lunedì 28 maggio 2012

Albisola. Hic et nunc

Ideata come parziale documentazione del panorama artistico nel comprensorio albisolese del ventesimo secolo, la mostra organizzata dalla Galleria Terre d’Arte di Torino con il patrocinio del Comune di Albissola Marina si sofferma su alcuni degli esiti ceramici più significativi firmati da Capogrossi, Cherchi, Fabbri, Rossello, Jorn, Lam, Garelli, Sassu, da Scanavino a Sabatelli, selezionati da Riccardo Zelatore e Norma Dal Zen.
Sotto gli impulsi dell'Art Decò e soprattutto grazie alla vitale operosità del Secondo Futurismo, la produzione albisolese è legata, nei primi decenni del Novecento, principalmente alla realizzazione di oggetti a scopo funzionale secondo le intenzioni della "ricostruzione futurista dell'universo". Se già in precedenza, alcuni autori avevano enunciato un'intenzione scultorea nei confronti della ceramica, è con gli anni successivi al secondo conflitto mondiale che la sua pratica assurge al ruolo di vera e propria opera d'arte. L'esperienza dell'Informale segna l'affermarsi di nuove possibilità espressive della materia, il clima vivace dell'arte spaziale e nucleare favorisce la cittadina ligure come luogo di incontro fra ricerche plastiche e pittoriche.
Nel 1954 Fontana è artista primario negli Incontri Internazionali voluti da Tullio d'Albisola e Dangelo con il concorso di Jorn e la presenza di Corneille, Appel, Matta, Baj, Garelli, Crippa e altri a determinare una esplosione di produttività artistica ed espositiva, che attrae l'attenzione verso il tramite ceramico di galleristi come Carlo Cardazzo. Si instaura un rapporto osmotico artista-paese che favorisce l'instaurarsi di un clima di effettivo interscambio sociale tra colonia artistica e collettività. Con la scomparsa di Fontana e soprattutto di Tullio Mazzotti, le sperimentazioni linguistiche successive faticano a radicare in Albisola al pari dell'interesse e alla risposta del mercato.
La diffusione dei procedimenti di produzione seriale, la problematica del design, l'affermarsi del multiplo, il fascino verso i materiali industriali sono alcune delle componenti che incidono sul dibattito culturale dell'epoca e influenzano le nuove generazioni. Albisola rimane comunque un attivo affollato laboratorio dove alla tradizione si contrappogono la ricerca e la sperimentazione d'avanguardia, grazie anche all'impulso dato dall'attività di alcune storiche manifatture come le Ceramiche San Giorgio, Studio Ernan Design, Casa dell'Arte, Ceramiche Pierluca, Fabbrica Casa Museo Giuseppe Mazzotti 1903.

Albisola. Hic et nunc
Mostra collettiva a cura di Riccardo Zelatore
Dal 24 maggio al 30 giugno 2012
Orario: 10,30-13,15 e 16,15-19,30
Galleria Terre d’Arte
Via Maria Vittoria 20/A - 10123 Torino
Tel./fax: +3901119503453; http://www.terredarte.net/; info@terredarte.net

venerdì 25 maggio 2012

Faroe Islands

Giovane studente presso la Facoltà di Fisica di Torino, Max Rota si spinge fino alle remote Isole Faroe per fotografare gli elementi, le variazioni di luce osservate da differenti angolazioni, con la curiosità di carpire il principio universale che regge la struttura intima della materia. Il dato antropologico è secondario o, meglio, si manifesta nell’energia sprigionata da un cielo gravido di pioggia, da nubi cariche di particelle elettrostatiche, di rado squarciate da fugaci raggi di sole. Affacciato sul mare si scorge in lontananza un villaggio tipico, con le abitazioni in legno, per una popolazione che varia da poche migliaia di individui, fino ad arrivare a qualche decina nei villaggi più isolati.
Tristemente note alle cronache per la mattanza dei delfini, le isole Faroe sono in primo luogo un paradiso naturalistico considerato dall’Unesco fra i migliori al mondo, con un’economia basata sull’allevamento di pecore (il doppio rispetto agli abitanti), sulla piscicoltura e su una modesta attività estrattiva.
Max Rota documenta queste ed altre peculiarità del paesaggio con una macchina analogica utilizzando, per soffermarsi su dettagli più tecnici, pellicole di grandi dimensioni (6x4,5 mm) da cui ricava immagini ad ampio spettro e ad alta definizione. Grazie a stampanti a getto d’inchiostro di ultima generazione i colori si imprimono sulla carta opaca con una consistenza vellutata, per conferire alla bruma talvolta grigia, talatra perlacea, al verde muschio delle distese erbose l’adeguata eleganza.
Sebbene molto giovane, poco più che ventenne, fin da piccolo Max Rota si avvicina alla fotografia, indagando e studiando le tecniche tradizionali, con particolare interesse al recupero dei procedimenti di stampa all’albumina. Un approccio scientifico felicemente supportato dall’attenzione al dettaglio, pur sempre ancillare rispetto al sentimento e alle emozioni che muovono chiunque si ponga alla ricerca avventurosa di ambiti e luoghi sconosciuti.

Faroe Islands
Mostra fotografica di Max Rota
Dal 19 al 31 maggio 2012
Orario: dal martedì al sabato dalle 15,30 alle 19
Galleria Arte Fiano
Via Fiano 14 – 10143 Torino

sabato 19 maggio 2012

Torino, la storia e l'arte

L’Associazione San Filippo costituita nel 2007, si colloca nella tradizione di promozione sociale dell’Oratorio, invenzione di san Filippo Neri (1515-1595). Essa intende valorizzazione il patrimonio artistico e il complesso monumentale juvarriano della chiesa di san Filippo Neri, sito nel centro di Torino.
La visita guidata al complesso filippino, eretto nel 1675, comprende: la chiesa, la screstia, l'Oratorio, il sepolcreto, il museo, luoghi magici dove si intrecciano storia della città, arte e religione. Sono visibili i dipinti più prestigiosi del tempo, fra cui la pala del Maratta sopra l'altare maggiore, e lo splendido paliotto realizzato da Pietro Piffetti nel 1749, capolavoro di ebanisteria unico al mondo.

Domenica 27 maggio 2011 - ore 15
Chiesa di san Filippo Neri
Via Maria Vittoria 5 - 10123 Torino
Per informazioni: Associazione San Filippo
tel.: 340 1636494 - 347 4164845
Costo della visita guidata: euro 4

martedì 8 maggio 2012

Humus


Luigi Di Tullio, Humus 19, 2011, cm 35x38x17
La terra, questo è il punto di partenza della produzione ceramica di Luigi di Tullio e certamente il luogo di approdo della mostra personale allestita nei locali della Galleria PoliArt di Milano.
Il terreno fertile dal quale trarre materie prime e ispirazione per panneggi minimalisti, è modello e manifestazione concreta di una puntuale indagine formale, per opere che sfuggono alla costrizione della superficie bidimensionale e vanno ad integrarsi alle pareti e al pavimento dello spazio espositivo.

Luigi Di Tullio, Humus 30, cm 50x38x10
I riferimenti culturali, l'humus che apporta linfa vitale al pensiero dell’autore, sono le ricerche del pittore William Congdon e dello scultore Giacomo Sparasci, quest'ultimo vicino al linguaggio di Henry Moore e Hans Arp, autori rispettivamente di composizioni scarne e travagliate e di volumi curvilinei epurati fino al limite estremo dell’astrazione.
Ma non solo, la mostra Humus “parte dalla terra, dalle nostre origini, dal senso di quello che viviamo" si legge nella presentazione in catalogo, per diventare teatro di una spiritualità pregnante, che altrove sfocia in soggetti a tema religioso tra i quali la Passione e qui si rivela in sculture fortemente simboliche, smaltate di rosso, bianco, blu e nero.

Luigi Di Tullio, Humus 27, cm 50x40x12
Tutto si gioca nell'equilibrio tra corpo e anima, significante e significato, apparenza e sostanza,  fonte di energia che aggrega in un tutto unitario la natura caotica della materia, che aspira a raggiungere il nucleo della forma, sublimato nella perfezione monadica della linea, principio e fine ultimo dell’idea potenziale.
Linea che si manifesta in precedenti lavori risalenti agli anni novanta, caratterizzati dalla figurazione sfuggente a rilievi di colore nella serie Sospensioni, a cui fanno seguito i Ritratti e il ciclo Appartenenze; opere materiche, rarefatte ma non informali, in bilico tra presenza e assenza, con un esplicito omaggio a Scanavino, autore altrettanto introspettivo ed esistenzialista.

Luigi Di Tullio, Humus 29, cm 40x30x15
Facendo riferimento ad alcuni aspetti concettuali della visione di Fontana e Castellani, la serie fittile dà luogo ad un 'neo spazialismo', che integra la definizione di 'neo minimalismo dinamico', data dal critico e curatore dell'esposizione Leonardo Conti.
L'arte in generale e specificamente il lavoro di Luigi Di Tullio, si pone come esperienza visiva e sensoriale e come momento di crescita personale per sé e per gli altri, partendo dall’assunto che l'artista non ha solo il compito di dar voce alle proprie aspirazioni, ma deve far conoscere al pubblico una realtà utopica non immediatamente percepibile. Ad una molteplicità di fruitori corrisponde una pluralità interdisciplinare di stimoli, anche musicali, come le note appositamente composte da Paola Samoggia per l'inaugurazione, al fine di ottenere un complesso armonico ed una sorta di situazione ambientale che coinvolge ogni partecipante.
Luigi di Tullio avverte nell'adempiere a questo impegno morale, l'importanza di calibrare ogni gesto, la necessità di non mistificare il suo pensiero approntando quaderni di appunti, annotazioni, bozzetti preliminari che conferiscono quella particolare assolutezza al modellato.

Luigi Di Tullio, Scultura 6, cm 30x30x5
Il tutto senza trascurare il dato tecnico, la letterale ‘prova del fuoco’ a cui è sottoposto ogni esemplare per raggiungere la perfezione estetica. Solo allora, quando il calore ha temprato l’argilla, quando gli smalti si cristallizzano in velature uniformi, sfolgoranti nella loro brillantezza, il ciclo produttivo termina.
L'opera acquista così un peso specifico, identificabile probabilmente nell'aura non più soggetta al grado di riproducibilità, ma rispondente a precise dinamiche operative e cognitive.
Una forza ancestrale, o l’entelechia in termini aristotelici, che tramite il gesto prende corpo e, giustificata dalla sensibilità ricettiva dell’osservatore, assume un significato universale, portando a definitivo compimento l'atto creativo.

Humus
Mostra personale di Luigi Di Tullio
Dal 3 maggio al 2 giugno 2012
Orario: mercoledì e giovedì dalle 16,45 alle 19.30 venerdì e sabato dalle 10.30 alle 13 e dalle 16.30 alle 19, gli altri giorni su appuntamento
A cura di Leonardo Conti
Galleria PoliArt Contemporary
Viale Gran Sasso 35 - 20131 Milano
tel. +39 02 70636109; cell. +39 388 6016501; info@galleriapoliart.com; http://www.galleriapoliart.com

lunedì 7 maggio 2012

Manuela Mortara

Manuela Mortara, Alive, cm 100x50, alio su tavola
Se è vero, e non c'è ragione per dubitarne, che gli occhi sono lo specchio dell'anima, gli sguardi di Manuela Mortara sono il riflesso di un'indole passionale, istintivamente propensa a far emergere la pulsione vitale racchiusa nei soggetti che rappresenta.
Raffigura in molti casi volti femminili, emblemi di perfezione incarnati dalle dive dell'olimpo mediadico, svincolate dalla dimensione patinata delle riviste di moda e costume e investite di ieratica regalità (Il cerchio perfetto) o di purezza diafana, quali ninfe bucoliche di una rinnovata allegoria botticelliana (Innocenza). Muse ispiratrici enigmatiche come la Monna Lisa, rese attuali nei tratti somatici, così da identificare una nuova tipologia di bellezza propria del tempo presente.
Manuela Mortara, Innocenza, cm 105x50, olio su tavola
Libera da deferenza verso i modelli aulici del passato, l’autrice sviluppa una sorta di neoclassismo originale attento alle proporzioni, ma non manierato, adatto a raffigurare temi di attualità, come i disastri della bomba atomica, o tematiche più intimiste quali il dono della maternità e la tutela dell’infanzia.
Le figure di Manuela Mortara hanno nell’iride una scintilla che accende gli sguardi e spalanca altrettante finestre su mondi esotici, microclimi edenici, luoghi dell’anima talvolta idilliaci altri drammatici ai quali abbandonarsi oppure da decodificare e interpretare, come al risveglio da un sogno vividamente impresso nella mente (Colpo d’occhio).
Manuela Mortara, La finestra sul confine dell'anima, cm 75x75, olio su tavola
Arte e vita si rincorrono su un piano paritetico compendiato nello stile iperrealista ottenuto, occorre ribadirlo, senza l'ausilio di supporti fotografici, ma anzi, appena suggerito da lievi tratti a matita dissimulati dalla superficie pellicolare dei colori ad olio. Fin dall'infanzia, quando dipinge il primo albero, sono il dettaglio chiaroscurale e la resa didascalica dei particolari naturalistici il centro della sua attenzione, mentre il disegno è il linguaggio privilegiato per esprimere e maturare il proprio universo interiore. Al talento precoce fanno seguito studi scientifici, culminati nella laurea in Scienze Naturali e l'attività di restauro su tele e statue.

Manuela Mortara, Fiori d'arancio, cm 55x95, olio su tavola
Ma è davvero l'intelligenza visiva, capace di sondare la psicologia e gli strati emotivi più profondi dell’animo umano, a sostenere l'intero lavoro di Manuela Mortara. Una sensibilità al dato naturale e antropologico supportato dall’esercizio costante della pratica artistica, tesa a perfezionare una tecnica già eccellente e a migliorare se stessa nel superamento dei propri limiti. Artefice di una visione partecipe al contesto storico e contingente, non si ferma agli aspetti puramente estetici della pittura, ma ne fa un mezzo per prendere posizione su questioni sociali, emergenze umanitarie e sui disastri ambientali che con i sentimenti più nobili costituiscono il principio controverso dal quale muove ogni più autentica avventura creativa.

Manuela Mortara
Mostra personale
Dal 5 al 17 maggio 2012
Orario: dal martedì al sabato 15,30-19
Galleria Arte Fiano
Via Fiano 14 - 10143
Per informazioni: tel.3405526730

venerdì 4 maggio 2012

Torino, la storia e la santità

Un periodo di storia della città attraverso i luoghi del beato Sebastiano Valfré e della beata Maria degli Angeli.
Il percorso illustra le vicende storiche vissute dalla città attraverso episodi che hanno coinvolto figure assai note e importanti dell'epoca: i beati Sebastiano Valfré e Maria degli Angeli. Qui la storia si intreccia con l'arte e si ha l'occasione di entrare e ammirare luoghi di inestimabile valore artistico.
La visita gratuita comprende: chiesa di San Filippo Neri, chiesa di Santa Teresa, chiesa dell'Immacolata, chiesa della Visitazione, chiesa di Santa Cristina.

Sabato 12 maggio 2012
Partenza ore 9 davanti alla chiesa di San Filippo Neri
via Maria Vittoria 5 - 10123 Torino
Associazione San Filippo
tel.: 340 1636494
www.facebook.com/associazionesanfilippo
Associazione Volarte
tel.: 011 0702110
http://www.volarte.it/
In collaborazione con http://www.studibeatovalfre.org/

Ël profum ëd la campagna


Michele Morello, La vigna ‘d  Barbera, 
olio su tavola, cm 40 x 30
Michele Morello nasce a Nichelino (Torino) il 29 aprile 1939.
Pittore figurativo di vena tradizionale impressionistica dal 1975 frequenta l’amico e maestro pittore Francesco Cerioli dal quale apprende i suggerimenti e consigli del dipingere en plen air e con le scampagnate di gruppo il piacere del confronto con  gli altri amici pittori  tra i quali Beppe Chiaudano, Gilberto Francisetti.
Le sue opere sono presenti in pinacoteche di Comuni e Fondazioni italiane e in collezioni permanenti di vari paesi europei tra cui Spagna, Belgio, Svizzera, Francia, Germania, Olanda ed Irlanda.

Michele Morello, Poirin vist  dai capussin, 
olio su tavola, cm 30x40
La mostra personale presso la Ca' del Bosco a Poirino rappresenta un omaggio alla terra e ai luoghi d'infanzia, sui quali sedimenta il proprio racconto della memoria. Quel Piemonte in parte scomparso e oggi, in un clima di condiviso recupero della storia e della cultura locali, riscoperto e portato alla ribalta. Ogni scorcio è ritratto dal vero secondo i metodi pittorici della più consolidata tradizione figurativa di genere. Ciascun dipinto è un'istantanea preziosa che documenta profumi, sfumature e cromie di un territorio fortemente caratterizzato, con le pendici montuose sullo sfondo del Pian della Mussa, le Valli di Lanzo e i filari di vite sulle Colline di Langa, "le prime care ai pittori Sobrile e Sauli d’Igliano, le seconde a Lalla Romano o Francesco Menzio" (G.G.Massara).

Ël profum ëd la campagna nelle opere di Michele Morello
Mostra personale
Ca' del Bosco
Via dell'Ospedale, 1 - Poirino
Sabato 12 e domenica 13 maggio 2012
Orario: sabato 12 maggio  10-12,30 e 14,30-19
domenica 13 maggio dalle 10-19
Per informazioni: Michele Morello tel.3349807002

giovedì 3 maggio 2012

Interviste/GUGLIELMO CASTELLI

Guglielmo Castelli
Guglielmo Castelli (Torino, 1987) è presente con la mostra personale Chiama quando arrivi presso la Galleria l'église, in via Lagrange 13 a Torino, dal 3 maggio al 7 giugno 2012.

Ti definisci illustratore o pittore?
Sono partito da una matrice illustrativa, ma l'illustrazione era troppo limitante. Il minimalismo, basato sull'equilibrio tra detto e non detto non può esserci e quindi avevo la necessità di dedicarmi alla pittura.
Tra l'altro non sei alla tua prima mostra personale...
No, la prima è stata alla Galleria DAC di Genova nel 2010, l'anno scorso ho iniziato una meravigliosa collaborazione con la Galleria Il Segno di Roma, con la quale ho partecipato alla rassegna Bologna Arte Fiera e, dopo questa personale con venti lavori realizzati appositamente, inaugurerò un'esposizione ad ottobre ad Amsterdam.
Sei un artista molto giovane, hai qualche maestro di riferimento?
Come tipologia stilistica, sicuramente Bacon e Bruegel, guardo a certi aspetti antropomorfi di Louise Bourgeois e, nell'ultimo periodo, ai colori liquidi di Peter Doig. Mi affascinano i suoi paesaggi con figure umane perse nella natura, il modo in cui indaga il rapporto uomo-natura.
Ne deduco che non ti interessano i linguaggi multimediali e i nuovi media.
No. Il messaggio fondamentale nel mio caso parte dal titolo. Gran parte delle didascalie sono tratte da romanzi, come ad esempio Cent'anni di solitudine. Partendo da una matrice illustrativa e figurativa molto marcata ho anche un legame forte con la parola, per cui la maggior parte delle volte è da lì che parto.
Non sempre esiste un'identità fra titolo e immagine. Lo scarto di significato è voluto per aumentare il senso di spaesamento?
Sì, uno scarto c'è, anche se poi alcuni elementi del titolo sono riconducibili alle figure. Ad esempio nell'opera Quando il tutto poi è la stessa cosa il titolo allude alla ricomposizione della forma, pur conservando una propria autonomia. L'idea è quella di dare allo spettatore una possibile chiave di interpretazione offrendogli un possibile punto di vista. L'artista non è un eletto che fa un lavoro migliore di un altro e non esiste un'arte unilaterale.
E' difficile focalizzare un punto di vista nel coas di immagini che ci pervade?
Il mio lavoro è molto estetico e sto cercando un equilibrio, se giusto o sbagliato lo capirò, ma è molto complicato. E'molto difficile togliere. Capire fino a che punto sia possibile sintetizzare è il mio lavoro e l'essere artista mi dà la facoltà di capire qual è il limite. Quello che resta da definire è poi il modo in cui rappresentare l'equilibrio, se tramite la forma, i contenuti, i toni, i colori, ecc.
Il tuo stile sofisticato, scelto per illustrare le pagine di Vogue, da dove parte e come si è evoluto nel tempo?
Tutto parte dalla necessità quasi patologica di disegnare ogni giorno. Per me l'arte è una forma di sopravvivenza, il suo carattere mondano è secondario, l' aspetto fondamentale è che potrei non esserci, dal momento che sono le opere a parlare al posto mio. Disegno di tutto, non per esporre, il mio è un work in progress basato su parole e immagini. Non credo che riuscirei a fare lo stesso con il video o la fotografia.

martedì 1 maggio 2012

Bruno Fabbrini e Antonio Fariello

A giudicare dall’interesse suscitato fra i visitatori dalla doppia personale di Bruno Fabbrini e Antonio Fariello presso il Chiostro della SS. Annunziata a Torino, si può affermare con un certo sollievo che la pittura di paesaggio non ha ancora fatto il suo tempo.
Bruno Fabbrini, Masserano Antica
Bruno Fabbrini, reduce dalla recente esposizione nella stessa sede di scorci torinesi e del Ricetto di Candelo, prosegue il suo racconto piano e discorsivo descrivendo alcuni degli angoli più pittoreschi del Piemonte e d’Italia. Fra questi il Borgo Medievale riflesso sulle acque del Po solcate dal passaggio dei canottieri, un gruppo di barche attraccate alla banchina di fronte al Monte dei Cappuccini, accanto a nature morte di fattura fiamminga del XVI e XVII secolo, come il Vaso di rose dipinto alla maniera degli antichi maestri olandesi.
Bruno Fabbrini, Il Monte dei Cappuccini
Artefice di una pittura “senza compromessi”, Fabbrini instaura una corrispondenza fra temi e impianto formale di matrice verista nelle mondine chinate a raccogliere il riso con i piedi immersi nel terreno fangoso; carica di rinnovate suggestioni le familiari vedute del Ricetto di Candelo e i vicoli notturni di Masserano Antica, paese natale della madre in provincia di Biella. Infine siede ad osservare l’attesa paziente dei pescatori d’altura con le lenze gettate nel torrente, incuneato fra le anse di una gola rocciosa.
Bruno Fabbrini, Piazza Cavour
Ampliando lo sguardo sul patrimonio architettonico dislocato lungo lo stivale, Fabbrini diviene per noi guida di un itinerario silente e attraverso i suoi occhi ci fa riscoprire il Ponte di Rialto a Venezia, lontano dal fragore del turismo di massa, ci lascia attoniti di fronte al riflesso cristallino della Grotta Azzurra di Capri, rievoca l’eruzione del Vesuvio che svetta in silhouette su un cielo blu cobalto.
Bruno Fabbrini, Via Roma
Con l’incedere delle stagioni seguitiamo a passeggiare nelle fredde mattine invernali, tra i monumenti storici di Torino, fino a giungere davanti alla Chiesa della Gran Madre dove l’aria è pungente e le strade semideserte eludono per un attimo il traffico cittadino. Ci sorprende di tanto in tanto lo sfrigolio della neve, crepitante sotto le scarpe di qualche passante, quelle di due innamorati stretti sotto l’ombrello rosso in cammino all’imbrunire fra i lampioni accesi di Piazza Cavour. Ma la realtà è anche frenetica, dinamica, segue il ritmo veloce del tempo presente e rapidamente conduce sotto il porticato eclettico razionalista di Via Roma, che incalza Palazzo Madama e la cupola del Guarini, baluardi inespugnabili del migliore barocco piemontese.

Antonio Fariello, Cilento - Castellabate
Antonio Fariello presenta vedute del Cilento, di Castellabate, piccolo paesino di pescatori in provincia di Salerno, dove nasce nel 1942. Attualmente vive e svolge la sua attività di pittore a Settimo Torinese, ma le marine dai colori luminosi e dalle atmosfere metafisiche, con richiami alle muse di De Chirico nei volti mimetizzati lungo le scogliere (Passarono di qui) o arroccati al centro dell’arenile (Vennero da nord est), restano peculiari della sua pittura. Attivo da oltre cinquant’anni Fariello realizza numerosi ritratti attorno agli anni settanta, ma è l’acqua salmastra il suo elemento naturale. Definito ‘il Ligabue del mare’, conserva una certa naiveté nell’accostarsi alla bellezza perfetta della natura. Tuttavia questo non rappresenta un limite, del resto l’onestà d’intenti è piuttosto un valore aggiunto che un ostacolo alla creazione artistica, ma si configura come punto di partenza dal quale dipartono molteplici diramazioni semantiche e autobiografiche.

Antonio Fariello, Costa del Cilento
Appassionato di storia romana inserisce resti capitolini fra le insenature del Golfo di Policastro con una volumetria derivata dai primi studi da scultore e ceramista, poi tradotti in pittura sotto la scuola del prof. Mario Carotenuto, grazie al quale entra a far parte del cenacolo culturale presieduto dal poeta Alfonso Gatto. La sua formazione artistica si compie con gli insegnamenti del maestro Tristano Marchi, seguace della scuola di Posillipo, che ne condiziona la ricerca grafica e simbolica.
“Collerico, dolce, crudele, amico benevolo, irrequieto e immensamente grande all'orizzonte”, turchese come quello della Maddalena in Sardegna, di risacca sull’arenile di Castellabate, sormontato dallo strapiombo della vicina frazione di Santa Maria, il mare resta il suo nume tutelare e “modello d’eccezione”.
Antonio Fariello, La Maddalena
La tavolozza comprende l’indaco della lavanda, il lilla della battigia, il celeste dell’aria tersa, il verde smeraldo sul profilo dell’orizzonte e ogni gamma di blu per distillare tutta la trasparenza e la profondità del “padre del pianeta”. I pigmenti sono ocra per sostanziare il terreno sabbioso, bruni per consolidare la struttura minerale delle rocce, la gamma dei rossi argillosi permea il suolo dell’Isola di Licosa ricoperto dagli aghi del pino marittimo deformato dal vento, osservato e compreso in tutte le sue nodosità. Tutti insieme compongono la vegetazione della macchia mediterranea di Punta Tresina e del litorale salernitano. Vi è in ogni veduta un che di sublime ed una citazione di Friedrich nell’uomo appoggiato al lampione, smarrito di fronte all’immensità dell’universo.
Antonio Fariello, S. Maria di Castellabate
Antonio Fariello ha esposto in numerose mostre personali e collettive con l'Associazione ARTinsieme. Nella primavera del 1979 a Settimo Torinese partecipa ad un concorso sul tema della Memoria, a cui segue un breve scambio epistolare con Primo Levi, del quale condivide un sentimento di velata malinconia.
Il Comune di Castellabate ha recentemente acquisito tre dipinti per la collezione civica, presso il Museo di Arte Moderna e conserva alcune opere in permanenza presso Villa Matarazzo, tributando così il giusto riconoscimento ad un autore che con sincera dedizione nobilita la propria terra e valorizza da sempre un ambiente naturalistico dichiarato dall’Unesco patrimonio mondiale dell’umanità.

Bruno Fabbrini e Antonio Fariello
Doppia personale
Dal 27 aprile al 3 maggio 2012
Orario: dal lunedì al sabato 10-19
Chiostro della SS. Annunziata
Via Po 47 – 10124 Torino
Per informazioni: Bruno Fabbrini tel. 3409664123; Antonio Fariello tel. 3398046273