 febbraio prossimo offre un'importante mostra dedicata a Carlo Levi e intitolata: CARLO LEVI E LA BASILICATA. DAL CONFINO A ITALIA ’61.
La rassegna è accompagnata da un buon catalogo critico a cura di Giovanni Caserta, Giuseppe Lupo, Bruno Quaranta, con un significativo testo di Daniela Fonti, presidente della Fondazione Carlo Levi a Roma.
L'attenzione del pubblico si concentra sul grande telero - egregiamente riprodotto - narrante una storia che ha per sfondo le colline, una sfilata di modeste abitazioni, un borgo, un interno poverissimo ove si registra il lamento: i protagonisti principali assumono l'atteggiamento delle antiche Pietà, sentimento che s'identifica con l'esaltazione della morte di Rocco Scotellaro e di un'immobile, impietrita Madre.
Levi vive a Torino la stagione dorata di casa Gualino, ma al confino scorda il piccolo teatro dai drappeggi in velluto, la galleria di opere d'arte che si rinnova giorno per giorno, le signore eleganti anni trenta. In Lucania lo sguardo dei ragazzi è invece triste. Ragazzi che hanno un nome: Peppino, Tonino, Antonio e che guardano, con irripetibile fissità, il cammino affaticato dei loro padri e il volto severo delle contadine calabresi; in più, partecipano a una "conferenza" che attrae l'attenzione di tutti gli astanti.
Le località si chiamano Aliano, Grassano, La fossa del Bersagliere e significano rupi avare di alberi, candidi profili di cittadine disegnati contro l'azzurro del cielo, brune costruzioni castellane che hanno il medesimo colore delle forre.
Nelle opere di Carlo Levi è racchiusa l'umanità della Lucania intera, con i suoi misteri, la sua assoluta povertà, ma altresì con una fierezza e una dignità che non conoscono compromessi.
Scrive Prospero Cerabona, appassionato e infaticabile presidente: (per Levi) "Matera fu la sua seconda patria per nascita, se non la prima per afflato spirituale ed etico".

CARLO LEVI E LA BASILICATA. DAL CONFINO A ITALIA ’61
Fino al 28 febbraio 2018 
Fondazione Giorgio Amendola
Via Tollegno, 52- Torino
Orario: lunedì - venerdì ore 10 - 12.30, 15.30 - 19, sabato ore 10 - 12.30. Domenica e visite guidate su prenotazione: tel./fax 0112482970 - 3482211208
www.fondazioneamendola.it

lunedì 19 novembre 2018

ERCOLE E IL SUO MITO

Testa colossale di Ercole in riposo (tipo Farnese)
copia marmorea romana della seconda metà del I secolo a.C.
di un’opera di Lisippo risalente al 320/310 a.C. circa
Antikenmuseum Basel und Sammlung Ludwig
Fno al 10 marzo 2019, le Sale delle Arti della Reggia di Venaria (Torino) ospitano la mostra ERCOLE E IL SUO MITO.
L’esposizione illustra la figura dell’eroe mitologico, attraverso una selezione di oltre 70 opere, tra ritrovamenti archeologici, gioielli, opere d’arte applicata, dipinti, sculture, manifesti, filmati e molto altro, dall’antichità classica al Novecento.
La visita inizia idealmente dai lavori di restauro in corso della Fontana d’Ercole, fulcro del progetto secentesco dei Giardini della Reggia, un tempo dominata dalla Statua dell’Ercole Colosso del 1670.
La rassegna, curata da un comitato scientifico presieduto da Friedrich-Wilhelm von Hase e composto da Gabriele Barucca, Angelo Bozzolini, Paolo Jorio, Darko Pandakovic, Laura Pasquini, Gerhard Schmidt, Rüdiger Splitter, Claudio Strinati, Paola Venturelli, è organizzata da Swiss Lab for Culture Projects e Consorzio Residenze Reali Sabaude, in collaborazione, fra gli altri, con l’Antikenmuseum und Sammlung Ludwig di Basilea (CH), il Museumslandschaft di Hessen-Kassel (D), il Museo Archeologico Nazionale e il Museo Filangieri di Napoli.
Steve Reeves in Ercole e la regina di Lidia, 1959
Il percorso alla Venaria si apre con una sezione che ripercorre l’origine del mito in epoca pagana, con una serie di raffinati vasi, anfore, coppe, realizzate nella regione greca dell’Attica tra il 560 e il 480 a.C.; fra queste spiccano la monumentale anfora del Pittore di Berlino, una delle massime espressioni della ceramica ateniese e l’hydria (vaso) attribuita al Gruppo dei Pionieri.
La mostra prosegue testimoniando la diffusa rappresentazione della leggenda erculea in àmbito romano, con alcune statuette in bronzo o in terracotta, oltre a una testa colossale di Ercole in riposo, copia della seconda metà del I secolo a.C. di un’opera di Lisippo risalente al 320/310 a.C.
Raffigurano Eracle con il Cinghiale e con il Leone di Nemea i due intonaci dipinti provenienti dall’Augusteum di Ercolano, oggi conservati al Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
Chiudono la sezione due coppe in argento realizzate da Gianmaria Buccellati, sbalzate e cesellate con le fatiche di Ercole, le cui forme si ispirano a quelle di altrettanti skyphoi rinvenuti a Pompei nella casa del Menandro e di cui in mostra si possono vedere i passaggi di fabbricazione, ancor oggi identici a quelli antichi.
Eracle disputa ad Apollo il tripode di Delfi
anfora attica a figure nere attribuita al Pittore di Antimene
510 a. C. ca., altezza 47,2 cm
Antikenmuseum Basel und Sammlung Ludwig
La mostra di Venaria analizza quindi il recupero del mito pagano di Ercole da parte del cristianesimo nel Medioevo, quando la figura del semidio dalla forza straordinaria e dal carattere esemplare è associata a quella del Salvatore, al punto che la discesa agli inferi di Ercole per strappare Alcesti a Thanatos, prefigura la discesa di Cristo nel Limbo per liberare le anime dei giusti, così come le sue vittorie contro gli animali mitologici annunciano la vittoria del Redentore sul demonio. In questa sezione s’incontra un prezioso cofanetto in avorio, prodotto da una bottega costantinopolitana nella prima metà dell’XI secolo, raffigurante l’eroe che strangola il leone e solleva Anteo, il gigante figlio di Poseidone e di Gea che perdeva la sua forza se non toccava terra, proveniente dal Museo Archeologico nazionale di Cividale del Friuli.
Il mito di Ercole persiste in capolavori di arte decorativa, come ventagli, elmi, boccali, coppe, cassoni, e altro. Qui spicca un prezioso e raffinato boccale tratto da un monoblocco di avorio proveniente dalla Kunstkammer dei granduchi di Baden oggi conservato al Badisches Landesmuseum di Karlsruhe in Germania.
Gregorio de Ferrari (1647-1726)
Ercole e l'Idra di Lerna
fine XVII sec, olio su tela
Genova, Galleria Nazionale della Liguria a Palazzo Spinola
La celebrazione dell’eroe invincibile prosegue nel Rinascimento, con opere pittoriche  quali L’Apoteosi di Ercole (1539) del Garofalo e nel Seicento con la scultura di scuola romana Ercole Fanciullo con il serpente, pezzo molto suggestivo della Fondazione Dino ed Ernesta Santarelli. Al Settecento risalgono due pregevoli manufatti in terracotta dorata di Lorenzo Vaccaro, forse importanti committenze del vicerè spagnolo Don Gaspar de Haro allora a Napoli, e oggi custodite nel Museo Filangieri.
Un focus speciale è riservato a Gregorio de Ferrari, pittore del barocco genovese, qui per la prima volta con tutte le cinque grandi tele raffiguranti Ercole durante le sue più celebri fatiche e il momento in cui viene accolto nell’Olimpo, provenienti dalla Galleria Nazionale di Palazzo Spinola di Genova.
L'approfondimento a cura di Darko Pandakovic esamina la statuaria erculea nei giardini e le piante a essa collegate nei parchi delle residenze private e dei palazzi aristocratici, come Palazzo Pitti a Firenze, Le Tuileries a Parigi, il Castello di Powis in Gran Bretagna, o La Venaria stessa.
In una video-passeggiata Claudio Strinati analizza invece l’influenza che l’eroe ebbe nella storia dell’architettura.
Ercole e il toro di Creta
Reggia di Versailles
Afferma Strinati: "La figura di Ercole è impastata con la nostra storia. Semidio, protettore dell'umanità è pieno di difetti, di 'oscurità', direbbe Jung nei suoi studi sul mito". Seguendo questa traccia la rassegna prosegue con una sezione dedicata alla città tedesca di Kassel, che ha nella gigantesca statua dell’eroe uno dei suoi simboli; dal suo museo provengono alcuni cammei del Sei-Settecento e in questa occasione verrà presentato un eccezionale filmato aereo della reggia e del parco che furono voluti da Guglielmo I d’Assia-Kassel.
Conclude l’esposizione una curiosa sezione che, ricostruendo un’ambiente di foyer cinematografico anni ‘50-'60, testimonia il rifiorire negli ultimi decenni dell’interesse sul mito di Ercole, con i grandi film, cosiddetti del "peplo", prodotti a Cinecittà negli anni sessanta e poi ancora recentemente a Hollywood, che videro impegnati attori quali Giuliano Gemma o Arnold Schwarzenegger, oltre alla trasposizione in disegni animati di Walt Disney.

ERCOLE E IL SUO MITO
Dal 13 settembre 2018 al 10 marzo 2019
Reggia di Venaria, Sale delle Arti, II piano
piazza della Repubblica 4 - Venaria Reale (Torino)
Orari: dal martedì al venerdì, 9 - 17; sabato, domenica e festivi, 9 - 18.30; chiuso il lunedì. La biglietteria chiude un’ora prima. Aperture speciali: 1° gennaio, 11 - 18, 6 gennaio.
Informazioni: t. +39 011 4992333
www.lavenaria.it
www.residenzereali.it

domenica 18 novembre 2018

100% ITALIA

FRANCESCO MENZIO
Ritratto di Persico
1929
100%Italia è una mostra dedicata agli ultimi cento anni di arte italiana, dall’inizio del Novecento ai giorni nostri. Il progetto, ideato e curato da Andrea Busto direttore del MEF Museo Ettore Fico di Torino, è l’occasione per evidenziare il ruolo preminente dell’arte italiana nello sviluppo della creatività europea e di quella mondiale.
Ogni anno e ogni decennio sono stati contraddistinti da forti personalità che hanno influenzato l’arte del "secolo breve" e oltre; nessuna nazione europea ha saputo infatti offrire artisti e capolavori, scuole e movimenti, manifesti e proclami artistici con la continuità dell’Italia.
In un momento in cui è necessario ribadire il valore identitario di ciascuna nazione per comprendere appieno la storia, 100%Italia vuole fare il punto e riproporre evidenti valori che per un tempo troppo lungo molti critici hanno sottovalutato.
FRANCO COSTALONGA
Oggetto cromocinetico
1967-1970
La grandezza dei maestri si percepisce in un unicum e in una sequenza espositiva che permettono al visitatore di intraprendere un viaggio lungo cent’anni.
Alla realizzazione di 100%Italia hanno contribuito collezioni e a archivi di musei, di fondazioni, di gallerie pubbliche e private e di collezionisti che insieme danno luogo ad un evento unico nel suo genere.
Il Museo Ettore Fico si è avvalso inoltre della collaborazione dell’Associazione Nazionale delle Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea - che raggruppa circa 160 gallerie in tutta Italia - , dell’Associazione Fondazioni e Casse di Risparmio Spa - che annovera circa 30 Casse di Risparmio e 88 Fondazioni bancarie nazionali - nonché di Gallerie d’Italia di Intesa Sanpaolo, dalle quali provengono opere importanti, spesso mai esposte, al fine di offrire una mostra pressoché inedita per il grande pubblico nazionale e internazionale.
GIORGIO DE CHIRICO
La battaglia sul ponte
1969
L’avvio precede il 1915, anno in cui l’Italia entra ufficialmente nel primo grande conflitto mondiale, contraddistinto da azioni violente e disumane.
In quegli anni i Futuristi, in chiave puramente ideologica, avrebbero voluto «bruciare i musei e le biblioteche», così da chiudere con la storia passata e identificarsi con il presente.
La conclusione della mostra è siglata dal 2015, un tempo in cui l’ideologia fondamentalista prende il sopravvento sulla razionalità e sulla tolleranza reciproca, attuando in concreto quelle distruzioni simboliche propugnate dai Futuristi.
Il 12 marzo 2001 vengono distrutti i Buddha di Bamiyan dai talebani. Il 25 febbraio 2015 i jiadisti bombardano Ninive e i distruggono i reperti archeologici del museo di Mosul. Nello stesso anno avviene la distruzione del sito archeologico di Palmira e l’assassinio di Khaled Asaad, archeologo e studioso da oltre cinquant’anni della città siriana.
LARA FAVARETTO
Mondo alla rovescia
2001- 2002
Le tipologie e metodologie di sterminio cambiano e gli scontri avvengono su fronti a macchia di leopardo per distruggere popoli e nazioni dalle fondamenta, a partire dai  simboli artistici e storici che ne documentano arte e religione.
100%Italia documenta lo stato dell’arte, puntando i riflettori sugli artisti italiani che hanno rielaborato la cultura nazionale attraverso altre culture, restando permeabili e nello stesso tempo autonomi.
Le 17 sezioni proposte sono fruibili a più livelli. Il primo è lineare e cronologico: le opere si susseguono, anno dopo anno, senza soluzione di continuità.
Il secondo illustra i movimenti più influenti sul nostro gusto e sulle estetiche mondiali. Il terzo è un progetto didattico e divulgativo per approfondire in modo unitario i temi trattati attraverso saggi critici sui maggiori movimenti italiani.
RAFFAELE DE GRADA
Paesaggio
1927
100%Italia costituisce un progetto formativo articolato sulla Storia dell’Arte italiana che prenderà in esame il Novecento e la prima parte del XXI secolo, per aiutare il grande pubblico nella comprensione di un patrimonio artistico temporalmente ancora troppo vicino a noi per godere di una grammatica e di chiavi interpretative condivise e comunemente riconosciute.
Alcune delle sette sedi coinvolte, suddivise fra Biella, Torino e Vercelli, propongono per la durata della mostra eventi dedicati al pubblico adulto, ai gruppi, alle scolaresche e alle famiglie, in particolare il Ciclo di lezioni sull’arte italiana, 10 incontri con i curatori delle sezioni esposte Luca Beatrice, Lorenzo Canova, Claudio Cerritelli, Marco Meneguzzo, Elena Pontiggia, Luigi Sansone, Giorgio Verzotti.
Completa la rassegna il corposo catalogo, testo antologico di 4,2 chilogrammi di peso, fondamentale per comprendere, alla luce della storia passata, il tempo presente e gli avvenimenti futuri.

100% ITALIA. Cent’anni di capolavori
Dal 21 settembre 2018 al 10 febbraio 2019
Futurismo
Palazzo Gromo Losa
Corso del Piazzo 22-24, Biella
Orario: sabato e domenica 11-19

Secondo Futurismo (1920-1944)
Museo del Territorio Biellese
via Quintino Sella 54/b, Biella
Orario: mercoledì, giovedì, venerdì 14,30-19; sabato e domenica 11-19

Metafisica
Realismo Magico
NeoMetafisica

Arca - Ex Chiesa di San Marco
piazza San Marco 1, Vercelli
Orario: mercoledì, giovedì, venerdì 14,30-19; sabato e domenica 11-19

Novecento
Corrente
Astrazione
Informale

MEF - Museo Ettore Fico
via Francesco Cigna 114, Torino
Orario: dal mercoledì alla domenica 11-19
T. +39 011 852510; info@museofico.it

Pop Art
MEF Outside
via Filippo Juvarra 13, Torino
Orario: dal mercoledì alla domenica 11-19
T. +39 011 0343229

Optical
Minimalismo
Arte Povera
Concettuale

Mastio della Cittadella
via Cernaia 1, Torino
Orario: dal mercoledì alla domenica 11-19

Transavanguardia
Nuova Figurazione
International

Palazzo Barolo
via Corte d'Appello 20/C, Torino
Orario: dal mercoledì alla domenica 11-19

martedì 13 novembre 2018

I MACCHIAIOLI

Odoardo Borrani (Pisa 1833 - Firenze 1905)
La raccolta del grano sull’Appennino, 1861
Olio su legno, 54 x 126,5 cm
Viareggio, Istituto Matteucci
I MACCHIAIOLI. Arte italiana verso la modernità, a cura di Cristina Acidini e Virginia Bertone, con il coordinamento tecnico-scientifico di Silvestra Bietoletti e Francesca Petrucci, vede la collaborazione dell’Istituto Matteucci di Viareggio e presenta circa 80 opere provenienti dai più importanti musei italiani, enti e collezioni private, in un ricco racconto artistico sulla storia del movimento, dalle origini al 1870, con affascinanti confronti con i pittori coevi italiani. Gli antefatti, la nascita e la stagione iniziale e più felice della pittura macchiaiola, ossia il periodo che va dalla sperimentazione degli anni Cinquanta dell’Ottocento ai capolavori degli anni Sessanta, saranno i protagonisti della mostra che per la prima volta alla GAM - Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino valorizzerà il dialogo artistico tra Toscana, Piemonte e Liguria nella ricerca sul vero.
Telemaco Signorini (Firenze 1835-1901)
Giovani pescatori
, 1861 circa
Olio su tela, 27,5 x 41 cm
Courtesy Galleria Berman
Fu a Firenze che i giovani frequentatori del Caffè Michelangiolo misero a punto la ‘macchia’. Questa coraggiosa sperimentazione porterà a un’arte italiana "moderna", che ebbe proprio a Torino, nel maggio del 1861, la sua prima affermazione alla Promotrice delle Belle Arti. Negli anni della sua proclamazione a capitale del Regno d’Italia, Torino visse una stagione di particolare fermento culturale. È proprio a questo periodo, e precisamente nel 1863, che risale la nascita della collezione civica d’arte moderna - l’attuale GAM - che aveva il compito di documentare l’arte allora contemporanea. In questa prospettiva un’attenzione particolare viene restituita ad Antonio Fontanesi, nel bicentenario della nascita, agli artisti piemontesi della Scuola di Rivara (Carlo Pittara, Ernesto Bertea, Federico Pastoris e Alfredo D’Andrade) e ai liguri della Scuola dei Grigi (Serafino De Avendaño, Ernesto Rayper), individuando nuovi e originali elementi di confronto con la pittura di Cristiano Banti, Giovanni Fattori, Telemaco Signorini, Odoardo Borrani, protagonisti di questa cruciale stagione artistica.
Giovanni Fattori (Livorno 1825 - Firenze 1908)
Buoi e bifolco in riva all’Arno (Bovi sul greto dell’Arno), 1870-75
Olio su tela, 43,8 x 104,8 cm
Genova, Raccolte Frugone
Il percorso prende il via con il racconto della formazione dei protagonisti, necessario per far apprezzare a pieno il contributo innovativo dei Macchiaioli all’interno della storia dell’arte. Dalle opere di pittori e maestri accademici di gusto romantico o purista, come Giuseppe Bezzuoli, Luigi Mussini, Enrico Pollastrini, Antonio Ciseri, Stefano Ussi, ai giovani futuri macchiaioli come Silvestro Lega, Giovanni Fattori, Cristiano Banti, Odoardo Borrani.
A punteggiare la mostra è la partecipazione delle opere scelte alle prime Promotrici di Belle Arti e alla prima Esposizione nazionale di Firenze del 1861; sullo sfondo è la visita all’Esposizione Internazionale di Parigi del 1855, che fu un avvenimento decisivo per i giovani macchiaioli, suscitando grande curiosità ed emulazione nei confronti della nuova visione "oggettiva" e diretta. Furono anni di sperimentazione in cui le ricerche sul colore-luce, condotte en plein air, crearono un comune denominatore tra pittori legati in gruppi e cenacoli tra Piemonte, Liguria e Toscana.
Ernesto Rayper (Genova 1840 - Gameragna di Stella 1873)
I pittori, 1867 circa
Olio su tela, 58 x 85 cm
Genova, Galleria d’Arte Moderna
Si affronta quindi la sperimentazione della macchia applicata al rinnovamento dei soggetti storici e di paesaggio, con opere degli anni Cinquanta e dei primi Sessanta, durante i quali talvolta gli amici si trovavano vicini a dipingere lo stesso soggetto da angolature di poco variate, così da evidenziare il loro percorso comune e il proficuo dialogo intessuto in quegli anni di profondi mutamenti non solo artistici, ma politici e culturali in senso ampio.
A seguire si propongono le scelte figurative dei macchiaioli dall’Unità d’Italia a Firenze capitale e gli ambienti in cui maturò il linguaggio macchiaiolo: dalle movimentate estati trascorse a Castiglioncello, nella tenuta di Martelli, ai più pacati pomeriggi autunnali e primaverili a Piagentina, nell’immediata periferia fiorentina, ove gli artisti si erano ritirati a lavorare al riparo dalle trasformazioni della Firenze moderna, accentuate dal 1865 dal suo ruolo di capitale dell’Italia unita.
Alfredo d’Andrade (Lisbona 1839 - Genova 1915)
Ritorno dai boschi al tramonto, 1869
Olio su tela, 75,1 x 151 cm
Genova, Museo dell’Accademia Ligustica di Belle Arti
L’ultimo capitolo del viaggio affianca alle opere l’esperienza cruciale di due riviste: il «Gazzettino delle Arti del Disegno», pubblicata a Firenze nel 1867, e l’«Arte in Italia», fondata due anni dopo a Torino e che accompagna le vicende artistiche italiane sino al 1873. Sulle colonne del «Gazzettino» Martelli, Signorini e altri critici presentano il loro sensibile e acuto spirito di lettura nei confronti delle espressioni contemporanee europee e la consapevolezza di una ulteriore svolta evolutiva della pittura, che si lascia alle spalle il pur glorioso linguaggio della macchia, che, a quel punto, mostrava di aver compiuto il suo ruolo innovatore.
Lorenzo Gelati (Firenze 1824-1895)
L’Arno a San Niccolò con il bagno delle donne e panni stesi al sole
1869 (con riprese post 1875)
Olio su tela, 33 x 113 cm
Fondazione CR Firenze
Un impegno sul fronte della critica destinato idealmente a proseguire sul mensile «L’arte in Italia», rivista che contribuì al rinnovamento dell’ambiente artistico piemontese con personalità come Giovanni Camerana, tra i più lucidi sostenitori delle ricerche sul vero condotte da Fontanesi e dalla Scuola di Rivara, nell'ambito di un dialogo teso alla modernità fra artisti di ogni parte d’Italia.

I MACCHIAIOLI
Arte italiana verso la modernità

Dal 26 ottobre 2018 al 24 marzo 2019
GAM Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea
Via Magenta, 31 Torino
Orari: da martedì a domenica: 10 - 18. Lunedì chiuso.
Il servizio di biglietteria termina un’ora prima della chiusura
Informazioni e prenotazioni singoli e gruppi:
www.ticketone.it; t.  011 0881178; gruppiescuole@tosc.it ( lunedì - venerdì, 9 - 18; sabato, 9 - 13).
www.ticket24ore.it; t. 011/2178540 (lunedì - venerdì, 10 - 17).

LA NATURA DELICATA DI ENRICO REYCEND

La Gran Madre di Dio
1886
Olio su tavola, 29 x 39 cm
Collezione privata
La Fondazione Accorsi-Ometto prosegue nel suo intento di riscoperta dei pittori piemontesi dell’Ottocento, dedicando una mostra a un artista torinese, Enrico Reycend, troppo a lungo dimenticato dalla critica e dalla storia dell’arte novecentesche.
L’esposizione, a cura di Giuseppe Luigi Marini e in collaborazione con lo Studio Berman di Giuliana Godio, presenta una settantina di opere che vanno dagli esordi espositivi agli anni tardi della sua produzione.
Enrico Reycend nacque a Torino il 3 novembre 1855. La sua famiglia discendeva da librai e mercanti d’arte di Monestier de Briançon, nel Delfinato, che nel 1675 si trasferirono a Torino e portarono avanti una proficua attività fino al 1863.
Reycend studiò all’Accademia Albertina, lasciandola nel 1872 senza diplomarsi. Esordì alla Promotrice nel 1873 con due paesaggi della periferia urbana dove Antonio Fontanesi conduceva gli allievi a lavorare en plein air. Dal 1874 al 1920 espose al Circolo degli Artisti, pur rimanendo artista solitario e schivo, dalla marcata individualità sempre più affrancata dalla pittura di Fontanesi.
Nell'alto Canavese
matita e acquarelli, 8,5 x 13,5 cm
Collezione privata
Nel 1878 partecipò all’Esposizione universale di Parigi, dove vide direttamente la pittura di Jean-Baptiste Camille Corot, che considerava, come Fontanesi e i paesisti di Rivara, il maggior innovatore della pittura. Dal 1881 espose in diverse città italiane, diventando un’alternativa, più intimista e poetica, al verismo di Delleani; nuovamente a Parigi nel 1890 e nel 1900 e dal primo decennio del Novecento anche nel resto d’Europa, negli Stati Uniti e in America del Sud. Divenne socio onorario di Brera e prese parte alle prime tre Biennali di Venezia.
Con lo scoppio del conflitto mondiale il pittore ricevette i primi rifiuti da parte di varie giurie: i suoi dipinti sembravano ormai superati, rispetto a una pittura più alla moda e alle sperimentazioni avanguardistiche del primo Novecento. Più avanti, oppresso dalle difficoltà economiche, si limitò a replicare i medesimi soggetti, perdendo quel tratto personale che l’aveva per lungo tempo contraddistinto.
Il porto di Genova
1886
Olio su tela, 81 x 132,5 cm
Collezione Fondazione Francesco Federico Cerruti per l’Arte.
Prestito a lungo termine al Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli (Torino)
A metà degli anni Venti, giunse il tracollo economico: casa Reycend di via Villa della Regina 30, che i genitori avevano acquistato a fine Ottocento, fu venduta e l’artista andò in affitto in poche stanze in via Lagrange 29, dove morì il 21 febbraio 1928. La sua figura cadde immeritatamente nell’oblio: dal suo esordio nel 1873 al giorno della morte, era passato mezzo secolo e l’arte italiana era stata attraversata da un’impressionante accelerazione progressiva che ne aveva trasformato i linguaggi e le idee. La sua opera, pertanto, venne condannata, come in generale l’Ottocento italiano, a espressione di una cultura attardata, sostanzialmente ‘provinciale’.
Figure in un interno
1895 circa
Olio su tavola, 34 x 23,5 cm
Collezione privata
La vera «riscoperta» dell’artista e delle caratteristiche «uniche» del suo personalissimo linguaggio poetico nel paesisimo, piemontese e non solo, del tardo Ottocento e del primo Novecento, dovette attendere l’autorevole intervento di Roberto Longhi, che non si limitò alla Biennale di Venezia del 1952, quando, occupandosi dei «paesisti piemontesi», aggiunse alla triade Fontanesi - Avondo - Delleani il nome e le opere di Reycend e scrisse del valore dell’artista, e poi, sulle pagine della rivista «Paragone», rivelò la propria attenzione, anche come collezionista in prima persona nei confronti di quel misconosciuto artista. Lo riconobbe come il più informato pittore del proprio tempo per l’originale linguaggio di tangenza impressionista: un interesse e un’attrazione che aveva convinto lo storico dell’arte a mettere insieme una piccola, ma selezionata collezione di sue opere che, sempre nel 1952, con generosa liberalità, donò alla Galleria d’Arte Moderna di Torino.
Aia d’autunno
1921 circa
Olio su tela, 50 x 67 cm
Collezione privata
Da quel momento tutta la critica, in primis quella piemontese, fece a gara per valorizzare e approfondire l’originale pittore sino ad allora praticamente ignorato: a cominciare dalla grande retrospettiva di ben 110 dipinti organizzata dalla Galleria Fogliato di Torino nel 1955. La rassegna era accompagnata da un ricchissimo e illustratissimo catalogo di quanto esposto, firmato da Michele Biancale e con un ampio saggio introduttivo di Marziano Bernardi.
A prescindere dalla presenza di opere e dal meritato riconoscimento critico del pittore torinese in numerose rassegne, in realtà, la sola, importante «rievocativa», ricca di 79 dipinti, venne allestita nell’estate 1989 al Palazzo - Liceo Saracco di Acqui Terme, curata da Angelo Dragone.
Dopo quasi trent’anni dall’ultima esposizione, è doveroso, quindi, rendere omaggio a questo grande artista che, nelle sue pennellate dai colori vivaci e nello spezzettarsi della luce, seppe riprodurre l’ambiente circostante con particolare sensibilità.

LA NATURA DELICATA DI ENRICO REYCEND
Dal 26 settembre 2017 al 20 gennaio 2019
Museo di Arti Decorative Accorsi - Ometto
Via Po 55, Torino
Orario: da martedì a venerdì 10 - 13 e 14 - 18; sabato, domenica e festivi 10 - 13 e 14 - 19. Lunedì chiuso
Info: t. 011 837 688 int. 3; info@fondazioneaccorsi-ometto.it
www.fondazioneaccorsi-ometto.it

lunedì 12 novembre 2018

FESTIVAL DELL’EDUCAZIONE

Dal 29 novembre al 2 dicembre 2018  la città di Torino ospita il FESTIVAL DELL’EDUCAZIONE, dal tema Per un pensiero creativo, critico e civico, con il contributo dell’Università degli Studi di Torino e di altre Università italiane, la collaborazione dell’Ufficio Scolastico Regionale per il Piemonte e dei principali soggetti del comparto educazione e formazione.
L’iniziativa costituisce un'occasione di incontro, un luogo di scambio per creare connessioni tra i diversi cicli didattici, dalla scuola per l’infanzia all’università, e dare visibilità alle tante realtà che quotidianamente si mettono al servizio della comunità cittadina.
330 esperti nazionali ed internazionali, istituzioni, associazioni e reti di professionisti si confronteranno sulle strategie più opportune da adottare in un prossimo futuro per valorizzare risorse ed esperienze da impiegare in nuove progettualità.

Il Festival si articola in 205 eventi suddivisi in quattro giornate per 160 sedi, con sessioni plenarie, seminari di approfondimento teorico, workshop con proposte metodologiche e operative, presentazioni di esperienze e buone pratiche, dialoghi e tavole rotonde, installazioni temporanee e mostre tematiche, visite didattiche interattive nei musei della città, eventi e spettacoli serali e molte iniziative rivolte alle famiglie con letture dedicate all’infanzia, laboratori e momenti di gioco.

 Apertura dei lavori e presentazione giovedì 29 novembre dalle 11 alle 13 presso la Casa del Teatro Ragazzi e Giovani,
corso Galileo Ferraris 266, Torino.
La partecipazione è gratuita con prenotazione obbligatoria e iscrizione on line al sito www.festivaleducazione.net.
Per informazioni:
Segreteria organizzativa Festival dell’Educazione
Orario: da lunedì a giovedì 9 - 16; venerdì 9 - 14
t. 011 01139212/14
festivaleducazione@comune.torino.it

venerdì 9 novembre 2018

COURBET E LA NATURA

Autoritratto con il cane nero
1842
Olio su tela, cm 46,5 x 55,5
Parigi, Petit Palais, Musée des Beaux-Arts de la Ville de Paris
«Il bello è nella natura e si incontra nella realtà sotto le forme più diverse. Appena lo si trova, esso appartiene all’arte, o piuttosto all’artista che sa vederlo». Così Gustave Courbet scriveva nella prefazione dell’opuscolo che accompagnava la mostra personale organizzata nel celebre "Pavillon du Réalisme", a margine dell’Esposizione universale del 1855.
Caprioli alla fonte
1868
Olio su tela, cm 97,5 x 129,8
Fort Worth, Kimbell Art Museum
Per la prima volta, dopo quasi cinquant’anni dalla retrospettiva presso Villa Medici a Roma, torna in Italia Gustave Courbet (1819-1877), in una rassegna dedicata al genio indiscusso dell’Ottocento e al suo rivoluzionario approccio alla pittura di paesaggio. Fino al 6 gennaio 2019, nel Palazzo dei Diamanti a Ferrara saranno esposte 49 opere provenienti dai principali musei europei e americani, suddivise in dodici sale per altrettanti approfondimenti tematici a cura di Dominique de Font-Réaulx, Barbara Guidi, Maria Luisa Pacelli, Isolde Pludermacher e Vincent Pomarède. Le sezioni Gustave Courbet, Cartoline dalla Franca Contea, Sulle rive della Senna, Natura e figura, Buongiorno Signor Courbet, Grotte e sorgenti, Guardando i maestri, Paesaggi rocciosi, "Paesaggi di mare": onde, "Paesaggi di mare": marine; La Svizzera: gli anni dell'esilio, La caccia, indagano i differenti generi pittorici reinterpreteti in maniera innovativa dell'autore, sia sul piano dei motivi, sia della pratica pittorica.
Volpe nella neve
1860
Olio su tela, cm 85,7 x 128
Dallas Museum of Art, Foundation for the Arts Collection, Mrs. John B. O’Hara Fund
Uomo dalla personalità forte e complessa, Courbet s’impose come padre del realismo, aprendo la strada alla modernità in pittura con tele provocatorie e antiaccademiche la cui principale fonte d’ispirazione fu la natura.
La mostra presenta molti capolavori, come L'incontro o Buongiorno signor Courbet (1854), dedicato al sodalizio con il banchiere Alfred Bruyas; l’autoritratto L’uomo ferito (1844-54) proveniente dal Musée d'Orsay o le celebri Fanciulle sulle rive della Senna (1856-57) - tela di soggetto popolare insolitamente di grande formato -, proveniente dal Petit Palais di Parigi e conduce il visitatore in un percorso attraverso i panorami della sua terra, le spettacolari marine battute dalla tempesta, le misteriose grotte da cui scaturiscono sorgenti, fino alle cavità carsiche spalancate sui torrenti.
Guardato come un maestro dagli impressionisti e venerato da Cézanne, Courbet svela forme latenti, catturando i fenomeni naturali più elusivi e transitori, dai sensuali nudi immersi in una rigogliosa vegetazione alle sublimi scene di caccia della maturità.
Cacciatore a cavallo
c. 1864
Olio su tela, cm 119,4 x 95,3
New Haven, Yale University Art Gallery.
Dono di J. Watson Webb, B.A. 1907, e Electra Havemeyer Webb
«Per dipingere un paesaggio bisogna conoscerlo. Io conosco il mio paese, lo dipingo», afferma il pittore. I paesaggi della regione natale, la Franca Contea, occupano pertanto un posto di rilievo: la vallata lussureggiante della Loue, gli altipiani aridi, i fiumi impetuosi, il sottobosco e i cieli, ora tersi ora gravidi di pioggia, sono rielaborati in infinite e sorprendenti varianti. Le coste mediterranee nei pressi di Montpellier, i paesaggi rocciosi della regione della Mosa in Belgio, le marine della Normandia, con le onde rigonfie prima di infrangersi sugli scogli, alternano atmosfere sublimi a stati d'animo carichi di nostalgia. Malinconia che assume evidenza sostanziale negli scorci del lago Lemano, dipinti a La Tour-de-Peilz in Svizzera, durante gli ultimi anni trascorsi in esilio per aver partecipato alla comune di Parigi del 1873, con l'accusa di aver abbattuto la colonna Vendome, simbolo del potere monarchico.
L’onda
c. 1869
Olio su tela, cm 46 x 55
Edimburgo, National Galleries of Scotland.
Dono di Sir Alexander Maitland in memoria della moglie Rosalind, 1960
A questi luoghi, dove ebbe modo di soggiornare o che visitò nel corso della sua vita, si aggiungono i dipinti che hanno per tema le nature morte, i nudi e gli animali nel paesaggio, osservati da Courbet con sguardo originale, affascinato dal mistero ma consapevole della grande tradizione pittorica occidentale dei maestri italiani e fiamminghi studiati al Louvre, combinati alla fascinazione  per gli ideali estetici dei pittori contemporanei inglesi. Tanto Volpe nella neve (1860), Cervo nell'acqua (1861) quanto I levrieri del conte di Choiseul (1866), travalicano il dato naturalistico per assumere un significato metaforico che abbraccia la transitorietà della condizione umana o identifica nell'aristocratico portamento del soggetto la dignità sociale del committente.
Dall'Onda giapponista del 1869, proveniente da Edimburgo, alle cangianti distese di neve del Cacciatore a cavallo (1863-64), i significati allegorici, i piani semantici si stratificano rivelando una produzione pittorica e le vicende biografiche di un artista lontano dai compromessi in grado di traghettare l’arte francese dal sogno romantico alla pittura di realtà.

COURBET E LA NATURA

22 settembre 2018 - 6 gennaio 2019
Palazzo dei Diamanti
Corso Ercole I d'Este, 21 - Ferrara
Orario: tutti i giorni dalle 9 alle 19 (la biglietteria chiude trenta minuti prima). Aperture straordinarie: 8 dicembre, 4 e 5 gennaio fino alle 22,30; 31 dicembre fino alle 23,30.
Informazioni e prenotazioni: t. 0532 244949; diamanti@comune.fe.it
www.palazzodiamanti.it