Gian Giorgio Massara
Si è appena conclusa, presso il museo Carlo Bilotti a Villa Borghese (Roma) la mostra CRUOR organizzata per Renata Rampazzi; curatore Claudio Strinati, autore di un lungo e meditato saggio. Gli altri testi sono firmati da Dacia Maraini che vede il "sangue simbolico stillare dai cieli" e da M. Vittoria Marini Clarelli che considera l'installazione dedicata alla violenza sulle donne destinata a "sfociare nella desolazione".
Ricordiamo Renata adolescente; la sua iniziale formazione s'identifica con il Liceo Artistico di Torino e la scuola di Riccardo Chicco. Solo successivamente frequenta l'Accademia fondata da Kokoschka per quindi avvicinarsi al gruppo CO.BR.A. L'artista vive a Roma, qui trasferitasi con il marito, il regista Giorgio Treves. 1977 è l'anno in cui la Rampazzi espone per la prima volta opere pervase da Ferite (Milano, galleria Vismara), tema che non abbandonerà più legando tale soggetto alle Lacerazioni: un urlo che poco a poco "diventa lamento".
Presente nel 2011 alla 54 Biennale di Venezia, legata con la propria produzione artistica a registi quali Luchino Visconti e Mario Martone, Renata Rampazzi realizza oggi una mostra-denuncia, soffermandosi - nei dipinti quanto nelle installazioni - in modo insistente su situazioni pittoriche collegate per analogia, sì da accompagnare il visitatore della mostra verso sentimenti antichi di "condivisione e compassione".
Su spazi cromaticamente uniformi, spiccano i segni-messaggio di Renata: complesse zone rosse percorse da linee scure come se si trattasse di sangue raggrumato, ferite ancora aperte, - nel fisico ma ancor più nello spirito - gocce impietose che approdano a tragedie senza fine. Talvolta il nero oppure il verde scurissimo si pongono a latere della composizione principale, in foggia di quinta ideale, sì da impedire al ricordo di svanire.
Anche in opere quali Rosso, le ferite sono presenti, denuncia che non si placherà sino a che il "maschio" non comprenderà che la donna non è un possesso e che la violenza non è accettabile. Mai. Neppure quando il desiderio di un corpo prende il sopravvento e i sogni - tutto d'un tratto - svaniscono.
Una mostra che invita alla riflessione, una sequenza di dipinti che trovano tuttavia il modo di essere poetici in alcuni studi preparatori: qui i grigi, che in altri casi significherebbero malinconia, si contrappongono ai rossi rendendo così "la ferita" meno cruenta.