All'interno della struttura architettonica di Amedeo di Castellamonte sede del MRSN, si delinea il percorso espressivo di Luisa Porporato che affida alla puntuale incisività del segno a grafite la definizione di immagini legate alla Torino Barocca, al Museo, già sede dell'Ospedale San Giovanni Battista e al mondo animale.
Scrive il critico e curatore Angelo Mistrangelo: “La pittura assume una propria identità, una singolare energia per comunicare la visione di un ambiente profondamente amato, una capacità di scorporare facciate, rosoni, cornicioni, portali dall'intero complesso architettonico...pagine di un diario che si snoda dall'armonica proiezione di Palazzo Carignano, come un'onda nello spazio, allo straordinario scalone di Palazzo Madama, dalla cancellata della Palazzina di Caccia di Stupinigi alla Basilica di Superga, al Castello juvarriano di Rivoli”.
In questo avvincente itinerario si inseriscono il Monumento a Emanuele Filiberto, detto «Caval'd brons», dello scultore Carlo Marocchetti, il Loggiato, la Farmacia, il portone d'ingresso del Museo Regionale di Scienze Naturali, elaborati e «costruiti» mediante una minuziosa cura del particolare e dei fregi.
La sequenza dei fogli, con immagini ispirate alle collezioni scientifiche del museo, consegna al tempo il fascino di una tartaruga gigante e il volo dell'aquila, la tenerezza di una tigre e uno scimpanzè, sino alla leggerezza del colibrì.
Arte e architettura, disegno e natura, sono gli aspetti essenziali delle opere presentate dall'artista, che annovera anche nella sua esperienza dipinti ad olio e preziose carte incise (dall'acquaforte alla maniera nera) legate allo studio e alla raffigurazione di grandi alberi, oggetti e nudi femminili.
La natura e la pietra
Mostra personale di Luisa Porporato
Dal 19 aprile al 27 maggio 2012
Orario: tutti i giorni 10–19. Chiuso il martedì
A cura di Angelo Mistrangelo
MRSN Museo Regionale di Scienze Naturali
via Giolitti 36 - 10123 Torino
Biglietto € 5,00 intero - € 2,50 ridotto
Per informazioni: tel. +39 011 432.6354; http://www.mrsntorino.it/
sabato 21 aprile 2012
venerdì 20 aprile 2012
Ensemble coro di Torino
L' Ensemble Coro di Torino, con il patrocinio della Città di Torino, in collaborazione con l'Associazione Inno alla Gioia e la partecipazione del Gruppo Coro Arcal Rai di Torino, presenta :
Sabato 28 aprile 2012 - ore 18
La concertistica di Mozart
Composizioni di W. A. Mozart per Corno e Pianoforte
Corno: Marco Panella
Pianoforte: Francesco Bergamasco
Composizioni di W. A. Mozart per Corno e Pianoforte
Corno: Marco Panella
Pianoforte: Francesco Bergamasco
Sabato 26 maggio 2012 - ore 18
La scuola russa
S. Rachmaninov - brani scelti dalla Liturgia di S. Giovanni Crisostomo
Ensemble Coro di Torino
Gruppo Coro Arcal Rai
Maestro del Coro: Riccardo Berruto
Organo: Cecilia Orlandini
La scuola russa
S. Rachmaninov - brani scelti dalla Liturgia di S. Giovanni Crisostomo
Ensemble Coro di Torino
Gruppo Coro Arcal Rai
Maestro del Coro: Riccardo Berruto
Organo: Cecilia Orlandini
Direttore: Francesco Cavaliere
Oratorio San Filippo
Via Maria Vittoria 5 - 10123 Torino
Ingresso gratuitoLa stagione concertistica 2012 è dedicata alle attività della Consulta per le Persone in Difficoltà con sede in via S. Marino 10 - 10137 Torino.
L'unico e la serie
Una selezionata mostra delle ceramiche di Franco Meneguzzo (Valdagno 1924 – 2008) rinnova una delle questioni centrali del dibattito instauratosi tra gli anni Cinquanta e Sessanta tra design e arte: la questione dell’unicità dell’opera e la contemporanea possibilità della serie.
Franco Meneguzzo, nella sua attività di ceramista e contemporaneamente di pittore e scultore affermato, ha affrontato il problema ponendolo dapprima come intuizione, poi come fulcro della sua azione plastica. Dopo un apprendistato nei laboratori di Nove di Bassano e di Vicenza, si trasferisce a Milano nel 1953, e nel 1955 fonda con Bruno Danese la DEM (Danese e Meneguzzo), rilevata due anni più tardi da Danese, e con questo nome affermatasi negli anni Sessanta e Settanta fra le più raffinate case produttrici di design d’Europa. Al suo interno, prima come socio, poi come collaboratore sino al 1963, Meneguzzo affronta il tema dell’unicità dell’opera, nella piccola serie e nel cosiddetto “grande numero”, inteso come produzione seriale frutto di un progetto eseguito da persone o macchinari estranei all’ideatore. Di quella produzione sono esposti in mostra una ventina di esemplari sceltissimi dal 1951 al 1962, con pezzi unici – autentiche sculture, anche quando si tratti di forme “utili” come i vasi – e piccole serie, di cui voleva costantemente controllare gli esiti e magari intervenire durante il processo realizzativo. Una concezione consapevolmente “artigiana”, “applicata”, che assume il valore di una posizione ideologica forte, per quanto minoritaria, se comparata alla produzione effimera, tipica degli anni Sessanta. Solo negli anni Settanta la sapienza fabrile dell’artigiano si porrà come antidoto al senso di perdita e di alienazione del lavoro.
Franco Meneguzzo, nella sua attività di ceramista e contemporaneamente di pittore e scultore affermato, ha affrontato il problema ponendolo dapprima come intuizione, poi come fulcro della sua azione plastica. Dopo un apprendistato nei laboratori di Nove di Bassano e di Vicenza, si trasferisce a Milano nel 1953, e nel 1955 fonda con Bruno Danese la DEM (Danese e Meneguzzo), rilevata due anni più tardi da Danese, e con questo nome affermatasi negli anni Sessanta e Settanta fra le più raffinate case produttrici di design d’Europa. Al suo interno, prima come socio, poi come collaboratore sino al 1963, Meneguzzo affronta il tema dell’unicità dell’opera, nella piccola serie e nel cosiddetto “grande numero”, inteso come produzione seriale frutto di un progetto eseguito da persone o macchinari estranei all’ideatore. Di quella produzione sono esposti in mostra una ventina di esemplari sceltissimi dal 1951 al 1962, con pezzi unici – autentiche sculture, anche quando si tratti di forme “utili” come i vasi – e piccole serie, di cui voleva costantemente controllare gli esiti e magari intervenire durante il processo realizzativo. Una concezione consapevolmente “artigiana”, “applicata”, che assume il valore di una posizione ideologica forte, per quanto minoritaria, se comparata alla produzione effimera, tipica degli anni Sessanta. Solo negli anni Settanta la sapienza fabrile dell’artigiano si porrà come antidoto al senso di perdita e di alienazione del lavoro.
L’unico e la serie. 1951-1962. Ceramiche di Franco Meneguzzo
Mostra personale a cura di Riccardo Zelatore
Dal 12 aprile 2012 al 12 maggio 2012
Orario: dal lunedì al sabato 10,30 - 13,15 e 16,15 - 19,30
Contributo critico di Marco Meneguzzo
Coordinamento: Arianna Baldoni
Galleria Terre d’Arte
Via Maria Vittoria 20/A - 10123 Torino
Ingresso libero
tel/fax +3901119503453; info@terredarte.net; http://www.terredarte.net/
giovedì 19 aprile 2012
Interviste/PIERO GILARDI
In occasione della mostra Piero Gilardi - Effetti collaborativi 1963-1985, presso il Castello di Rivoli Museo d'Arte Contemporanea dal 31 marzo al 13 maggio 2012, abbiamo incontrato al PAV l'artista torinese per fare il punto sulle nuove frontiere e sul significato sociale dell'arte contemporanea.
Negli anni Ottanta affermavi: 'l'arte può cambiare la società'. Dopo trent'anni ne sei ancora convinto?
La risposta è sì, ma con una precisazione. Oggi è diventata impraticabile l'influenza del cittadino sulla governance della società. Siamo in una fase storica di tecnocrazia per cui la democrazia rappresentativa non è assolutamente più sufficiente a far sentire la sovranità popolare nella conduzione della società, nella conduzione del mondo e delle misure per la salvaguardia dell'ambiente. L'influenza dell'arte sulla nostra vita passa attraverso la soggettività degli individui. Cioè l'arte aiuta gli individui a prendere coscienza di una situazione contraddittoria, a comprenderne le motivazioni, le cause e costituisce uno stimolo alla soggettività politica ad agire, naturalmente nel contesto di una progettualità politica collettiva.
Sussistono ancora i presupposti per un tipo di arte relazionale?
Oggi non sarebbe possibile ripetere il carnevale di Borgo Aurora, anche se qua e là succedono ancora eventi collettivi e popolari. Alla periferia di Roma una comunità di immigrati ed emarginati ha creato una sorta di festival, nel corso del quale è stato spedito un razzo sulla Luna dicendo: 'visto che il Governo italiano non ci vuole, anzi ci perseguita in quanto clandestini, noi andiamo sulla Luna' (evento "Tutti sulla Luna!" presso Space Metropoliz, Roma 30 novembre 2011, ndr). La diversità sta nel fatto che nel 1980 queste epressioni erano organicamente connesse ad un contesto di lotte sociali generale, impegnate a portare le rivendicazioni dei ceti popolari fuori dalla fabbrica; riguardavano la possibilità dei cittadini di partecipare al governo dei servizi sociali. Oggi quando c'è un evento artistico spontaneo vivace, manca il collegamento con un'atmosfera sociale collettiva, che è invece quella della passivizzazione del consumismo, un ambiente sfavorevole per questo tipo di espressioni. Ci può anche essere una sorta di riconoscimento, ma effimero. Per esempio gli spettacoli teatrali fatti nelle carceri, a partire dal carcere di Volterra, sono stati abbastanza pubblicizzati dai media, ma cosa hanno portato al problema drammatico della mancanza della riforma carceraria? Finora assolutamente niente.
Quali fattori determinano oggi la produzione e la fruizione dell'arte?
La società postmoderna, la società che ha cominciato a prendere forma negli anni Ottanta, con la svolta della rivoluzione informatica, della virtualizzazione della società, ha portato ad una dimensione di estetizzazione della società. Estetizzazione che è funzionale al consumo di beni d'uso inutili e superflui.
Nelle attività espressive c'è una componente di tipo immaginativo e di tipo pulsionale. Oggi le espressioni spontanee dell'attività collettiva sono purtroppo inquinate da atteggiamenti sollecitati dalla televisione, che sembra diventata l'unica via per compiere il proprio processo di iniziazione. Se compari in televisione sei, altrimenti non esisti. C'è però in questa creatività così parzialmente compromessa una forza nuova che nasce da un elemento sociologico molto importante, ovvero che ormai il modo di produrre della specie umana passa attraverso delle tecnologie che implicano la cooperazione. Quindi tutta la vita delle persone, non più solo il tempo di lavoro, è implicata nella produzione sociale. Questo modello spinge le persone ad agire sul piano della lotta per i beni comuni, che devono essere gestiti e fruiti da tutti nello stesso modo.
E' una sorta di ritorno alle tue formulazioni teoriche sull'energia primaria dell'Arte Microemotiva?
Erano tempi storici molto differenti. Negli anni Sessanta la grande rivoluzione culturale, mettendo in discussione tutti gli assetti sociali, aveva creato una sorta di inconscio collettivo, che era il motore della espressività. Oggi l'espressività nasce da ciò che è stato storicamente studiato e definito come 'general intellect', cioè dall'intelligenza collettiva. Essa ci condurrà a una forma di relazione in cui l'espressione accoglie tutte le differenze individuali, ma all'interno di un flusso espressivo corale. C'è un esempio emerso nel corso di un seminario all'Università di Roma che è quello del prato fiorito: la nuova creatività della società tecnologica e collaborativa (dove per tecnologica si intende la tecnologia delle telecomunicazioni), è come un prato fiorito, dove ci sono tanti fiori di colore diverso, ma tutti accomunati dal prato in tutta la sua ricchezza interna di specificità differenziale. Questa immagine è una buona metafora della creatività diffusa.
Bio-tech art e Transgenetic art. Esiste un limite etico alle sperimentazioni in questo specifico campo dell'arte?
Bisogna essere molto cauti a usare un metro di giudizio etico nel campo artistico, perché spesso questo strumento viene usato per reprimere delle espressioni artistiche. Bisogna sempre pensare che c'è nell'artista una attitudine a portare a galla un qualcosa di taciuto intorno a lui. Questo qualcosa può essere terribile, però l'artista ha legittimamente il diritto di esprimere la sua tensione interna. Ad esempio la pulsione che anima Eduardo Kac è quella di aprire un dialogo tra tutte le specie viventi, ivi compresa l'intelligenza artificiale. Il suo vero bisogno è quello di trovare una sorta di comunicazione ecumenica tra gli organismi intelligenti e pensanti, senza discriminare quelli artificiali. Quello che è necessario è giudicare a posteriori l'utilità di determinate espressioni artistiche. Il giudizio non può esercitarsi a priori, come pregiudizio nei confronti di un'eperienza estetica. Io sono stato un pioniere dei nuovi media e devo dire che tutto il lavoro che abbiamo fatto è stato sfruttato e usato negativamente a fini di business. Oggi però non siamo ancora in grado di dare un giudizio a posteriori sulla Bio-tech art.
Qual è il principale insegnamento che hai tratto dalle tue esperienze artistiche con le popolazioni tribali nordamericane e africane?
Nelle mie esperienze di lavori con i nativi della riserva Mohawk di Akwesasne (USA) e del villaggio Samburu in Kenya, il dato emergente positivo era che ci fosse, che nascesse e si sviluppasse, un processo di scambio e di ibridazione tra le culture tribali e la nostra società tecnologica, ciò che noi oggi chiamiamo interculturalità. L'insegnamento che ho avuto è che l'interculturalità è veramente l'obiettivo importante della società odierna per andare verso un mondo nuovo. Le culture tribali hanno tanti pregi, ma hanno anche nella loro ritualità alcuni difetti, che invece ad esempio noi abbiamo superato con la nostra concezione dell'interiorità e dei diritti individuali. Il diritto universale e la rivoluzione francese non li buttiamo ancora via. Nello stesso tempo noi abbiamo avuto la psicanalisi, teniamo conto dell'interiorità delle persone, ma queste cose andrebbero accoppiate con gli aspetti positivi delle popolazioni tribali, che sono in sostanza la capacità di sviluppare un processo cooperativo armonico con la natura.
lunedì 16 aprile 2012
L’Ambiente e lo sviluppo urbano
L’Ambiente e lo sviluppo urbano, è il tema della quinta conferenza della rassegna FORUM NATURAE: Conversazioni sull'Ambiente correlata alla mostra "Bulloni e farfalle - 150 anni di Ambiente in Piemonte” esposta presso il MRSN Museo Regionale di Scienze Naturali.
L’incontro sarà tenuto, giovedì 19 aprile 2012 alle ore 18, da Sergio Chiamparino, già Sindaco di Torino per due mandati consecutivi, dal 2001 al 2011, voce autorevole sui temi legati alla complessa gestione dell’ambiente in rapporto all’espasione e allo sviluppo delle aree urbane. La sua amministrazione è stata caratterizzata dalla preparazione dei XX Giochi olimpici invernali, un lungo periodo durante il quale si sono realizzate opere importanti e riprogettato vaste aree della città, determinando radicali cambiamenti all’ambiente urbano e alla fruibilità dei suoi spazi da parte dei cittadini.
Ingresso libero fino ad esaurimento posti, comprensivo di visita gratuita alla mostra “Bulloni e farfalle”.
Museo Regionale di Scienze Naturali
via Giolitti 36 - 10136 Torino
Per informazioni: tel. +39 011 4326345
L’incontro sarà tenuto, giovedì 19 aprile 2012 alle ore 18, da Sergio Chiamparino, già Sindaco di Torino per due mandati consecutivi, dal 2001 al 2011, voce autorevole sui temi legati alla complessa gestione dell’ambiente in rapporto all’espasione e allo sviluppo delle aree urbane. La sua amministrazione è stata caratterizzata dalla preparazione dei XX Giochi olimpici invernali, un lungo periodo durante il quale si sono realizzate opere importanti e riprogettato vaste aree della città, determinando radicali cambiamenti all’ambiente urbano e alla fruibilità dei suoi spazi da parte dei cittadini.
Ingresso libero fino ad esaurimento posti, comprensivo di visita gratuita alla mostra “Bulloni e farfalle”.
Museo Regionale di Scienze Naturali
via Giolitti 36 - 10136 Torino
Per informazioni: tel. +39 011 4326345
venerdì 13 aprile 2012
Time Out
Se la foto non è buona, vuol dire che non eri abbastanza vicino.
(Robert Capa)
Interpretando il pensiero dell'autore, il fotografo Alfredo Clavarino, il titolo della mostra Time out non indica il tempo libero trascorso durante il week end o le vacanze, bensì quell'intervallo nel quale l'interruzione e la sospensione diventano gioco ed è possibile catturarvi, con l'inseparabile reflex, il time out degli altri. Un tempo prezioso, da non sprecare, per andare a caccia di chi si è conquistato una pausa, un piccolo punto fermo nel continuo fluire della vita. I ragazzini dalla propria famiglia, due persone in ufficio, turisti assorti su un traghetto.
Ma l'espressione mutuata dal mondo sportivo, il breve momento di recupero, non è necessariamente sinonimo di serenità. Anzi, si carica di un sottile senso di inquietudine proprio a causa della sua transitorietà. Esso si dissolve rapidamente, in luoghi spesso banali, ma significativi perché scelti con cura: un bar, l'angolo
di prato o anche solo uno spiazzo affacciato su un canale.
Federico Clavarino, fotografo e insegnante presso la scuola BlankPaper di Madrid, così descrive l'opera del padre: "Ci sono fotografi che ordinano il mondo da vicino ed altri che lo fanno da lontano...ci sono foto che ci sbattono in faccia come uno schiaffo, e foto nelle quali possiamo entrare dentro e lasciare passeggiare lo
sguardo. Foto corte e foto lunghe. Le foto di mio padre sono di quelle lunghe. Ognuna è una stanza in cui si sviluppa un racconto assurdo, in cui i personaggi non sanno quello che devono fare o non sanno dare un senso a quello che stanno facendo, è uno spazio chiuso in una sua temporalità indefinita...mio padre è un architetto di angoli per l'anima, e le sue fotografie nascono da una sola, pacata, esigenza, una richiesta sussurrata: fermati un attimo".
Time Out
Fotografie di Alfredo Clavarino
Dal 12 al 30 aprile 2012
Orario: lunedì 15,30–19,30; dal martedì al venerdì 9,30-13,30 e 15,30-19
Mostra a cura di Chiara Adele De Michele
Garignani Belle Arti
Via Vanchiglia 16/d – 10124 Torino
Tel. 011.8123079; info@garignani.it; http://www.garignani.it/
giovedì 12 aprile 2012
Interviste/MASSIMILIANO FREZZATO
Massimiliano Frezzato |
Sei cresciuto a Torino, vicino alle Ferriere Fiat, adesso abiti sulle colline senesi di Montepulciano. Quanto conta l'ambiente nella tua espressione creativa?
Tutto conta, l'ambiente, la situazione politica, lo stato d'animo, le condizioni fisiche. Poi ci sono forme espressive permeabili e altre che sono invece impermeabili. Se devo fare un fumetto per Dylan Dog in cui c'è una sceneggiatura molto dettagliata e molto precisa, dovrò per forza adattarmi, forzando una serie di meccanismi che altrimenti sarebbero condizionati non solo dall'ambiente, ma anche da tutta una serie di scelte. In ogni caso ci deve essere la tecnica ed è il frutto di anni. E' quella a fare la differenza.
Da dove attingi il tuo immaginario straripante?
Francamente non lo so. La creatività è una forma di liberazione dell'anima. A volte attinge dagli amici, a volte anche da un singolo fotogramma di vita. Il mio problema per cosi dire è questo, e l'ho capito per fortuna abbastanza presto, cioè che non riesco a lavorare entro griglie troppo rigide. Ho fatto dieci anni di pubblicità, dove ti dicono di fare le cose in un certo modo e devono essere esattamente così, con determinati colori, come vuole il cliente e non puoi sgarrare. Oppure trovi il cliente indeciso che non sa che cosa vuole ed è peggio ancora. Per cui lavorando dieci anni in pubblicità ho pagato tutto quello che potevo pagare delle mie vite precedenti credo!
Qual è il linguaggio che ti è più congeniale?
Quello della vita. A me piace stare qui esattamente come mi piace stare a casa a fare un disegno. Mi piace andare in montagna. Sono stato fino a mezz'ora fa in val di Susa con i no Tav, senza sapere se sarei arrivato in orario...è la vita il mio linguaggio preferito, ciò che io ho appreso nel disegno l'ho riportato nella vita. Ho imparato subito a disegnare e non ho mai smesso.
La mostra doveva intitolarsi "Mai più", cito testualmente, 'a significare l'incapacità di Frez di tornare indietro'. Indietro da dove?
Andrea Pazienza diceva 'manco per prendere la rincorsa'. Tornare indietro è il mio problema. Più che l'incapacità di tornare indietro credo che sia giusto dire l'incapacità di stare fermo. Noi viviamo su un pianeta che gira. Questo pianeta si muove all'interno dello spazio, quindi anche se rimanessimo fermi, immobili, ci
muoveremmo nel contesto dello spazio. Si tratta soltanto di accettare questa incapacità di stare fermo. Tutti adesso mi chiedono Pinocchio, quando facevo Margot tutti mi chiedevano Margot. Quando facevo i Maser tutti mi chiedevano i Maser. Io invece ho sempre un po' incoscientemente, anche arrogantemente se vuoi, aggirato la questione dicendo che non avevo voglia di ripetere sempre le stesse cose...C'è una scena nel film "Giù la testa" di Sergio Leone dove James Coburn apre il cappotto e dentro c'è della nitroglicerina, che è materia instabile. Lui apre una boccettina, fa cadere una goccia e bemmm, salta tutto per aria! Io sono così, materia instabile.
Nasce prima l'illustratore o il lettore di fumetti?
Per raccontare attraverso un mezzo devi prima capire come funziona il mezzo, devi impossessartene. Quindi devi leggere fumetti. Stavo pensando oggi alla sequenza di "Conan il barbaro", che per me è un film scadente, ma ha una sequenza bellissima che tutti ricordiamo e che riscatta tutto il film, insieme alle musiche di Morricone, probabilmente. E' il momento in cui Conan cresce spingendo il giogo: quella è una sequenza capolavoro, con le gambe e i piedi del ragazzino che spingono una ruota e man mano diventano sempre più grandi fino a diventare i piedi e i polpacci molto muscolosi di un adulto, quelli del nostro eroe. In tre secondi hai la vita di un bambino che viene preso come schiavo e messo al giogo e che diventa adulto, raccontata con tre sequenze soltanto, in dissolvenza. Una sequenza del genere si può fare sia col cinema che col fumetto. Il fumetto ha il vantaggio che puoi pescare dai cartoni animati, diciamo dalle immagini in movimento, puoi pescare dai classici, e costa molto meno. E' chiaro che devi leggere senza scindere. Devi permettere alle cose belle di essere permeabili tra loro. Per cui se io leggo un bel libro di Borges o guardo un film bello, li metto insieme e mi nasce un fumetto. E' un mattone su altri mattoni. Puoi usare il mattone che ha già inventato qualcuno per costruire la tua casa come ti piace.
Il senso estetico è una dote innata o si affina attraverso la conoscenza?
Si ha, lo abbiamo tutti. A tutti piacciono gli stessi quadri in questa mostra. La teoria della dimensione aurea è rappresentativa del senso estetico e lo identifichiamo nel rapporto aureo che è un numero phi (1,6180...) ipotetico, nella spirale che si evolve dall'infinito all'infinito, di cui un esempio materiale è la conchiglia marina. Questa, però, anche quando evolve a partire da un numero progressivo, che non corrisponde alla dimensione aurea, a noi piace lo stesso. Se io vedo il contrasto di un cipresso su una collina a me piace. Se lo stesso cipresso lo vedo rosso su fondo verde, cogliendo soltanto la differenza cromatica non lo posso apprezzare, perché il numero di coni e bastoncelli che abbiamo all'interno dell'occhio ci fanno percepire meglio i valori di contrasto piuttosto che quelli cromatici. Se disegno un volto ed esagero un'ombra o una luce, vivrai quel contrasto come un disturbo, ma se faccio una macchia verde su un volto rosa non la vedrai, ti impossesserai di quel verde che diventerà parte del rosa. Perché siamo fisicamente così. Questo avviene istintivamente, puoi leggere libri che ti spiegano come ci sei arrivato dandoti valenze e numeri, ma alla fine valgono per quello che sono.
Raccolte d’arte
L'obiettivo dei progetti creati da Arte da mangiare mangiare Arte è quello di affidare alla creatività di artisti il compito di ricercare strade sempre diverse e innovative che possano sollecitare l'attenzione del grande pubblico, avvicinandolo al mondo dell’Arte, del Cibo, della Natura e della Comunicazione in vista anche del fondamentale appuntamento con Expo 2015.
L’evento Orto d’Artista: dalla Semina al Raccolto, giunto alla quarta edizione, si ramifica tra le Biblioteche milanesi. I progetti intendono ricreare metaforicamente l’idea di “raccolto” creativo e vitale: il seme di un’idea genera immagini oniriche o provocatorie, moderne ninfee dell’anima. L’artista ha la capacità di rivelare, dopo ricerca e semina, quella spiritualità dalla quale la vita raccoglie lo scopo dell’esistenza e i suoi sentimenti più profondi.
L’orto, nel senso più ampio e simbolico del termine, è fonte primaria di vita e di nutrimento per il corpo; l’arte lo è per l’anima e per la conoscenza umana.
Tra gli artisti che esporranno nella collettiva Raccolte d'arte, presso la Biblioteca Harar saranno presenti: Giuliana Bellini, Pino Lia, Carlo Malandra, Adriana Polimeni, Celina Spelta.
Raccolte d’arte
Orto d’Artista: dalla Semina al Raccolto - IL RACCOLTO
Dal 16 al 21 aprile 2012
Inaugurazione 16 aprile ore 14
Mostra a cura di Nicoletta De Biasi
Biblioteca Harar Mostra a cura di Nicoletta De Biasi
Via Albenga, 2 - 20153 Milano
Tel. 02884 65810, Fax 02884 42136
http://www.artedamangiare.it/
lunedì 9 aprile 2012
Maria Teresa Guala e Daria Peressini
Nella doppia personale presso la Galleria Arte Fiano 14 di Pasquale Filannino, Daria Peressini presenta alcuni scenari definiti dalla critica Claudia Giraud 'stanze della memoria'. La natura morta con melagrane dipinta dal vero, la vivida composizione con bricco, lampara e tabacchiera, recuperati da una polverosa soffitta, sono realisticamente modellati dalla luce, rifratta in morbide variazioni di vivaci colori primari. Tutti i suoi quadri sono dipinti ad olio, con velature rafforzate da colpi di spatola, più spesso con pennellate e motivi di gusto vagamente rocaille, altre volte con inserti a collage, come la quinta prospettica di Fontanesi dietro ai succosi frutti vermigli o i fiori e le conchiglie adagiate sul terreno sabbioso di una barriera corallina immaginaria, ancorata alle profondità del mare in burrasca.
Variazioni giocose sul tema della pittura che contempla segni grafici e capricci di ascendenza fiamminga, genere praticato dell'autrice al suo esordio all'inizio degli anni Sessanta. Licenze poetiche che corrispondono ad un'idea di pittura libera e spontanea, perfino estetizzante nella cura particolareggiata dei dettagli, riconducibile forse allo studio della tecnica decorativa 'soprasmalto' e alla frequentazione dell'atelier paterno, il famoso ceramista torinese Mario Brunetti.
Celebri natali vanta anche Maria Teresa Guala, nata da una famiglia di pittori del Monferrato, studente all'Accademia Albertina di Belle Arti e allieva di Filippo Scroppo. La sua è una pittura di sapore mitteleuropeo, di respiro internazionale, nelle sue figure femminili si identificano gli arditi accostamenti tonali di Nolde, la graffiante gestualità kirchneriana, le nere sciabolate di Heckel. Ordinariamente dispiegate su grandi tele, queste peculiarità stilistiche sono compendiate in mostra da una serie di piccoli dipinti, dinamici, incisivi che a suo tempo anche Arturo Bottello, critico e gallerista torinese, ebbe a definire 'racconti' di scuola espressionista tedesca. Tuttavia le eroine di Maria Teresa Guala, vicine al cromatismo dei fauves francesi, appaiono più solari, meno tragiche. Allo stesso modo in cui i paesaggi, pervasi delle atmosfere di Matisse, del classicismo di De Pisis, delle tematiche e del lirismo di Paulucci, si traducono in appassionate narrazioni di riviere pittoresche, dove analisi spaziale e sintesi formale sono parti di un tutto dalle perfette proporzioni.
Via Fiano 14 – 10143 Torino
Maria Teresa Guala e Daria Peressini
Dal 7 al 19 aprile 2012
Orario: dal martedì al sabato 15,30-19 (o su appuntamento)
Alberi nella terra di mezzo
Cedrus atlantica glauca ( Biella) |
La mostra Alberi nella terra di mezzo nasce dalla collaborazione tra il Comune di Buronzo e il Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino. E’ un percorso che si snoda sul tema degli alberi, nel contesto delle alte pianure – le 'terre di mezzo' – vercellesi e biellesi tra età moderna e contemporanea.
Alberi nei boschi e nelle baragge collettive, nei giardini dei castelli, protagonisti di riti e tradizioni dai risvolti etnoantropologici, il legno come materiale alla base di una pluralità di usi e saperi tecnici specifici, costituiscono lo spunto per una riflessione sulla tutela delle risorse boschive e il rispetto dei valori paesaggistici.
L’allestimento si articola in forma di narrazione attraverso fotografie, pannelli informativi, ambientazioni, documenti archivisti e oggetti originali; uno spazio significativo è riservato alle fotografie di Tiziano Fratus, già presenti nella mostra fotografica “Grandi alberi fuori dal bosco” realizzata dal Museo di Scienze Naturali nell'estate 2011 al Giardino Botanico Rea di Trana (To).
Particolare attenzione si è conferita alle valenze educative della mostra per coinvolgere anche il pubblico di studenti. "Una buona occasione per partire dal castello per una riscoperta del paesaggio della nostra terra - commenta il sindaco di Buronzo Emiliano Giordano - nel solco di un'azione di sensibilizzazione sulla quale stiamo investendo parecchie energie".
In quest’ottica, a fianco della basilare collaborazione con il MRSN, è in corso un dialogo con le amministrazioni provinciali di Vercelli e di Biella, l’Ente di Gestione delle Riserve Pedemontane e delle Terre d’Acqua (con particolare riferimento al Parco Lame del Sesia di Albano Vercellese e al Parco Burcina) e Italia Nostra, voci autorevoli sulla conservazione e valorizzazione del paesaggio.
Alberi nei boschi e nelle baragge collettive, nei giardini dei castelli, protagonisti di riti e tradizioni dai risvolti etnoantropologici, il legno come materiale alla base di una pluralità di usi e saperi tecnici specifici, costituiscono lo spunto per una riflessione sulla tutela delle risorse boschive e il rispetto dei valori paesaggistici.
L’allestimento si articola in forma di narrazione attraverso fotografie, pannelli informativi, ambientazioni, documenti archivisti e oggetti originali; uno spazio significativo è riservato alle fotografie di Tiziano Fratus, già presenti nella mostra fotografica “Grandi alberi fuori dal bosco” realizzata dal Museo di Scienze Naturali nell'estate 2011 al Giardino Botanico Rea di Trana (To).
Particolare attenzione si è conferita alle valenze educative della mostra per coinvolgere anche il pubblico di studenti. "Una buona occasione per partire dal castello per una riscoperta del paesaggio della nostra terra - commenta il sindaco di Buronzo Emiliano Giordano - nel solco di un'azione di sensibilizzazione sulla quale stiamo investendo parecchie energie".
In quest’ottica, a fianco della basilare collaborazione con il MRSN, è in corso un dialogo con le amministrazioni provinciali di Vercelli e di Biella, l’Ente di Gestione delle Riserve Pedemontane e delle Terre d’Acqua (con particolare riferimento al Parco Lame del Sesia di Albano Vercellese e al Parco Burcina) e Italia Nostra, voci autorevoli sulla conservazione e valorizzazione del paesaggio.
Castello Consortile di Buronzo (VC)
Alberi nella terra di mezzo. Voci di legno, di foglie e di carta tra pianura e montagne
Dal 14 aprile al 10 giugno 2012
Orari: sabato, domenica e festivi ore 14-18. Aperture su prenotazione anche in altri giorni per scuole e gruppi
Inaugurazione: sabato 14 aprile ore 10,30
Ingresso intero con visita guidata € 5, ingresso ridotto con visita guidata per gruppi scolastici € 3
Per informazioni: tel. +39 0161 851134; Gabriele Ardizio 333 2471484
info@castellodiburonzo.it, http://www.castellodiburonzo.it/
mercoledì 4 aprile 2012
Interviste/ELENA GEUNA
Dal 5 aprile al 2 settembre 2012 la Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli di Torino ospita la mostra "Meraviglie di carta. Devozioni creative dai monasteri di clausura", in occasione dell'anteprima abbiamo incontrato la curatrice Elena Geuna.
Quali problematiche ha presentato l'allestimento di Meraviglie di carta, mostra di paperoles del VII-XIX secolo?
A livello iconografico è un mondo che ho scoperto di recente, nell'ultimo anno e mezzo, quindi ho dovuto fare delle ricerche approfondite delle poche mostre e immagini disponibili su opere devozionali di questa tipologia. La bibliografia è molto ridotta. Siamo stati molto fortunati perché abbiamo trovato una grande risorsa nella collaborazione del dott. Bernard Berthod, che è Consultore della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa ed è specializzato in questo genere di manufatti. Abbiamo catalogato tutte le opere del collezionista, che rappresenta la fonte di informazioni principale perché da vent'anni ricerca e acquista reliquiari di carta. Il lavoro più semplice è stato dividere le paperoles italiane e francesi che sono riconoscibili sia dal tipo di composizione, sia dai materiali usati: le paperoles francesi sono sicuramente più sofisticate e più raffinate di quelle italiane dello stesso periodo, del Seicento e del Settecento. Per quanto riguarda l'iconografia dei santi abbiamo consultato i dizionari agiografici e tutti i documenti disponibili ma, ad esempio, non siamo riusciti ad identificare i due prelati della bellissima coppia esposta nella sala centrale. Forse in futuro si riuscirà.
Quali aspetti della collezione si è cercato di mettere in evidenza con l'allestimento?
Abbiamo lavorato con lo Studio di Architettura Tosetti per cercare di ricreare l'allestimento così come appare nella casa del collezionista torinese, con i paperoles molto ravvicinati; abbiamo voluto presentare nelle sale principali due muri quadreria per dare un'idea di intimità e ricreare il carattere privato della raccolta.
In mostra sono presenti anche dodici fotografie di Nan Goldin, nota per le sue immagini trasgressive e fortemente calate in realtà scomode. Come si conciliano con la sua collezione di oggetti di culto cattolici?
Per me è stata la scoperta straordinaria non solo di un tipo di collezionismo, ma di un personaggio misterioso e spirituale. Nan Goldin è veramente un'anima luminosa, nel senso che il suo mondo è sempre andato di pari passo con la ricerca spirituale. Studiando le sue foto mi sono resa conto che da decenni ritrae icone di santi e soggetti religiosi, anche se sono state poco esposte, non sono state prodotte e quindi sono rimaste un fatto molto privato. Nella mia intervista in catalogo con Nan ho scoperto che fin da ragazzina era interessata all'iconografia cattolica, pur essendo stata educata da ebrea. Ci vive proprio, si circonda di queste cose: in una mostra pubblica a Parigi al Centre Pompidou nel 2007 ha presentato la sua stanza da letto della casa di Parigi, ricostruita fedelmente, con alcune delle paperoles che sono in mostra a Torino. Ha percorso tutta la Francia e tutta l'Italia alla ricerca di reliquie di Santa Barbara [che porta il nome della sorella morta suicida a soli 18 anni, ndr]. E' la sua vita spirituale che l'ha portata ad attorniarsi di questi oggetti, che la rendono serena, felice e rappresentano per lei un valore affettivo.
Da molti anni è curatrice di importanti mostre in Italia e all'estero. Quali cambiamenti ha riscontrato nel panorama artistico internazionale degli ultimi anni?
In un periodo così complesso e critico direi che la spiritualità è sicuramente in un momento in cui sta rifiorendo. Non parlo soltanto di oggetti devozionali, ma della spiritualità come immaginario collettivo contemporaneo. Seppur in maniera ironica, provocatoria dissacrante, è interessante vedere come negli ultimi cinque anni artisti importanti e giovani hanno ripreso l'iconografia religiosa, Alexandra Mir è una di questi. E' un fenomeno che mi ha colpito, su cui voglio lavorare, studiare, pensare. Sarà sicuramente un tema del futuro.
In qualità di esperta d'arte contemporanea le è mai capitato di dover sconsigliare ad un collezionista l'acquisto di un'opera?
Sconsigliare certamente è una cosa molto difficile da fare, ma bisogna farlo, qualora la mia esperienza, il mio occhio mi dica che non è nulla di nuovo, perché il contemporaneo, che è il mio settore, va guardato ricercando ciò che è nuovo. Bisogna avere anni di esperienza, di abitudine ai quadri, visitare mostre e
fiere. Più si vede più si riesce ad identificare. L'arte va vissuta personalmente, perché l'estetica è il suo valore fondante, anche se nel mondo di oggi ci sono moltissimi collezionisti che non comprano con gli occhi. L'opera deve essere vista, deve creare un'emozione, solo in quel momento diventa un'opera d'arte.
martedì 3 aprile 2012
Tradizione e Natura
Tradizione e Natura, questo il titolo della conferenza che il prof. Piercarlo Grimaldi terrà giovedì 5 aprile ore 18.00 nell'ambito della rassegna FORUM NATURAE: Conversazioni sull'Ambiente, correlata alla mostra "Bulloni e farfalle - 150 anni di Ambiente in Piemonte”, esposta fino al 6 luglio 2012 presso il MRSN Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino.
Ingresso libero
Piercarlo Grimaldi, nato a Cossano Belbo (Cn) il 26 luglio 1945, è professore ordinario presso l'Università degli Studi di Scienze Gastronomiche, Pollenzo-Bra, dove insegna Antropologia Culturale. Dall'ottobre 2011 è Rettore dello stesso ateneo. É direttore, dal 1993, della collana Documenti e ricerche di etnologia europea, casa editrice Omega di Torino.
Museo Regionale di Scienze Naturali
Via Giolitti 36 - 10123 Torino
Informazioni: tel. +39 011.4326345
lunedì 2 aprile 2012
Jason Dodge
La Galleria Franco Noero presenta il primo progetto espositivo di Jason Dodge in galleria, all'interno della Casa Scaccabarozzi, tradizionalmente chiamata "Fetta di Polenta", e nei due spazi situati nella vicina Piazza Santa Giulia.
Elemento tipico della pratica dell'artista è quello di presentare lavori singoli all'interno di molteplici spazi. Jason Dodge parte dalla consapevolezza del potenziale narrativo presente nelle cose, storie che isola e de-contestualizza, rinnovandole attraverso la contaminazione con il vissuto dei visitatori.
Le installazioni The Ornithologists are Sleeping e The Crippled are Sleeping sono composte da semplici cuscini utilizzati da una sola persona, appartenente a una categoria ben delineata.
Altre opere sono tracce di narrazioni perdute: The Disappearers, sono segni di una vita cancellati dai detergenti, perpetuati dai loro involucri; Anyone, pila di lenzuola prelevate da un albergo, lavate e riconsegnate in galleria, assume i connotati di una rimozione psicanalitica in chiave concettuale.
Nel ProjectSpace Dodge distorce il potenziale narrativo: North si compone di una canna fumaria in rame presentata sul pavimento dello spazio, orientata verso nord.
Lo spazio SiteSpecific ospita invece una serie di lunghe candele che impediscono l'accesso e impongono di soffermarsi sui significati, i segni che tradizionalmente vi sono legati, sulle suggestioni generate dal nuovo contesto in cui sono presentate.
Jason Dodge (Newtown, Pennsylvania, 1969) vive e lavora a Berlino. Ha esposto al Kunstverein di Hannover, al Palais de Tokyo di Parigi, al Museum of Contemporary Art di Chicago, al Castello di Rivoli Museo di Arte Contemporanea di Torino e in numerose esposizioni collettive internazionali.
Jason Dodge
Dal 22 marzo al 5 maggio 2012
Galleria Franco Noero
MainSpace - Via Giulia di Barolo 16/D – 10124 Torino
La visita della mostra è solo su prenotazione. Per facilitare l'accesso ai piani dell'edificio, l'ingresso è consentito a gruppi di non oltre 8 persone
ProjectSpace - Piazza Santa Giulia 0/F – 10124 Torino
SiteSpecific - Piazza Santa Giulia 5 – 10124 Torino
Orario per tutte le sedi: dal giovedì al sabato, 15 - 19
Informazioni e prenotazioni: tel. 0039 011882208; info@franconoero.com; http://www.franconoero.com/
Immagine:
Jason Dodge, Anyone, 2011
30 linen sheets delivered, collected and replaced by a linen service, dimesions variable
Courtesy the artist and Galleria Franco Noero, Turin
Photo: Sebastiano Pellion di Persano
Jason Dodge Anyone |
Elemento tipico della pratica dell'artista è quello di presentare lavori singoli all'interno di molteplici spazi. Jason Dodge parte dalla consapevolezza del potenziale narrativo presente nelle cose, storie che isola e de-contestualizza, rinnovandole attraverso la contaminazione con il vissuto dei visitatori.
Le installazioni The Ornithologists are Sleeping e The Crippled are Sleeping sono composte da semplici cuscini utilizzati da una sola persona, appartenente a una categoria ben delineata.
Altre opere sono tracce di narrazioni perdute: The Disappearers, sono segni di una vita cancellati dai detergenti, perpetuati dai loro involucri; Anyone, pila di lenzuola prelevate da un albergo, lavate e riconsegnate in galleria, assume i connotati di una rimozione psicanalitica in chiave concettuale.
Nel ProjectSpace Dodge distorce il potenziale narrativo: North si compone di una canna fumaria in rame presentata sul pavimento dello spazio, orientata verso nord.
Lo spazio SiteSpecific ospita invece una serie di lunghe candele che impediscono l'accesso e impongono di soffermarsi sui significati, i segni che tradizionalmente vi sono legati, sulle suggestioni generate dal nuovo contesto in cui sono presentate.
Jason Dodge (Newtown, Pennsylvania, 1969) vive e lavora a Berlino. Ha esposto al Kunstverein di Hannover, al Palais de Tokyo di Parigi, al Museum of Contemporary Art di Chicago, al Castello di Rivoli Museo di Arte Contemporanea di Torino e in numerose esposizioni collettive internazionali.
Jason Dodge
Dal 22 marzo al 5 maggio 2012
Galleria Franco Noero
MainSpace - Via Giulia di Barolo 16/D – 10124 Torino
La visita della mostra è solo su prenotazione. Per facilitare l'accesso ai piani dell'edificio, l'ingresso è consentito a gruppi di non oltre 8 persone
ProjectSpace - Piazza Santa Giulia 0/F – 10124 Torino
SiteSpecific - Piazza Santa Giulia 5 – 10124 Torino
Orario per tutte le sedi: dal giovedì al sabato, 15 - 19
Informazioni e prenotazioni: tel. 0039 011882208; info@franconoero.com; http://www.franconoero.com/
Immagine:
Jason Dodge, Anyone, 2011
30 linen sheets delivered, collected and replaced by a linen service, dimesions variable
Courtesy the artist and Galleria Franco Noero, Turin
Photo: Sebastiano Pellion di Persano