giovedì 28 dicembre 2017

MIRÓ. SOGNO E COLORE

Joan Miró
Femme dans la rue, 1973
Oil on canvas, 195x130 cm
© Successió Miró by SIAE 2017
Archive Fundació Pilar i Joan Miró a Mallorca
Foto: Joan Ramón Bonet & David Bonet
Terminerà il 14 gennaio prossimo la mostra MIRÓ. SOGNO E COLORE, dedicata al celebre artista catalano, a cura di Pilar Baos Rodríguez.
Se le cronache restituiscono da qualche tempo gli esiti delle battaglie politiche e civili della regione indipendentista spagnola - senza entrare nel merito della questione, forse col beneplacito dello stesso Mirò - l'arte, attraverso i suoi codici universali, offre dell'attualità una visione  decisamente più colorata e sfaccettata.
Come sottolinea la direttrice dei Musei Reali di Torino Enrica Pagella:"I Musei Reali ospitano un nuovo appuntamento con l’arte moderna e con uno degli artisti che ne hanno maggiormente segnato la storia. L’esposizione approfondisce il momento più felice della ricerca dell’artista, tra il 1956 e il 1983, anno della morte, ed evidenzia opportunamente le radici storiche e visive che l’hanno alimentata."
Joan Miró (Barcellona, 1893 - Palma di Maiorca, 1983) ha difatti attraversato un lungo arco temporale che gli ha permesso di militare tra le fila di svariati movimenti d'avanguardia: fauvisme negli anni '10 del Novecento, surrealismo negli anni '20, astrattismo di matrice americana negli anni '60 e di accostarsi ai linguaggi sperimentali del proprio tempo.

          130 opere, quasi tutti olii di grande formato, si susseguono nelle sale di Palazzo Chiablese grazie al generosissimo prestito della Fundació Pilar i Joan Miró a Maiorca, che conserva la maggior parte della produzione creata  durante la permanenza sull’isola. Qui, dal 1956 sulle colline di Cala Major, ha sede Taller Sert spazio progettato dall'amico docente e architetto Josep Lluis Sert, con lo studio Son Boter luogo creativo e buen retiro dell'autore per oltre venticinque anni. L'esposizione presenta capolavori degli anni Sessanta e Ottanta del secolo appena trascorso quali Femme au clair de lune (1966),  Femme dans la rue (1973), a sottolineare il profondo interesse che nutrì per il genere femminile, assieme a opere realizzate negli ultimi anni di carriera con materiali di riciclo accumulati con acribia collezionistica nel corso di una vita.
Nella sezione "Studio di Mirò" una teca raccoglie alcuni di questi oggetti: la foto di un Moai, una scatola di acquerelli di importazione giapponese, l'immagine dell'Onda di Hokusai, un fischietto in ceramica del tipico artigianato maiorchino, una pigna, un segmento di bambù, pastelli francesi, una valva di conchiglia, oltre a manufatti antropomorfi dalle fogge primitive. Metafora della propria poetica e al tempo stesso simboli di un preciso modo di intendere il processo creativo: "Il mio studio è come un orto. Lavoro come un giardiniere o un viticoltore. Le cose maturano lentamente, il mio vocabolario di forme, ad esempio, non l'ho scoperto in un sol colpo", ebbe ad affermare.
Joan Miró
Oiseaux, 1973
Oil and acrylic on canvas, 115,5x88,5 cm
© Successió Miró by SIAE 2017
Archive Fundació Pilar i Joan Miró a Mallorca
Foto: Joan Ramón Bonet & David Bonet
          Certamente il suo metodo di lavoro, seppur meticoloso e ragionato, deve molto all'automatismo psichico del Surrealismo, movimento cui Mirò aderì e che conferì quella parte gestuale predominante in tutta la sua produzione, fondamentale nell'instaurare un dialogo diretto e autentico col proprio pubblico. La successione non diacronica delle opere tende dunque ad evidenziare alcuni assunti basilari dei differenti periodi della sua parabola artistica.
Fra le aree tematiche in cui è suddivisa l'esposizione, ampio spazio è dedicato alle "Radici", al principio di tutte le cose: "La terra, la terra, nient'altro che la terra. Qualcosa di più forte di me", come si legge fra le sue dichiarazioni. Così un grande olio su tela, non datato, dai colori acquosi, terrosi, stesi di getto, gli olii su cartone realizzati dal 1917 al 1978 esprimono una fisicità e  una cromìa primitive trasversali rispetto all' evoluzione stilistica. Abile ceramista, Mirò tradusse plasticamente tale ancestralità in maniera quasi tautologica, ad esempio nella scultura antropomorfa in ceramica, terracotta e porcellana e in quella zoomorfa in ceramica e terracotta, entrambe del 1980.

          Ma la ricerca di Mirò non si sofferma su un singolo aspetto, egli attinge liberamente alla scrittura ideografica giapponese in opere monocrome degli anni Settanta, così come all'estetica organica di Gaudì, nelle 10 maquette dai profili vivacemente colorati. Nulla gli è indifferente sul piano formale, pertanto ad una ripetitività dei soggetti corrispondono soluzioni tecniche che mescolano gouache, inchiostro, matita, pastelli e collage su carta; oppure i quadri astratti si compongono di un felice intreccio di olio, pastello e cera su masonite; olio e matita coesistono in un tratto sottile e lineare su compensato. Infine con opere ardite in cui si combinano giornale, guazzo, inchiostro, corda legno e filo metallico la superficie della tela raggiunge una spazialità di consistenza scultorea.
Soluzioni nelle quali l'eleganza formale si fonde con una purezza concettuale articolata sulla combinazione di pochi essenziali colori: bianco per il fondo, nero per pennellate repentine e rosso per polarizzare lo sguardo su un'area focale. Per passare dopo tanto trionfo di materiali ad opere minimaliste, vicine ai monocromi suprematisti.
"Mi sforzo di raggiungere il massimo della chiarezza, della potenza e dell'espressività plastica, cioè di provocare per prima cosa una sensazione fisica per poi arrivare all'anima." Adottando, se occorre, il fraseggio dirompente del proprio tempo: espressionismo astratto di Pollock (con l'uso del dripping, come testimoniato da un video in mostra), di Johns, il new dada di Rauschenberg, o il graffitismo di Twombly e Basquiat, perché, al di là di asettici campanilismi, non omise di ammirare "molto l'energia e la vitalità dei pittori statunitensi".

          La rassegna torinese presenta, nel corso dell'articolato percorso, 24 opere di piccolo e medio formato su carta e cartoncino, ad olio e gouache su foglio di giornale, ad inchiostro, olio e collage su carta, oltre ad acqueforti e acquetinte su carta, dove nuovamente ritornano i soggetti prediletti: Femme, il pastello Paysage, il monocromo L'oiseau s'envolve vers l'ile deserte. In questa sezione  - "Le principali influenze di Mirò" -, le immagini tratte dalla rivista d'arte "Derrière le miroir" e le incisioni per il poema di Pablo Neruda "El sobreviviente visita los pàjaros", dialogano con le parole: essenziali come arabeschi, eleganti come la calligrafia cufica, perché: "Il pittore lavora come il poeta: prima viene la parola, poi il pensiero".
Per concludere, la sezione il "Vocabolario della forma" rappresenta l'epilogo di una vita spesa per l'arte, al termine della quale la semplificazione del significante diventa manifesto di assoluta libertà, dove "Le forme germogliano e mutano, si interscambiano e così creano la realtà di un universo di segni e di simboli". Una realtà che genera atmosfere oniriche, con emergenze di rossi, gialli, blu, verdi saturi, sublimati nella sala conclusiva da proiezioni a soffitto ritmate sulle note musicali di una melodia magica e fiabesa.

MIRÓ. SOGNO E COLORE

Dal 4 ottobre 2017 al 14 gennaio 2018
Palazzo Chiablese
Piazzetta Reale
Info: 011024301
www.mostramirotorino.it